CANNES 05 - Un bilancio, un augurio

Nel cinema - sarà come sarà, se ne sono cercate molte di spiegazioni - tutto si ripete. E tale legge può applicarsi anche ai Festival: per esempio l’edizione, la cinquantottesima, che si è conclusa la sera di sabato 21 maggio con le premiazioni, potrebbe assomigliare un po’ alla Cannes del 2002. Infatti come allora e a differenza degli ultimi due anni (un po’ magri e più sperimentali), il programma della “Sélection officielle” ci è apparso sulla carta imbattibile, cioè quanto di meglio (o quasi) un amante del cinema si sarebbe potuto augurare, con un parterre di nomi “blindati” nella Competizione e molte invitanti incognite in “Un certain regard”. Un mix perfetto, preparato con la massima cura dal direttore Thierry Fremaux, ansioso di togliere spazio alla (prossima) concorrenza di Marco Müller a Venezia, così come aveva già fatto con la Berlinale, questo anno un tantino in affanno.
Detto fatto e - questa volta - le cose sono andate, tolta qualche inevitabile panne, nella direzione voluta. La sicurezza iniziale dovuta alle aspettative riposte in una gran messe “autoriale”, si è dunque confermata mentre poche sono state le cadute o le delusioni vere e proprie. Tra di esse potremmo segnalare - giudizio assolutamente personale che saremmo anche pronti a rivedere in diversa occasione - ad esempio l’irakeno Kilomètre Zéro di Hiner Saleem, Where the Truth Lies di Atom Egoyan (assai al di sotto del suo standard, purtroppo), Sin City, di una noia mortale, della coppia Frank Miller/Robert Rodriguez, l’assolutamente pleonastico Election di Johnnie To o ancora Piendre ou faire l’amour dei fratelli Arnaud e Jean-Pierre Larrieu che non ci sembra porsi affatto nell’ottica di un moderno, elegante rohmerismo come qualche isolata voce, in Francia e non, va sostenendo.
Si tratta, però, in definitiva, di una percentuale abbastanza bassa sulla somma totale dei ventuno film della Competizione che ha dunque riconfermato il successo di questa edizione di Cannes. Scorrendo il verdetto della giuria capitanata da Emir Kusturica che, malgrado le (in)giustificate paure della vigilia, ha svolto egregiamente il suo compito, si ritrova dentro la composizione di un conflitto culturale - certo non nuovo - dove si sono scontrate frontalmente due visioni antitetiche del mondo cinematografico, entrambe presenti nel programma del Festival. Schematizziamo: da una parte una Weltanschauung, chiamiamola così, europea (o più propriamente francesizzante) del cinema e della critica, e dall’altra una di segno opposto, più esplicitamente filoamericana. Il compromesso si è concretizzato, così, nella Palma d’oro a L’enfant dei fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne (la seconda dopo quella del 1999 con Rosetta) e nel raddoppio dei riconoscimenti al bel film di debutto di Tommy Lee Jones, The Three Burials of Melquiades Estrada, premiato sia per la migliore interpretazione (lo stesso Jones) sia per la migliore sceneggiatura del messicano Guillermo Arriaga. Uguale discorso spartitorio si può riconoscere anche nel mix tra il Gran Premio della Giuria andato a Jim Jarmusch di Broken Flowers e la Migliore Regia assegnata a Michael Haneke per Caché, film che sino all’ultimo si dava per il meglio piazzato negli allori del Palmares (ed infatti il regista austriaco non sembra proprio abbia preso bene la decisione finale). Ultimo segnale di questo scontro culturale potrebbe essere la differente valutazione che alcune opere hanno avuto su opposte sponde: per esempio il controvertissimo Batalla en el cielo del messicano Carlos Reygadas oppure il fantastico Three Times del maestro taiwanese Hou Hsiao-hsien (entrambi andati a secco di riconoscimenti) sono stati portati in palma di mano dalla critica francese che viceversa ha bocciato in maniera incontrovertibile (e un po’ stupida) il film di Tommy Lee Jones.
