Bitch Slap – Le superdotate

Quello che più attrae di questo piccolo film è la sua esplicita e conclamata volontà di eccedere, quasi pennellando sullo schermo un turpiloquio audiovisivo che, nonostante quello che il titolo vorrebbe suggerire, è ancor più che un irriguardoso schiaffetto virato al femminile: piuttosto una sequela di colpi più o meno bassi, più o meno proibiti, una nebulosa di pezzi sparsi presi dal cadavere di vari B-movie, un coacervo di (S)exploitation e un ironico ricalco che diviene esso stesso una rilettura e, allo stesso tempo, una ripetizione, un riproporsi del passato nel presente. Un continuo accumulo che si dispiega con un certo vigore, un percorso che procede a ritroso, un Memento sulle strade del ricordo: frammenti di tempo e di memoria atti a mostrare «Come siamo arrivati a questo», dal punto di vista delle vite dei personaggi come della storia di una certa tipologia di cinema.
E il ’Qui e ora’ del racconto in Bitch Slap è un deserto senza nome da colmare di significato, il luogo eletto come palcoscenico per l’azione delle tre protagoniste Hel, Camero e Trixie (rispettivamente Erin Cummings, Ameríca Olivo e Julia Voth), alla ricerca di un ingente tesoro da rubare a un boss della malavita. Tre donne, tre stereotipi cinematografici: la posata, razionale, ma letale manager in gonna, intermediaria per una fantomatica azienda; una violenta, irascibile e passionale killer, corriere della droga sempre in pantaloni; infine la timida, premurosa e debole bamboleggiante spogliarellista. Tre sensi per la femminilità odierna, nell’epoca delle ’Sporche puttane nell’America Post-femminista’ (come recita la copertina di un libro-manifesto che più volte farà capolino all’interno della pellicola). Tre maschere che recitano all’interno di una carnascialesca sfilata, dove quello che appare potrebbe non essere, come in un gioco di scambi tra alto e basso, in una società dove imperversano i più primordiali istinti di predominio: il sesso, il potere, il denaro, la violenza. Eppure Bitch Slap lascia intendere che potrebbe esservi dell’altro, un volto nascosto dietro i tratti che più facilmente possono emergere a prima vista, in un mondo dove tutto può essere inganno e travestimento, una coltre dietro la quale si nasconde l’in-visibilità del reale, perso in una grande messa in scena che permea quest’operetta morale.
Una recita, quella di Bitch Slap, di certo ispiratasi a Russ Meyer: e gli evidenti richiami a Faster, Pussycat! Kill! Kill! vanno di pari passo con quelli verso altre pellicole del cineasta californiano, ossia le opere post ’68, quelle più pop e cartoonisticamente vive e liberatorie, in particolare per quanto riguarda il lato dell’Eros. E, laddove nel tetro road movie Faster, Pussycat! il triangolo lesbico era più che altro suggerito, qui, quattro decenni dopo, viene esplicitato in divertenti giochetti che lambiscono appena il softcore, ponendosi al centro di un universo fatto principalmente di donne: come quando piacevolmente ci si inerpica fin su le spassose vette raggiunte dalla breve scena ambientata nel convento delle suore.
Il film girato da Rick Jacobson, regista di alcuni episodi del recente - e apprezzabilissimo - Spartacus televisivo è soprattutto un corpo cinematografico che diviene uno sguardo capace di far comunicare mondi lontani nel tempo, con occhio ammiccante indicando le regole del trash e riuscendo nell’impresa di apparire come un saggio storico che, seppure dichiarandosi attraverso un linguaggio moderno, non si perde nella teoria, preferendo al contrario navigare nella leggerezza e nell’immediatezza di un tributo che non ha portato con sé alcuna nostalgia, poiché da tale viaggio a ritroso è risultato un esito che può ben far parte del nostro presente.
(Bitch Slap); Regia: Rick Jacobson; sceneggiatura: Rick Jacobson ed Eric Gruendemann; fotografia: Stuart Asbjornsen; montaggio: Joe McFadden e Corey Yaktus; musica: John R. Graham; interpreti: Julia Voth (Trixie), Erin Cummings (Hel), Ameríca Olivo (Camero), Michael Hurst (Gage), Ron Melendez (Fuchs), William Gregory Lee (Hot Wire), Minae Noji (Kinki), Kevin Sorbo (Sig. Phoenix), Lucy Lawless (Madre Superiora), Renee O’Connor (Sorella Batril); produzione: Nome/i Società; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA, 2009; durata: 105’; web info: sito ufficiale.
