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Berlino 2011 - Due documentari e la DDR

Pubblicato il 15 febbraio 2011 da Matteo Galli


Berlino 2011 - Due documentari e la DDR

Le sofisticate alchimie della programmazione festivaliera hanno messo a confronto nel giorno del 3D anche due interessanti documentari che inducono ad una breve riflessione sulla memoria ancora largamente controversa in area tedesca. Due documentari dedicati a due scrittori, uno presentato nella “Perspektive deutsches Kino” che quest’anno ha raggiunto il suo decimo anno di vita e l’altro nella sezione “Panorama”. Il primo, in realtà, è un prodotto atipico della “Perspektive”, per solito dedicata ai film di terzo anno o ai saggi finali delle scuole di cinema di autori giovani, perché ne è autrice la regista, socializzata in RDT, Annekatrin Hendel, non più giovanissima e con una filmografia già di un qualche peso alle spalle, nel campo del cortometraggio e della produzione. Il film, il suo primo lungometraggio, s’intitola Vaterlandsverräter (Traditori della patria) ed è incentrato sulla figura dello scrittore RDT Paul Gratzik, uno scrittore tutto da (ri)-scoprire. Il secondo film s’intitola invece BRASCH. Das Wünschen und das Fürchten (BRASCH. Il desiderio e la paura), dal cognome dello scrittore e regista Thomas Brasch, figura assai più nota in area tedesca e non solo. Lo ha girato, ma, come vedremo, sarebbe più corretto dire: montato, Christoph Rüter, regista neanche lui più giovanissimo con alle spalle una lunga militanza nel campo dei documentari “letterari”. Due biografie antipodiche. Di origine ebraica Brasch, figlio di un alto papavero della nomenklatura RDT, lascia il proprio paese nel 1976, nell’anno chiave dell’espulsione del cantautore Wolf Biermann, dopo un periodo trascorso in carcere (ce lo aveva mandato proprio il padre, denunciandolo alla polizia in seguito alla partecipazione del figlio alle manifestazioni contro l’invasione di Praga nel 1968), mantenendo sempre un rapporto controverso con la sfera pubblica occidentale.
Affetto da un’autentica ipertrofia dell’ego, autore di importanti film-saggio, recentemente ripubblicati in Germania, incline al consumo di svariate droghe, Brasch muore nel 2001, lasciando una notevole quantità di opere in prosa, di raccolte di liriche e di drammi teatrali, tutti rappresentati reiteratamente nei palcoscenici tedeschi, nonché, last but not least, di quattro significativi film-saggio, fra i quali spicca Der Passagier. Welcome to Germany del 1988, interpretato da Tony Curtis. In Italia è arrivata solo una raccolta di prose intitolata Prima dei padri muoiono i figli e i film sono praticamente sconosciuti.
Figlio di una famiglia di profughi della Prussia Orientale Paul Gratzik, che non è nemmeno in grado di dire la sua esatta data di nascita, invece è rimasto in DDR fino da ultimo, ha attivamente collaborato con la STASI fino alla metà degli anni ’80, salvo poi prendere distanza e trasformarsi da collaboratore informale in oggetto di indagine, è ancora vivo e abita in una casa colonica piuttosto malmessa in un villaggio a est di Berlino. In Italia è inedito.
Mentre BRASCH finisce per essere letteralmente schiacciato dall’invadente presente dell’oggetto e dalla quantità di materiali a disposizione in forma di interventi televisivi (nei quali ritroviamo figure di spicco e vecchie glorie della storia BRD, da Günter Grass a Franz Josef Strauß), spezzoni tratti dai film dello stesso Brasch, allestimenti di suoi testi, home movies girati dall’autore oppure, negli ultimi anni di vita, da Rüter in accordo con Brasch – lo scrittore sembra proprio aver affidato a Rüter una specie di testamento – al punto che il film non è altro che la tautologica e mono-direzionale riproposizione di un’immagine di ribelle, di personaggio incline agli eccessi, che Brasch ha comunque sempre inteso veicolare, l’ottimo documentario su Gratzik appare molto più dialettico, ricco di domande e di enigmi, fin da quelle legate al suo stesso farsi, con la straordinaria sequenza iniziale, girata su un laghetto dove il protagonista, remando, si lascia andare ad una brutale invettiva contro la demonizzazione dei collaboratori della Stasi, dichiarando la sua indisponibilità a pronunciarsi al riguardo, soprattutto al cospetto dei colonizzatori occidentali. Nel corso del documentario questa posizione si ammorbidirà, ma resterà comunque l’atteggiamento irriducibile di una persona irrimediabilmente segnata da un’infanzia di privazioni e di traumi e che ha creduto – e crede tuttora – nell’utopia di liberazione del comunismo. L’infanzia è solo la prima di una serie di punti oscuri della biografia di Gratzik ai quali la regista cerca di porre rimedio in modo molto originale, inserendo nel materiale documentario (classicamente costituito da una serie di interviste a collaboratori, figli, amanti e persino al suo referente/superiore all’interno della STASI) dei quadri, una via di mezzo fra storyboards e pitture in stile realismo socialista, che alludono ad alcuni snodi della biografia di Gratzik per i quali mancano invece documenti autentici.
Il film su Brasch si chiude con la sua morte, peraltro incombente lungo tutto il testo; quello su Gratzik con un’ulteriore invettiva che è al contempo un auspicio, che la colonizzazione occidentale dei territori dell’est rivitalizzi i germi della rivolta contro il capitalismo: l’operatore compie un brusco movimento di macchina verso la ragazza che funge da tecnico del suono, è a lei, come pars pro toto, che è affidato il compito di portare avanti l’utopia di un mondo migliore.


CAST & CREDITS

(BRASCH. Das Wünschen und das Fürchten); Regia: Christoph Rüter; sceneggiatura: Christoph Rüter; fotografia: Thomas Brasch, René Kirschey, Patrick Popow, Christoph Rüter; montaggio: Rune Schweizer; produzione: Tag/Traum Filmproduktion, Christoph Rüter Filmproduktion, ZDF; origine: Germania; durata: 92’

(Vaterlandsverräter); Regia: Annekatrin Hendel; sceneggiatura: Annekatrin Hendel; fotografia: Johann Feindt, Jule Katinka Cramer, Martin Langner, Can Elbasi; montaggio: Jörg Hauschild; produzione: ItWorks! Medien, ZDF/Arte; origine: Germania; durata: 97’.


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