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Berlino 2009 - Katalin Varga - Concorso

Pubblicato il 12 febbraio 2009 da Antonio Valerio Spera


Berlino 2009 - Katalin Varga - Concorso

Katalin viene lasciata dal marito quando quest’ultimo viene a conoscenza di un segreto che la donna si tiene dentro da dieci anni. Lasciato il villaggio in cui vive, Katalin parte insieme al figlio Orbàn. Mentendo al bambino riguardo al vero motivo della loro partenza, i due intraprendono un viaggio nelle terre dei Carpazi. La donna decide di riaprire una tragica pagina del suo passato e, durante il percorso, sente il bisogno di soddisfare un vecchio e latente desiderio di vendetta.
Se prendessimo in considerazione solamente la sua trama, Katalin Varga potrebbe essere inserito nel filone del revenge-movie, tipico del cinema di exploitation. Analizzando il film nel suo insieme, però, tale catalogazione appare assolutamente inadeguata. Non perché la vendetta si allontana dal nucleo centrale del racconto, ma in quanto questo clichè narrativo viene traslato in un contesto contemplativo e indirizzato verso un’immersione totale nelle psicologie dei personaggi. Perseguendo questa scelta stilistica per tutta la durata del film, il regista e sceneggiatore Peter Strickland rende lo spunto della vendetta lo strumento per un’analisi della condizione umana, realizzando il ritratto di una forte componente emozionale, annichilendo ogni propensione verso l’azione ed abbattendo tutti i segni distintivi di tal genere.
Se infatti i titoli inseribili nel revenge-movie, soprattutto di origine americana ed asiatica, non cercano neanche lontanamente un coinvolgimento al contempo razionale ed emotivo dello spettatore, ma esclusivamente puntando a tenere alta la tensione fino al finale conseguimento della vendetta, Strickland invece racchiude la narrazione in un ritmo lento e compassato, costruito su silenzi e su una costante alternanza tra intensi primi piani e contemplativi campi lunghi dei paesaggi in cui si muovono i due protagonisti, ed impone al pubblico un’analisi morale dei fatti raccontati.
Con lo sviluppo degli eventi, il film si avvicina sempre più alla descrizione di un tragico scambio di ruoli. Katalin, che dovrebbe rappresentare l’eroina di turno, si trasforma pian piano in una donna cinica, incapace di dominare i propri istinti e di filtrare i suoi dolorosi sentimenti: così, da vittima diventa anche lei colpevole. Al contrario, invece, l’uomo, obiettivo della sua vendetta, diventa il simbolo di una redenzione inaspettata, la dimostrazione che l’errore passato è servito a convertire il lato oscuro del suo animo. Attuando questa inversione, l’autore confonde notevolmente lo spettatore: lo immerge infatti in un caos emotivo in cui la ragione, pur stimolata, perde le redini della situazione e non sa più riconoscere dove risiede la giustizia.
Presentato in concorso alla Berlinale 2009, Katalin Varga è un’opera spiazzante. A caldo lascia interdetti, ma poi ti sale dentro lentamente e ti ingabbia nella sua atmosfera triste e disperata.

Antonio Valerio Spera


CAST & CREDITS

(Katalin Varga) Regia: Peter Strickland; sceneggiatura: Peter Strickland; fotografia: Màrk Györi; montaggio: Màtyàs Fekete; musica: Steven Stapleton; interpreti: Hilda Péter (Katalin Varga), Norbert Tankò ((Orbàn Varga), Làszlo Màtray (Zsigmond Varga), Roberto Giacomello (Gergely), Tibor Pàlffy (Antal Borlan); produzione: Libra Film; distribuzione: Memento Films International; origine: Romania/Gran Bretagna/Ungheria, 2009; durata: 82’.


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