Berlino 2008 - Lady Jane - Concorso

Quando si pensa a Marsiglia, al sottoproletariato, alla mala, vengono subito in mente Jean Claude Izzo e i suoi troppo pochi romanzi. E se si va a vedere un film di Robert Guédiguian, che negli anni passati di Marsiglia e di quegli ambienti è stato uno dei più dolci ed implacabili cantori, il raffronto tra scrittore e regista non può non essere fatto. Ma ben poco della Marsiglia di Izzo si trova in questo Lady Jane, in concorso a Berlino, ritorno alle origini per il regista francese che negli ultimi suoi film era partito sulle tracce di Mitterand (Le promeneur du Champ Mars) o delle sue origini armene (Le voyage en Armenie).
Si torna a Marsiglia, quindi, con i suoi attori soliti (Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gerard Meylan), qui nei panni di tre ex rapinatori mascherati, che rubavano ai ricchi per dare ai poveri, e che dopo l’ultima tragica rapina, nella quale per la prima volta era stato ucciso un uomo, avevano smesso di vedersi e lavorare insieme. Erano altri tempi, allora. Oggi, circolando per le strade che li hanno visti nascere e distribuire pellicce ai poveri, pochi li ricordano.
Quindici anni sono passati, Muriel (la Lady Jane del titolo) ha una profumeria, François ripara imbarcazione e René fa soldi con le slot machine. Il figlio di Muriel - un figlio senza padre - viene rapito, i tre si ritrovano per aiutare Muriel a mettere insieme i soldi necessari, si ritrovano e questo ritrovarsi li costringe a confrontarsi con il loro passato, con i loro passati sentimenti e con la vendetta. Perchè non siamo di fronte ad un semplice rapimento.
Siamo in una sorta di rivisitazione del polar, il "giallo alla francese". Ma una rivisitazione operata da un autore che si sente profondamente inserito nel genere . Dice Guédiguian, nelle note del film, che lui non è come Truffaut che studiava il genere per trovare i soggetti dei film. Lui viaggia in treno, legge giornali, ama i film con Jean Gabin e le relazioni che tra gangster in questi film veniva tirata fuori.
Il polar, in questo senso non è quindi pretesto per raccontare questa storia, ma è la storia stessa che richiede questo genere, perchè per provare quei sentimenti, per avere quel tipo di reazioni e di relazioni, bisogna vivere all’interno di un determinato contesto. Che non è solo contesto di luogo, ma contesto di classe. I tre ormai non più giovani rapitori, trovano il loro dramma ed il loro sentimento, riflesso nella televisione che trasmette incessantemente le immagini della guerra tra israeliani e palestinesi. Il loro desiderio di rivalsa, il loro bisogno di vendetta (come il bisogno di vendetta degli altri personaggi secondari del film), sono gli stessi bisogni e desideri di chi per strada lancia pietre contro carri armati. Ma loro le pietre le hanno abbandonate, ormai, e girano armati di pistole con le quali ammazzano, tolgono la vita a persone come loro, solo più giovani, con altri valori, forse.
Il film, quindi, al di là del dramma e del plot, si risolve in questo. In un racconto sul tempo che passa e che cambia luoghi, persone e sentimenti. In un disperato e vano racconto del tentativo di restare uguali a se stessi, quando intorno nulla più è come prima.
Non ci troviamo di fronte ad un opera importante, o ad uno dei migliori lavori di Guédiguian, anzi. Ma siamo di fronte alla presa di coscienza di un autore che per raccontare le proprie trasformazioni, torna indietro nel tempo, utilizzando volti e location a lui familiari, segnando in tal modo la distanza di quei volti e di quei tempi da una realtà che si è completamente trasformata.
(Lady Jane) Regia: Robert Guédiguian; sceneggiatura: Robert Guédiguian, Jean-Louis Milesi; fotografia: Pierre Milon; montaggio: Bernard Sasia; interpreti: Ariane Ascaride (Muriel), Jean-Pierre Darroussin (François), Gérard Meylan (René); produzione: Agat Films & Cie; origine: Francia 2007; durata: 102’
