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Cannes 2019 - Bernardo Bertolucci: no end travelling

Pubblicato il 4 giugno 2019 da Nicola Calocero


Cannes 2019 - Bernardo Bertolucci: no end travelling

L’elegante documentario di Mario Sesti su Bernardo Bertolucci, dopo un prestigioso passaggio al Festival di Cannes nella sezione dedicata ai Classici, si può definire il primo saggio sotto forma di immagini dedicato al maestro realizzato solo pochi mesi dopo la sua scomparsa.

Bernardo Bertolucci: no end travelling, molto agile nella sua durata e nel suo stile accattivante, risulta perfetto nella sua ambizione divulgativa. Impaginato come format televisivo di eccellenza (la durata è poco meno di un’ora) incontrerà infatti la maggior parte del suo pubblico durante la programmazione nei canali tematici. Realtà sempre più consolidate tra i cinefili e che hanno ereditato quegli spazi importanti di approfondimento che solo anni prima si trovavano nei contributi extra del dvd. Non a caso tra gli editori del progetto troviamo due interlocutori attenti a queste dinamiche come Sky Arte e il Luce.

Il film di Sesti ha una forma caleidoscopica ed un taglio decisamente internazionale. Dopo un cappello introduttivo in cui il critico ci ricorda con entusiasmo dei momenti cruciali della sua ricca carriera di operatore culturale in cui il suo lavoro di promozione della “macchina cinema” si è incrociato con alcune fasi della vita del maestro, la seconda parte ci regala una interessante intervista inedita in cui emerge uno dei tratti più autentici dell’ultima fase della vita di Bertolucci. Nella prima parte Sesti ricorda con emozione particolare un incontro con il maestro e Patti Smith della primavera del 2013 dopo una proiezione di Medea di Pasolini nel backstage della sala Petrassi all’Auditorium di Roma e un incontro con Bertolucci e Bellocchio che fu uno degli eventi più toccante della prima Festa del Cinema nell’autunno del 2006 sempre nella stessa location.
Durante quell’incontro emerse la grande volontà di raccontare che aveva Bertolucci durante l’ultima stagione della sua vita. Proprio questa straordinaria capacità di essere stato uno straordinario storyteller di alcuni episodi della sua vita incredibile emerge nell’intervista condotta sapientemente da Sesti e che nella seconda parte del film ne rappresenta la parte inedita e più interessante. Aneddoti che risultano interessanti sia per gli addetti ai lavori sia per tutti quei giovani che troveranno qui più di uno stimolo per avvicinarsi con interesse e curiosità all’opera di una pietra miliare. Veniamo così a sapere di come una curiosa indisposizione dovuta a certi eccessi elementari mise in crisi l’amicizia con Godard e di come grazie all’amico scenografo Scarfiotti (una figura purtroppo oggi troppo dimenticata) Bertolucci rafforzò la sua amicizia con un altro titano del cinema: Billy Wylder. Sesti ormai da anni attraverso progetti analoghi sta facendo a tutti gli effetti del cinema nel suo lavoro scrupoloso di critico e storico della settima arte: con le dovute distanze ci ricorda un po’ come quando il De Sanctis faceva della vera e propria letteratura scrivendo la sua Storia della letteratura italiana. In questo caso – chiudendo – si nota bene come Sesti riesca a realizzare una felice intuizione: Bertolucci diventa infatti in questo doc il soggetto ideale attraverso cui raccontare una stagione irripetibile di un cinema che, nonostante gli anni della globalizzazione fossero ancora lontani, era più internazionale e meno omologato. Non a caso stiamo parlando dell’“ultimo imperatore”.


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