Su questa forbice di antinomie Europa-America ha dunque lavorato una Giuria molto addentro alle buone regole della diplomazia e del bilancino, che ha assegnato ancora la palma della migliore attrice a Hana Laszo (semplicemente fantastica) per Free Zone di Amos Gitai - un film bello quanto irrisolto - e il Premio della Giuria a Shanghai Dreams di Wang Xiaoshuai, un contentino dato all’Oriente, questa volta (a parte Hou Hsiao-hsien) non nella stessa forma smagliante dell’anno scorso. Niente, invece, ad autori come David Cronenberg, Gus van Sant, Lars von Trier (per noi un falsario di se stesso) o Wim Wenders che potevano ambire, di certo e a vario titolo, a ricevere dei riconoscimenti. Non così l’Italia, nulla, mentre anche la Francia non ha proprio brillato: al di là della prima mezzora, Lemming di Dominik Moll su cui era riposte molte speranze, non ha convinto così come il pretenzioso film dei fratelli Larrieu.
Ad essere sinceri, però, pur più convincente di passate occasioni sulla Croisette, il Concorso 2005 ci obbliga a ripetere quanto già ci sembrava di notare in passato: c’è sì da rallegrarsi per la vittoria del cinema “testimoniale”, semidocumentario o realistico che dir si voglia, di Jean-Pierre e Luc Dardenne perché - al di là del risultato che è comunque notevole (ma non nuovo) - indica un modo moderno di costruire la visione cinematografica. Tuttavia, a livello di rinnovamento, poco altro si muove. David Cronenberg, suggerisce qualcuno, è tornato ad esempio a riscoprire il genere come alle sue origini, ma ciò, ci domandiamo, costituisce forse un progresso? Il problema più serio e generale riguarda il disseccarsi di una certa idea di cinema, ereditata dalle “nouvelle vagues” degli anni Sessanta sino all’ultimo sussulto di Dogma ’95, un modello entrato sempre più in crisi per l’avvento delle nuove tecnologie digitali e le sue conseguenti modificazioni estetiche. Ed aggiungiamoci, poi, che le “nuove onde” dall’Asia non potranno durare in eterno. Perciò il cinema presentato nella Competion sulla Croisette - in gran parte fatta da cinquanta-sessantenni - non ci fornisce delle alternative né poteva farlo, stante la squadra messa in campo. Ma una volta o l’altra si dovranno pure cercare i rincalzi e passarli nella “Nazionale”. Per adesso invece restano confinati nelle sezioni collaterali come “Un Certain Regard” o nella “Semaine de la Critique” che ancor più della “Quinzaine des Réalisateurs” hanno mostrato, meglio del solito ci sembra, delle opere egregie e segnalato dei registi degni di essere incoraggiati. Se non ci sbagliamo (ma speriamo di farlo), il cinema, comunque, non gode oggi, nel suo complesso, di ottima salute. Una brutta constatazione. Anche questo è stato un insegnamento di Cannes 2005.
