Le ricette della signora Toku
Regista tra le beniamine di Cannes, la giapponese Naomi Kawase è tornata sulla croisette dopo il suo Still The Water, presentato l’anno scorso in concorso, con un film apparentemente molto diverso ma con tematiche in fondo simili: Le ricette della signora Toku, in apertura di Un Certain Regard a maggio e ora nelle sale italiane.
Il titolo originale (An) fa riferimento alla pasta di fagioli che farcisce un tipico dolce giapponese, simile ai pancake: il dorayaki. Uno dei protagonisti, l’accigliato Sentaro, gestisce infatti un negozio di dorayaki, dove lo visita spesso una sua cliente abituale, l’adolescente Kawaka. Sentaro chiaramente non ama il suo lavoro, e infatti scopriremo che si occupa del negozio per conto di una famiglia con cui ha contratto un debito per ragioni misteriose. Sul suo passato grava un’ombra, mentre sul presente di Wakana pesa l’incertezza di dover trovare il proprio posto nel mondo. Le cose cambiano quando al negozio fa l’insolita richiesta di essere assunta l’ultrasettantenne Tokuo, che riesce a fare breccia nel costante rifiuto di Sentaro quando gli fa assaggiare il suo straordinario an: la pasta dolce di fagioli del titolo. Questo ingrediente diventa così l’elemento che unisce il trio dei protagonisti, ma soprattutto il tramite per comprendere ed accettare le avversità della vita e l’attaccamento ad essa, che si manifesta proprio tramite l’amore per una ricetta ben fatta, attraverso cui passa molto più che una corretta tecnica di cottura. Il ritrovato equilibrio è però destinato a spezzarsi, dato che sul passato si Tokuo pesa una tragedia molto più grande: ammalatasi di lebbra da adolescente, vive in un centro dove venivano messi in quarantena i lebbrosi, mentre i clienti del negozio vivono ancora attaccati ai pregiudizi su questa malattia e scompaiono.
Come in Still The Water i due protagonisti adolescenti percorrevano una strada che li portava a venire a patti con l’ineluttabilità della morte e dei cicli e dei dolori della vita, in An la ricetta di Tokuo e la sua (fin troppo )saggia accettazione delle avversità conducono i protagonisti lungo un simile sentiero rivelatore e
L’intensità visiva che contraddistingue i lavori della Kawase è però azzoppata, in An, da una eccessiva prolissità a livello di sceneggiatura, aggravata anche dall’ insistenza su alcuni cliché melodrammatici, come la voce four i campo di Tokuo che scrive lettere colme di saggezza. Peccato, perché, benché la storia non sia niente di nuovo, alcuni momenti sono davvero toccanti e la recitazione è di altissimo livello, così come le immagini che, da sole, sarebbero bastate ad illustrare la frustrazione per un mondo ingiusto e la fiducia in un futuro migliore veicolata dalle piccole cose.
(An) Regia: Naomi Kawase ; sceneggiatura: Durian Sukegawa, Naomi Kawase; montaggio: Tina Baz ; musica: David Hadjaj ; interpreti: Kirin Kiki, Miyoko Asada, Etsuko Ichihara ; produzione: come dès Cinemas, Mam, Kumie ; origine: Giappone; durata: 113’.