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Berlino 2011 - Schlafkrankheit (Malattia del sonno) - Concorso

Pubblicato il 13 febbraio 2011 da Matteo Galli


Berlino 2011 - Schlafkrankheit (Malattia del sonno) - Concorso

Dopo Bungalow del 2002 e Lunedì arrivano le finestre del 2006, entrambi presentati a Berlino, rispettivamente nelle sezioni “Panorama” e “Forum”, Ulrich Köhler, uno dei registi di punta della cosiddetta “Scuola Berlinese” è adesso approdato, con il suo terzo lungometraggio, nel tabellone principale. Il film s’intitola Schlafkrankheit (Malattia del sonno) ed è ambientato interamente in Camerun dove il protagonista Ebbo Velten (interpretato dall’ottimo attore francese Pierre Bokma) lavora ormai da anni come medico senza frontiere. Sembra che sia giunto il momento di fare ritorno in patria, in Germania, il programma di finanziamento sta per esaurirsi e c’è da salvare il rapporto con la moglie che ha mostrato fin troppa pazienza nell’aspettarlo, mentre la relazione con la figlia sembra definitivamente compromessa. Ma l’idea di tornarsene nella provincia tedesca, nella cittadina di Wetzlar - nota soltanto per essere il luogo dove Goethe fece il suo apprendistato di avvocato e conobbe il personaggio che poi sarebbe diventata la Lotte del Werther – non pare proprio entusiasmarlo, anche se ormai la casa africana ha già trovato un nuovo inquilino; una lunga e tormentata telefonata con la moglie lascia pensare che la decisione sia comunque stata presa una volta per tutte, il mal d’Africa passerà. Dissolvenza in nero.
E ci aspettiamo i tetti a graticcio di Wetzlar. Niente di tutto ciò. Siamo ancora in Africa e facciamo conoscenza con colui che diventerà da qui in avanti il deuteragonista: il dottor Alex Nzila (interpretato da Jean-Christophe Folly), un medico di origine congolese ma cresciuto a Parigi che è venuto in Camerun a compiere un’ispezione sul programma coordinato dal dottor Velten relativo appunto alla malattia del sonno, di cui al titolo. Con l’inizio della seconda parte si assiste anche ad una vistosa virata stilistica, il Kammerspiel interculturale si trasforma in una vicenda non priva di inquietanti risvolti thrilling: che fine ha fatto il dottor Velten? Perché si nega? Cosa si nasconde dietro tutto ciò? Fin quando scopriamo – evidentemente è passato un bel po’ di tempo rispetto alla prima parte – che il dottore, contrariamente alle aspettative e a sue precedenti dichiarazioni, si è rifatto una famiglia, una donna nera sta per partorire la secondogenita del dottore, e il collega, non esattamente un ginecologo, prova a fornire il proprio aiuto alla bisogna essendo capitato da quelle parti. Pazienti affetti dalla malattia del sonno peraltro non ce ne sono proprio, l’ospedale si è letteralmente trasformato in un pollaio e l’evaluator è posto dinanzi al dilemma morale se raccontare il vero e far sospendere i finanziamenti o se tenere bordone al dottor Velten, divenuto sempre più strano. Lo spettatore non fa neanche in tempo a prendere confidenza con le ambasce di Nzila che nei minuti finali il film subisce un’ulteriore, ultima conversione trasformandosi in un apologo metempsicotico, un po’ new age, un po’ Kurtz ai tempi di Emergency (qua e là Bokma assomiglia proprio a Gino Strada), con l’ultima immagine vagamente surreale dove troneggia un ippopotamo, inquietante animale totemico.
Malattia del sonno è un film non sempre risolto, ma complesso, vario e originale che tratta il tema degli aiuti umanitari ai paesi africani, mantenendo una posizione dialettica priva di semplificazioni e schematismi, con uno stile asciutto e maturo, distante ormai dai manierismi della scuola berlinese (Köhler e il suo cameraman di fiducia Patrick Orth, udite udite, si sono persino concessi un campo/contro-campo) e senza alcuna indulgenza nei confronti del bonus etnico di tante consimili pellicole europee (di recente, giusto per restare in ambiente ospedaliero, basti pensare a In un mondo migliore di Susanne Bier, in odore di Oscar). La correttezza politica ed anche estetica di Köhler è probabilmente anche dovuta ad un’antica dimestichezza con l’argomento e con i paesaggi, visto che il regista, da bambino, ha abitato con i genitori, medici senza frontiere pure loro, nel paese che allora di chiamava Zaire e che adesso è la Repubblica Democratica del Congo.


CAST & CREDITS

(Schlafkrankheit); Regia: Ulrich Köhler; sceneggiatura: Ulrich Köhler; fotografia: Patrick Orth; montaggio: Katharina Wartena, Eva Könnemann; musica: Julien Sicart; produzione: ö Filmproduktion – Why Not Productions – IDTV Films – ZDF; origine: Germania-Francia-Olanda; durata: 91’.


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