Berlino 2009 - Lille Soldat - Concorso

E’ abbastanza insolito trovarsi di fronte ad un film europeo che tratta delle conseguenze psicologiche causate dalla guerra in Iraq sui soldati tornati in patria. Risulta indubbiamente anche più strano vedere un film danese su questo argomento e sorprende ancora di più la scelta di rendere protagonista una ex donna soldato. Se per assurdo, prima di vedere Lille Soldat, a qualcuno fosse venuta in mente l’idea di immaginarsi un film strutturato su questi elementi, di certo non avrebbe mai potuto pensare ad un film simile. Non perché esso si presenti come un prodotto cinematografico totalmente innovativo – in quanto a struttura narrativa ed impianto visivo non ci regala nulla di nuovo - ma essenzialmente perché riesce a trattare la tematica della guerra senza mai farla vedere e senza quasi mai nominarla, lasciandola una presenza ben nascosta nel fuori campo, e soprattutto perché l’atmosfera gelida danese si rende un perfetto corrispondente scenografico degli strozzati sentimenti della donna soldato. La tragedia della guerra rimane rinchiusa nel profondo della sua protagonista, abisso nel quale il film non vuole mai immergersi, come se vedesse un muro emotivo che avvolge la psicologia del personaggio e che nega in tutti modi un abbattimento. Nonostante Lotte, questo il nome della protagonista, ripete più volte di non essere più un soldato, sui suoi comportamenti si avvertono fortemente i segni indelebili dell’esperienza bellica in Iraq. Segni le cui cause specifiche non vengono mai svelate, segni che non porta solo nell’animo ma anche sul fisico, segni che nel mediocre e subdolo contesto sociale in cui si ritrova in patria lasciano esplodere una rabbia incondizionata.
Nonostante all’apparenza Lille Soldat sembri mettere sul piatto diversi spunti analitici sulla società contemporanea – il racconto tocca anche temi come la famiglia, il “mercato” della prostituzione, la povertà del terzo mondo - in realtà il discorso centrale rimane sempre e comunque quello della guerra. La narrazione degli eventi in cui si imbatte Lotte al suo ritorno dall’Iraq, infatti, non sono finalizzati allo studio delle tematiche collaterali appena elencate, ma risulta invece funzionale allo sviluppo descrittivo dell’animo stravolto della protagonista. Tutta la miseria morale che la circonda, dominata da valori scombinati ed invertiti ed incentrata su un nucleo familiare in cui gli affetti hanno perso totalmente la loro purezza, viene proposta sullo schermo come il minimo esempio di un mondo alla deriva che si autodistrugge, sia fisicamente che psicologicamente. Essa dunque non rappresenta il punto conclusivo del discorso filmico della regista Annette K. Olesen, ma al contrario costituisce il punto di partenza da cui cominciare per riflettere sulle atrocità delle guerre.
Lille Soldat, presentato in competizione qui a Berlino, è un film che strozza le emozioni e che di conseguenza spinge lo spettatore ad una visione molto razionale. La vera forza del film è l’intensità delle interpretazioni. Dalla messa in scena, vivacizzata da un ritmo interno che smuove la freddezza delle inquadrature, si evince che la regista ha puntato la sua attenzione soprattutto sulle piccole sfumature dei suoi attori, che risultano sempre equilibrati ed estremamente efficaci. Un film ben scritto e diretto con mano ferma e convinta che apre un nuovo ed inaspettato orizzonte sulla cinematografia danese e nordeuropea.
Antonio Valerio Spera
(Lille Soldat); Regia: Annette K. Olesen; sceneggiatura: Kim Fupz Aakeson; fotografia: Camilla Hjelm,Knudsen; montaggio: Jacob Thuesen; musica: Kare Bjerkø; interpreti: Trine Dyrholm (Lotte), Finn Nielsen (Vater), Lorna Brown (Lily), Rasmus Botoft (Nabo); produzione: Zentropa Entertainments; origine: Danimarca, 2009; durata: 100’.
