Berlino 2011 - Dreileben - Panorama/Forum

Non capita spesso che all’origine di un progetto cinematografico ci sia un carteggio, documentato, ancor più di rado capita che quel carteggio si sia svolto via e-mail. E’ quanto è accaduto nel 2006, quando tre registi tedeschi di tre generazioni diverse: Dominik Graf del 1952, Christian Petzold del 1960 e Christoph Hochhäusler del 1972 si scrissero una serie di messaggi sul loro modo di intendere il cinema, sui tratti comuni e distintivi della cosiddetta “scuola berlinese” della quale soprattutto i due registi più giovani, a vario titolo, sono considerati esponenti. Uno dei punti cardine intorno a cui ruota il carteggio – pubblicato nella rivista-manifesto “Revolver” - è la possibilità di uscire dall’impasse iper-colto, additato già negli anni ’70 con insuperabile lucidità da Rainer Werner Fassbinder (“critici cinematografici che sono passati a trasformare in pellicola le loro stesse critiche”), il tentativo programmatico di sfuggire al rischio che uno stile si trasformi in maniera. La via di uscita individuata nel carteggio si chiama “cinema di genere”. E’ possibile riscrivere uno o più generi classici del cinema con lo stile della “scuola di Berlino”? Il film, i film che Graf, Petzold e Hochhäusler hanno presentato a Berlino in una co-produzione Forum/Panorama è il risultato di questo tentativo. Un progetto del genere aveva bisogno di un sostegno economico forte e di un sicuro destinatario finale – e allora si è mosso il primo canale televisivo tedesco, la ARD, che è poi la joint venture di tutte le potentissime tv regionali. Col che, però, si poneva la questione di come il linguaggio della “scuola berlinese” potesse essere traghettato sul piccolo schermo, in prima serata. Pochi problemi per Graf, forse il più grande regista televisivo tedesco, che a quel linguaggio da decenni conosce benissimo; qualcuno in più per Petzold (forse quello fra i tre che è più a rischio “maniera”) che però, soprattutto agli esordi ha scritto molto per la TV, già più complicata la questione per Hochhäusler che con i tre film girati fin ora – non a caso con lunghe pause fra l’uno e l’altro – si è segnalato come un autore notevole ma certamente con un linguaggio nient’affatto semplice, anzi talora estremo e rarefatto. Il genere alla fine prescelto dai tre è il thriller poliziesco, di cui i tre film coniugano tre diverse modalità. Il progetto s’intitola, con palese gusto della polisemia, Dreileben, toponimo realmente esistente nei pressi di Magdeburgo, ma qui trasferito alle pendici della Selva Turingia, nella zona di Suhl, ma “Dreileben” significa ovviamente anche “tre vite”, a segnalare la tripartizione del progetto e delle storie. Oltreché l’unità di luogo la trilogia condivide la situazione di partenza: un criminale, in visita scortata al cadavere della madre morta, è fuggito dalla cappella del commiato e si è nascosto nel bosco. Nel primo film Etwas Besseres als den Tod (Qualcosa di meglio della morte) Petzold racconta una storia ai margini di questa vicenda, un triangolo d’amore che vede protagonista un ragazzo che presta il servizio civile nell’ospedale da cui il criminale è scappato, diviso fra la passione per una profuga bosniaca e la viziata figlia del primario, una costellazione mélo uguale e inversa a quella che era stata al centro dell’ultimo film di Petzold, il remake di Ossessione ambientato in Brandenburgo, intitolato Jerichow. Qui niente delitto (im-)perfetto ma la sensazione di una costante minaccia, dovuta alla fuga del criminale, con in primo piano, come sempre in Petzold, il linguaggio dei corpi. Nel secondo Komm mir nicht nach (Non venirmi dietro) Graf si concentra sulla psicologa, chiamata a supportare i poliziotti nella ricerca del criminale. Anche in questo che resta il film più in linea con le convenzioni del genere – che Graf padroneggia a meraviglia, basti, del resto, pensare che alla Berlinale dell’anno scorso il regista aveva presentato la sua serie poliziesca Im Angesicht des Verbrechens (Al cospetto del crimine) elogiata unanimemente dalla critica mondiale – viene recuperato un triangolo amoroso, risalente a molti anni prima, che ha visto protagonista la psicologa, l’amica (che adesso la sta ospitando) e un loro comune amante. Regia nervosa quella di Graf, con dialoghi serrati, che ricordano le migliori produzioni della serie “Tatort”, sempre più nobilitata in Germania dalla presenza di registi e attori di spicco. Il terzo film, quello di Hochhäusler, è intitolato Eine Minute Dunkel (Un minuto di buio) è forse il più bello, ricorda in molti passaggi l’ottimo film di esordio del regista Milchwald (Bosco di latte), una riscrittura di Hänsel e Gretel sul confine tedesco-polacco, e come quello si situa costantemente fra ancoraggio realistico e sfera mitica. Il film combina la prospettiva del criminale in fuga nel bosco con le indagini di un poliziotto che rimette in discussione tutte le verità consolidate, a cominciare dallo statuto stesso di criminale dell’evaso. Il film di Hochhäusler è e resta sicuramente anche il meno televisivo dei tre. Nell’insieme si tratta di un progetto di notevole qualità, di tre film di ottima fattura, resta da vedere l’esito, presso i destinatari ultimi, cioè il pubblico televisivo. In Italia, una cosa del genere, probabilmente non avrebbe alcuna chance. O ve la immaginate una trilogia che so io di Sorrentino, Garrone e Martone in prima serata su Rai1?
(Etwas Besseres als den Tod ) regia: Christian Petzold; sceneggiatura: Christian Petzold; fotografia: Hans Fromm; montaggio: Bettina Böhler; scenografia: K.D. Gruber; interpreti: Jakob Matschenz (Johannes), Luna Mijovic (Ana), Vijessna Ferkic (Sarah), Stefan Kurt (Molesch); produzione: Bayerischer Rundfunk, Schramm Film Koerner & Weber; origine: Germania; durata: 88’
(Komm mir nicht nach) regia: Dominik Graf; sceneggiatura: Markus Busch, Dominik Graf; fotografia: Michael Wiesweg; montaggio: Claudia Wolscht; scenografia: Claus-Jürgen Pfeiffer; interpreti: Jeannette Hain (Jo); Susanne Wolf (Vera); Mišel Matičevic (Bruno), Lisa Kreuzer (la madre di Jo), Rüdiger Vogler (il padre di Jo); produzione: BurkertBareiss Produktion der 60Film per conto della Degeto; origine: Germania; durata: 88’
(Eine Minute Dunkel) regia: Christoph Hochhäusler; sceneggiatura: Christoph Hochhäusler, Peer Klehmet; fotografia: Reinhold Vorschneider; montaggio: Stefan Stabenow; scenografia: Renate Schmaderer; interpreti: Stefan Kurt (Molesch), Eberhard Kirchberg (Kreil); produzione: Heimatfilm per conto del WDR; origine: Germania; durata: 90’.
