Black swan (Conferenza Stampa)

Venezia - 1 Settembre 2010
Ad aprire la Mostra del Cinema di Venezia è Black Swan, ultimo film di Darren Arobofsky, che torna al Lido dopo aver vinto il Leone d’Oro con The Wrestler. Un film coinvolgente, appassionante e commovente, interpretato intensamente da Natalie Portman e Vincent Cassel.
Questo film sembra molto legato a The Wrestler…
D.A.: Quando ho cominciato a fare Black Swan ho visto che i due film erano molto collegati. La danza e il wrestling hanno attori che utilizzano il corpo in modo molto intenso, li ho considerati due film in parallelo ma ciascuna storia segue il suo stile e la sua casualità. La storia del lago dei cigni, col cigno bianco e il cigno nero, ci ha permesso di approfondire l’ aspetto psicologico e della dualità della protagonista.
Nel film c’è una fortissima attenzione ai colori. Darren, può dirci qualcosa di più a riguardo.
D.A.: Per stilizzare un film la prima cosa che fai fare una scelta sui colori. Ogni sequenza l’abbiamo decisa a seconda dei colori. Abbiamo deciso di tenere il bianco e nero, perché la trasformazione del personaggio di Natalie Portman e il personaggio di Vincent Cassel si ponevano fra questi due. Poi il rosa che è il colore della danza classica, sin dalla scarpetta, l’abbiamo collegato all’innocenza, perché è un colore che piace alle ragazzine. Infine il verde: la madre e il demone erano verdi, colore della foresta e del risveglio sessuale. Abbiamo fatto questa evoluzione cromatica scena per scena.
Natalie Portman, come ti sei preparata a questo ruolo così complesso?
N.P.: Con Darren ho parlato molto del film. Ci sono voluti sette anni di gestazione per permettere che l’idea sedimentasse in noi, e alla fine l’ho digerita. Sei mesi prima di girare ho lavorato 5 ore al giorno sia con danza che con nuoto, in modo estremo perché è un film estremo che parla di disciplina e ossessioni. Comunque ho trovato un modo di lavorare splendido, col gruppo ci siamo sentiti molto vicini.
Darren, come sei entrato nel mondo della danza?
D.A.: Il nostro coreografo è anche una star della danza. E’ molto difficile entrare in questo mondo, è un mondo isolato e capsulare. Fare un film sui ballerini equivale a vedersi porte chiuse, telefonate senza risposta, spalle scosse. Allora abbiamo cercato di catturare noi stessi la realtà di questo mondo, in modo molto documentaristico, come in The Wrestler, però ho mantenuto il tocco stilizzato dei miei primi film. Diciamo che questo è una via di mezzo.
Dopo tanti anni la Mostra di Venezia apre con un film bellissimo. Un film d’apertura così bello e potente non si vedeva da anni…
D.A.: E’ un grandissimo onore per me che la Mostra abbia scelto Black Swan come apertura. Questo è il festival più importante al mondo.
Lei è stato un regista indipendente e a suo modo continua ad esserlo: qual è il futuro di quel cinema?
D.A: Amo moltissimo il mio grande studios, è fantastico perché sono uno dei pochi indipendenti che ci lavora. Certo c’è uno studio alle spalle, ma faccio tante cose di chi si considera indipendente. L’importante è lavorare bene con il proprio produttore. Sono fortunato a poter fare ancora regia di film così indipendenti, cosa difficile oggi in America, ma ci attacchiamo a tutte le tecnologie possibili per fare film sempre a minor budget. La questione è: come saranno distribuiti? Chissà se il film andrà in sala o no…
Natalie, per prepararti sei andata a vedere il lavoro della compagnia di danza russa?
N.P.: Non ho mai visitato la compagnia di danza russa, Darren sì. Penso che la mia eredità russa mi abbia attirato al mondo del balletto. Mia nonna è di origini russe-rumene, ecco perché ho già in me questi aspetti drammatici.
Come ti sei preparata alla scena di sesso lesbo?
N.P.: Quando Darren me ne ha parlato, cioè nel primo incontro 8 anni fa, descrisse il personaggio come un personaggio che faceva sesso con se stessa. Mi ha interessato questo film perché è uno studio del proprio ego, di chi ha attrazzione e repulsione narcisistica nei confronti di sé. Quella scena era una vera sfida.
Natalie, ti senti più cigno bianco o nero?
N.P.: Non voglio definirmi né come cigno bianco, né nero, però vedo il cigno bianco come chi cerca di piacere sempre agli altri ed essere sempre chi gli altri vorrebbero che fosse, invece il cigno nero piace a se stesso in modo molto scuro, e io aspiro a fare cose per piacere a me stessa e non agli altri.
Vincent Cassel, il suo approccio al mondo della danza invece come è stato?
V.C.: Da bambino facevo danza e ricordo che era già difficile allora. Riscoprire questo mondo e tornare indietro è stato più difficile del previsto: essere ballerino è come essere prete: ci vuole vocazione, non si fanno soldi e si lavora tantissimo tutti i giorni. Comunque non credo sia qualcosa che bisognerebbe fare nella vita.
