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ANKLAGET

Pubblicato il 18 gennaio 2005 da Antonio Pezzuto


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Non un film sulla pedofilia, ha detto il regista danese alla conferenza stampa. Forse perché, aggiungiamo noi, si tratta di un film su un (presunto) pedofilo. La storia parte semplicemente: Henrik è sposato, ha una famiglia che ama, una moglie che a sua volta lo ama e con cui ha regolari e tranquilli rapporti sessuali, una figlia 15enne che sta sempre chiusa in casa, dietro una porta. Per vederla la prima volta sullo schermo dobbiamo aspettare più di un ora di film. I rapporti con gli adolescenti sono molto complicati, soprattutto quando gli adolescenti stanno zitti e elaborano il loro mondo solo interiormente. In più la ragazzina protagonista di questo film è abituata a mentire, è assistita da una psicologa, ha problemi a scuola. E, improvvisamente, decide di parlare, alla sua analista, delle sue relazioni sessuali con il padre. L’analista non ci pensa due volte. Sa che la bambina è una bugiarda di professione, ma la fa allontanare subito da casa, denuncia il povero Henrik alla polizia. Ed Henrik va in prigione, in isolamento, se no gli altri carcerati gli farebbero fare una brutta fine. Dopo tre giorni il processo. Qualunque sia la decisione del giudice, la vita di Henrik sarà distrutta, perché non si può chiedere a qualcuno se ha smesso di aver rapporti sessuali con la figlia. Anche se si risponde affermativamente, si ammette di averli avuti. Anche negando radicalmente il fatto, in ogni caso resterà sempre il sospetto, ci sarà sempre qualcuno che non rimarrà convinto di quello che un giudice ha deciso. Il film prende un corso strano, la pedofilia viene ridotta a giallo: il padre è colpevole o no? Lo sospettiamo anche noi pur avendo visto il processo e conoscendo la vita sessuale di Henrik? Cosa sappiamo di una persona che ci è stata affianco tutta una vita, e cosa possiamo conoscere di qualcuno del quale vediamo soltanto un’ora rappresentata secondo quello che il regista ci vuole far vedere? Non è un film sulla pedofilia, e siamo d’accordo. E’ forse un film sul modo in cui funzionano i rapporti tra padre e figlia, su fin dove può arrivare l’amore di un padre (e quello di una figlia: “in ogni caso si è in due”, dice una guardia con l’aria di saperne molto). Ma così sarebbe stata una storia troppo debole, e allora il quarantaduenne regista Jacob Thuesen (stessa età del protagonista del film...c’e’ qualche notizia privata che ci sfugge?), qui al suo esordio, ha voluto infarcirla con un tema dal sicuro effetto mediatico.

regia: Jacob Thuesen interpreti: Troels Lyby, Sofie Gråbøl, Paw Henriksen, Louise Mieritz, Kirstine Rosenkrands Mikkelsen sceneggiatura: Kim Fupz Aakeson fotografia: Sebastian Blenkov montaggio: Per K. Kirkegaard musica: Nikolaj Egelund produzione: Nordisk Film durata: 103’ origine: Danimarca 2004

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