Bohemian Rhapsody
«Se sei Under Pressure, trova Somebody to Love, non aver paura di essere una Killer Queen, perché We are the champions». È con queste parole giocose che Rami Malek ha cercato di sintetizzare il messaggio profondo del film e del personaggio nel quale si è calato anima e corpo. Bohemian Rhapsody esce nelle sale italiane il 29 novembre, dopo aver battuto il record di incassi in America: il film, che racconta la parabola artistica ed esistenziale di Freddie Mercury, leader dei Queen e ultima grande rockstar, è un prodotto realizzato per raggiungere il grande pubblico, capace di abbinare la qualità di un prodotto milionario di stampo hollywoodiano a una sincerità di fondo. Il film disegna un arco narrativo efficace ma piuttosto convenzionale che racconta le origini della band nella Londra anni ’70 e la sua ascesa, fino al famoso concerto benefico del Live Aid del 1985, concentrandosi soprattutto sulla figura carismatica di Freddie Mercury: il giovane Farrokh Bulsara, di origini parsi, lavora come facchino all’aeroporto di Londra prima di incontrare un gruppo di ragazzi ai quali si propone come cantante per la loro band; gli Smile diventano i Queen e Farrokh diventa Freddie Mercury, il successo è immediato e folgorante, ma ben presto cominciano le crepe e il nostro eroe, sempre più divorato dalla solitudine, si trova a dover combattere con il demone di una vita dissipata tra sesso, droga e un destino segnato dall’aids, fino alla resurrezione artistica finale, celebrata dalla storica esibizione al concerto di Wembley organizzato da Bob Geldof per raccogliere fondi contro la fame in Africa. Del resto il film è prodotto da quel Graham King (The Aviator, Ali, Argo) che negli ultimi anni si è costruito una solida reputazione nel genere del biopic con opere che hanno saputo coniugare spettacolarità e impegno. Ma l’operazione di Bohemian Rhapsody si è rivelata sin dall’inizio molto complessa e ha rischiato a più riprese di naufragare: si tratta infatti di un progetto che ha avuto una gestazione lunga quasi 10 anni e che ha trovato grandi ostacoli nella sua realizzazione. Il regista Bryan Singer, autore sui generis capace di passare da I soliti sospetti agli X-Men, è stato licenziato poco prima della fine delle riprese sostituito poi da Dexter Fletcher. La scelta dell’attore principale, colui che avrebbe dovuto incarnare il mito, è stata difficile e tribolata ed è passata attraverso due cambi. Inizialmente il ruolo era stato affidato a Sacha Baron Cohen, attore brillante e capace di grandi performance ma dalla personalità troppo ingombrante, che avrebbe rischiato di interferire con quella di Mercury; poi si era passati all’attore britannico Ben Whishaw, ma è con la scelta di Rami Malek che il progetto finalmente cambia marcia e subisce un’accelerazione. Nato a Los Angeles ma di origini egiziane, già vincitore di un Emmy per la sua interpretazione nella serie tv Mr. Robot, Rami Malek regala l’interpretazione della sua vita. Più di un anno e mezzo di lezioni di piano e di canto, un coach per imitarne i movimenti e assumerne l’accento, Malek si è totalmente immerso nell’universo di Freddie Mercury, fino ad ottenere la piena benedizione da parte di Brian May e Roger Taylor, membri storici del gruppo, coinvolti sin dall’inizio nel progetto e che hanno co-prodotto il film. È nella magia che sa ricreare Malek che riprende vita Freddie Mercury. Non una copia o una ricostruzione attenta di un personaggio-icona, ma un corpo che permette alla star di rivivere attraverso di lui, medium capace di annullare le distanze e sospendere l’incredulità dello spettatore. La sincerità degli occhi di Malek emoziona dando colore alle sfumature che hanno caratterizzato la personalità del cantante dei Queen, nella sua vita privata come in quella da rockstar. “C’è un intrattenitore coraggioso e sfacciato sul palco. E poi c’è un essere umano solitario dietro le porte chiuse”. Sono queste parole di Rami Malek ad aver convinto probabilmente May e Taylor, i quali hanno voluto sin dall’inizio focalizzare il film sulla sensibilità interiore e il grande talento del loro frontman, lasciando in disparte gli elementi più trasgressivi e scandalistici che hanno riempito le cronache e i tabloid di quegli anni. È vero, il film è pieno di licenze nella ricostruzione degli eventi e ci sono parecchie discrepanze rispetto alla realtà dei fatti che faranno infuriare i custodi del mito, ma è chiara la volontà di voler aderire a una verità emotiva più che storica. Sarebbe stato facile mettere in scena la vita sfrenata di Mercury, gli eccessi, le feste a base di cocaina e sesso, l’omosessualità, l’aids e la malattia. Ma sarebbe stato un film diverso. Se da un lato siamo di fronte a un film per famiglie che non ha voluto turbare il pubblico americano, dall’altro si è scelto di non assecondare il gusto per le curiosità morbose, il voyeurismo e la violenza, che avrebbero finito con il travolgere il racconto della figura di Freddie Mercury. Bisogna scegliere cosa mostrare, e bisogna scegliere cosa tramandare. E decidere se è più importante la cronaca scandalistica della vita di una star o il lato creativo e umano di un grande artista che si è sempre voluto proteggere dall’invadenza della stampa, che ha tenuto segrete la sua omosessualità e la sua malattia, che ha sofferto la solitudine, ma che sul palco ha saputo concedersi totalmente ai suoi spettatori, duettare con loro, creare una simbiosi energetica. Perché lì c’era la sincerità, lì c’era l’arte di uno dei più grandi performer della storia del rock. E poco importa allora quali fossero le sue debolezze, quando finalmente il film si libera e vola sulle ali della musica davanti alla folla sterminata di Londra che si fonde in quell’uomo che è già mito, finalmente capace di mettere insieme, proprio come gli aveva insegnato il padre, pensieri parole e opere.
(Bohemian Rhapsody); Regia: Bryan Singer; Sceneggiatura: Anthony McCarten; fotografia: Newton Thomas Sigel; montaggio: John Ottman; colonna sonora: Queen; interpreti: Aaron McCusker, Ahsen Bhatti, Aidan Gillen, Alicia MencÍa CastaÑo, Allen Leech, Ben Hardy, Charlotte Sharland, Dermot Murphy, Dickie Beau, Gwilym Lee, Ian Jareth Williamson, Jess Radomska, Jorge Leon Martinez, Joseph Mazzello, Lucy Boynton, Max Bennet, Michael Cobb, Michelle Duncan, Mike Myers, Rami Malek, Tom Hollander; produzione: GK Films, New Regency Pictures, Queen Films Ltd., Tribeca Productions; distribuzione: 20th Century Fox; origine: GB, USA, 2018; durata: 134’