Calvario
La via che conduce al buon cinema non è poi così tortuosa o scoscesa. Gli elementi di base sono pochi ma determinanti: una sceneggiatura asciutta e ben calibrata, sufficientemente coinvolgente e capace di dosare, nel modo più corretto, i tempi delle varie fasi narrative; dialoghi tesi ed intriganti, valorizzati da attori validi, in grado di modularne al meglio le sfumature; una messa in scena essenziale, atta a creare le adeguate atmosfere e ad arricchire la vicenda con le giuste suggestioni visive. Tutti questi elementi sono rinvenibili in Calvario di John Michael McDonagh, cineasta irlandese già autore e regista dell’apprezzato The Guard del 2011 (distribuito in Italia con l’inconcepibile titolo Un Poliziotto da Happy Hour). Pur senza far ricorso, infatti, a sequenze “adrenaliniche” o a mirabolanti effetti speciali, il film riesce comunque a catturare pienamente l’attenzione dello spettatore, trascinandolo in una realtà emotivamente molto impegnativa; fatto ancor più rilevante e raro è che la pellicola fornisce al pubblico interessanti spunti di riflessione su argomenti piuttosto seri e delicati.
In una piccola chiesa di un paesino dell’Irlanda del Nord, svolge la sua azione di pastore di anime Padre James, la cui vocazione tardiva gli ha conferito una maggiore capacità di compenetrarsi nelle variegate miserie umane. Nel corso di una confessione, il sacerdote ascolta il racconto di un uomo che espone crudamente la sua esperienza di vita, segnata e stravolta dai prolungati abusi sessuali subiti ad opera di un prete, sin dall’età di sette anni. Il proposito dell’uomo è ora quello di vendicarsi verso un altro rappresentante del clero, un essere innocente qual era lui stesso al momento della sua “uccisione” spirituale; il prescelto per morire è proprio Padre James, che avrà una settimana per prepararsi o salvarsi…
Il grado di diffusione della pedofilia nell’ambito del clero irlandese è tristemente elevato, al punto da aver quasi trasformato l’immagine del prete da figura integra e comprensiva, che incarna protezione e dispensa speranza, in una sorta di simbolo di minaccia verso i più deboli. McDonagh affronta il problema con lucidità ed equilibrio, senza indulgenze ma anche senza eccessi, giungendo a tratteggiare il quadro di una Chiesa che ha perso autorevolezza ed è oramai incapace di incidere sulle coscienze, che dovrebbe invece essere la sua funzione più importante. Proprio nel personaggio stesso di Padre James viene racchiusa questa pessimistica visione del regista; nonostante la sua energia, la sua integrità, la sua fede, il prete non riesce infatti a lasciare impronte significative in un’umanità che sembra aver smarrito il senso di solidarietà, di compassione, di rispetto.
Strutturato come una sorta di thriller investigativo, con tinte noir e qualche virata verso la “black comedy”, Calvario propone ritmi narrativi volutamente cadenzati, che favoriscono la totale immersione dello spettatore in uno spicchio di realtà spiritualmente degradata e consentono, altresì, una migliore assimilazione delle tematiche espresse. Determinante, in un contesto del genere, la qualità delle interpretazioni, in particolare quella del protagonista, Brendan Gleeson; l’attore irlandese fornisce in effetti una prova maiuscola, tratteggiando il suo Padre James con contorni quasi epici e conferendogli altresì enorme spessore e profondità, a volte anche solo attraverso semplici sguardi “impregnati” di silenzio. L’intero cast appare comunque ben assemblato ed adeguatamente ispirato, con una menzione speciale per Aidan Gillen, l’ineffabile “Ditocorto” de Il Trono di Spade. Avvalendosi anche dell’ottima fotografia di Larry Smith, McDonagh fornisce poi valore aggiunto al suo già pregevole script, in virtù di immagini suggestive in cui il paesaggio, di una bellezza quasi crudele, sembra spesso fondersi con primi piani intensi, rendendo così quasi palpabile il profondo vuoto spirituale di molti personaggi e la loro inevitabile solitudine.
Calvario, in definitiva, si fa decisamente apprezzare per la sua intensità drammatica e per la bontà della messa in scena; un prodotto certamente valido che tuttavia, visti i prevalenti gusti da “multisala di centro commerciale” del pubblico italiano, non avrà presumibilmente un successo di botteghino adeguato al suo valore.
(Calvary) Regia: John Michael McDonagh; sceneggiatura: John Michael McDonagh; fotografia: Larry Smith; montaggio: Chris Gill; musica: Patrick Cassidy; scenografia: Mark Geraghty; interpreti: Brendan Gleeson, Kelly Reilly, Aidan Gillen; produzione: Reprisal Films, Octagon Films, Lipsync Productions; distribuzione: 20th Century Fox; origine: Irlanda, Gran Bretagna; durata: 102’.