[maggio 2005]
I PREMI
Palma d’Oro: L’ENFANT
di Jean-Pierre et Luc Dardenne
Gran premio della Giuria: BROKEN FLOWERS
di Jim Jarmusch
Premio per la migliore interpretazione femminile: HANNA LASLO
Free Zone di Amos Gitaï
Premio per la migliore interpretazione femminile: TOMMY LEE JONES
The three Burials of Melquiades Estrada di Tommy Lee Jones
Premio miglior regista: MICHAEL HANEKE
Caché
Premio miglior sceneggiatura: GUILLERMO ARRIAGA
The three Burials of Melquiades Estrada di Tommy Lee Jones
Premio della Giuria: SHANGHAI DREAMS
di Wang Xiaoshuai
Premio miglior cortometraggio: PODOROZHNI
Igor Strembitskyy
Menzione speciale: CLARA
di Van Sowerwine
Premio Un Certain Regard - Fondation Gan Pour Le Cinéma:
MOARTEA DOMNULUI LAZARESCU
di Cristi Puiu
Prix de l’Intimité: LE FILMEUR
di Alain Cavalier
Prix de l’Espoir: DELWENDE
di S. Pierre Yameogo
Caméra d’Or: VIMUKTHI JAYASUNDARA (Sulanga Enu Pinisa) e
MIRANDA JULY (Me and You and Everyone we Know)
Competizione
A HISTORY OF VIOLENCE di David Cronenberg
BASHING (HARCÈLEMENT) di Kobayashi Masahiro
BATALLA EN EL CIELO di Carlos Reygadas
BROKEN FLOWERS di Jim Jarmusch
CACHÉ di Michael Haneke
DON’T COME KNOCKING di Wim Wenders
ELECTION di Johnnie To
FREE ZONE di Amos Gitai
KEUK JANG JEON (Racconto di cinema) di Hong Sangsoo
KILOMETRE ZERO di Hiner Saleem
LAST DAYS di Gus Van Sant
LEMMING di Dominik Moll
L’ENFANT di Jean -Pierre And Luc Dardenne
MANDERLAY di Lars Von Trier
PEINDRE OU FAIRE L’AMOUR di Jean-Marie Larrieu, Arnaud Larrieu
QUANDO SEI NATO NON PUOI PIU NASCONDERTI di Marco Tullio Giordana
SHANGHAI DREAMS di Wang Xiaoshuai
SIN CITY di Robert Rodriguez, Frank Miller
THE THREE BURIALS OF MELQUIADES ESTRADA di Tommy Lee Jones
THREE TIMES di Hou Hsiao Hsien
WHERE THE TRUTH LIES di Atom Egoyan
Fuori competizione
C’EST PAS TOUT A FAIT LA VIE DONT J’AVAIS REVE di Michel Piccoli
CHROMOPHOBIA di Martha Fiennes
CROSSING THE BRIDGE - THE SOUND OF ISTANBUL di Fatih Akin
DAL’KOM’HAN IN-SAENG di Jee-woon Kim
DARSHAN - L’ETREINTE di Jan Kounen
JOYEUX NOEL di Christian Carion
KIRIKOU ET LE FÉTICHE ÉGARÉ di Michel Ocelot, Bénédicte Galup
KISS KISS, BANG BANG di Shane Black
LES ARTISTES DU THEATRE BRULE di Rithy Panh
MATCH POINT di Woody Allen
MIDNIGHT MOVIES: FROM THE MARGIN TO THE MAINSTREAM di Stuart Samuels
OPERETTA TANUKIGOTEN di Suzuki Seijun
STAR WARS - EPISODE III - REVENGE OF THE SITH di George Lucas
THE POWER OF NIGHTMARES di Adam Curtis
Un certain regard
CIDADE BAIXA di Sergio Machado
CINEMA, ASPIRINAS E URUBUS di Marcelo Gomes
DELWENDE di S. Pierre Yameogo
DOWN IN THE VALLEY di David Jacobson
ELI, ELI, LEMA SABACHTHANI? di Shinji Aoyama
FALSCHER BEKENNER di Christoph Hochhäusler
HABANA BLUES di Benito Zambrano
HWAL (L’ARCA) di Ki-duk Kim
JEWBOY di Tony Krawitz
JOHANNA di Kornél Mundruczó
LE FILMEUR di Alain Cavalier
LE TEMPS QUI RESTE di François Ozon
MAROCK di Laïla Marrakchi
MOARTEA DOMNULUI LAZARESCU di Cristi Puiu
NORDESTE di Juan Solanas
SANGRE di Amat Escalante
SCHLÄFER di Benjamin Heisenberg
SULANGA ENU PINISA di Vimukthi Jayasundara
THE KING di James Marsh
VOKSNE MENNESKER di Dagur Kári
YEK SHAB (UNE NUIT) di Niki Karimi
ZIM AND CO di Pierre Jolivet
