Bambi e il grande principe della foresta

Sulle orme di Harry Potter, torna il più celebre cerbiatto del mondo, anche lui ormai adolescente e alle prese con la sua doppia educazione di maschio adulto e principe della foresta.
Lo avevamo lasciato nel 1946, al termine del noto classico d’animazione, trasformato in marito e padre affettuoso. Ci troviamo dunque di fronte a un “midquel”, concetto inedito nel cinema tradizionale, ma sempre più in uso nell’animazione (come avveniva già in Cowboy Bebop: The Movie ad esempio) in cui ci si inventa una variazione sul tema principale che colloca l’azione in un interstizio virtuale della storia precedente, ma certamente prima del finale, avvertito come troppo “chiuso”. Come uno spin-off, uno snodo narrativo della vicenda che conosciamo: il midquel è una prassi di derivazione fumettistica che conferma come il cinema continui a sfruttare sempre di più le originali strade percorse da comics e manga, tentando di farle proprie.
L’animaletto più tenero di casa Disney con i suoi occhioni dalle lunghe ciglia e il suo “nome da femmina” deve conquistarsi ora il rispetto degli abitanti della foresta, della cerbiatta Faline, ma soprattutto del severo e dignitoso padre cervo. Questa dunque si conferma sempre di più, ora anche attraverso l’animazione classica (ma c’era già un felice precedente “pixeriano”, Alla Ricerca di Nemo) una stagione cinematografica deputata al racconto di rapporti padre-figlio. Un cartone didattico, in cui i realizzatori spingono i troppo impegnati papà a ritagliarsi del tempo da dedicare ai loro bambini, magari accompagnandoli in sala...
Diversamente dal primo episodio poi, è scomparsa ogni ombra di inquietudine: della famosa e temuta scena della morte della madre di Bambi, qui non si deve neppure parlare. Ad ogni accenno in tal senso da parte del cerbiatto orfano, cala immediata la censura paterna, che ricorda all’erede come “un principe non guarda mai indietro, solo avanti”. Un cambiamento di segno emblematico rispetto al primo episodio, rivelatore del sempre più radicato tabù intorno al tema della morte che affligge la società moderna. Nulla deve turbare lo spettatore bambino o questi non vorrà più tornare a vedere il film in futuro... E in questa pellicola leggera e dalla durata esigua, persino i pipistrelli sono graziosi: ci troviamo agli antipodi rispetto all’animazione burtoniana, che ha sdoganato anche nei cartoons i suoi mostriciattoli. Non è un caso, se si pensa che l’autore de La Sposa Cadavere e Nightmare Before Christmas non veniva ritenuto un collaboratore adatto allo spirito di casa Disney, ai tempi in cui era uno dei disegnatori al soldo della scuderia.
Non mancano nel nuovo Bambi un paio di scene madri, le uniche che rendono il film interessante anche per il pubblico over 6: scene d’azione e di lotta in cui il cielo si tinge di un insolita sfumatura porporina, poiché il pericolo viene evidentemente soggettivizzato e visto attraverso gli occhi del protagonista.
Suggestivi i fondali dalle morbide tinte pastello che restituiscono effetti pittorici vagamente “old style”, come avviene anche per i disegni dei personaggi, realizzati tuttavia in digitale. Bambi e il grande principe della foresta dimostra una volta di più, semmai ve ne fosse ancora bisogno, come le nuove tecnologie rendano pensabile, poiché possibile, davvero tutto: anche ricreare tecniche di disegno di oltre sessant’anni fa attraverso la computer-graphica.
Questo film, destinato al bacino d’utenza dell’home-video, approda stranamente nel nostro paese prima in sala. Pensare che negli stessi USA il film è stato invece prodotto “strictly to video”: e probabilmente avevano ragione loro...
(Bambi II) Regia: Brian Pimental; soggetto: Felix Salten, Brian Pimental, Jeanne Rosenberg; sceneggiatura: Alicia Kirk; montaggio: Jeremy Milton; musica: Bruce Broughton; scenografia: Carol Kieffer Police; effetti: Carol Kieffer Police; produzione: Disneytoon Studios; distribuzione: Buena Vista International Italia; origine: USA 2006; durata: 72’; web info: sito italiano
