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CANTANDO DIETRO I PARAVENTI

Pubblicato il 20 ottobre 2003 da Alessandro Borri


CANTANDO DIETRO I PARAVENTI

Ai tempi de Il segreto del bosco vecchio sembrava proprio che l’ala della senescenza avesse ormai offuscato stile e motivazioni del cinema di Olmi, e la parentesi televisiva della Genesi parve un tentativo ardito e velleitario (pur se non del tutto fallito) di dire l’indicibile. Tanto più gradita è stata l’apparizione de Il mestiere delle armi, dove le armi che più splendevano erano quelle di una maestria registica ritrovante una sua verginità e potenza primigenia. E tanto più sorprendente giunge Cantando dietro i paraventi, dove il poeta dell’umiltà e del candore è impegnato ad accarezzare i territori dell’altrove con la voluttà di un Pratt e la felicità di un bambino per cui la morale della favola arriva con la liquida naturalezza delle immagini ai confini del sogno. La strutturazione della messa in abisso è perfetta: il nostro alter ego diegetico è l’ennesimo giovane ingenuo e brufoloso che casualmente si trasforma in spettatore dentro un drive in teatrale oppiaceo e sensuoso che potrebbe essere uscito da un Von Sternberg. Le ombre evocative del palcoscenico man mano si fanno materia e illusione in panneggi, paraventi, tendaggi, acque e vele messi in scena con un gusto gioiosamente estetizzante, da confrontare proficuamente col lussuoso decadentismo cinese di Bertolucci. E anzi l’inventiva profusa nel tramare l’incanto piratesco e avventuroso della storia di Ching, già cantata da Yuentsze Yunglun e Jorge Luis Borges, a tratti fa pensare a una derivazione art delle produzioni Film Workshop, privata solo delle coreografie di Ching Siu-tung o del gusto iconoclasta di Tsui Hark. Il discorso sotteso intanto prosegue quello del film precedente: se Giovanni dalle Bande Nere non poteva che andare incontro alla sua passione di uomo di guerra d’altri tempi di fronte al deflagrare della modernità, qui tocca al superiore spirito femminile frenare l’avanzata dei cannoni e delle navi a vapore con un semplice gesto di pace. Ma a parte la flagranza del messaggio, ancora una volta ciò che conquista è lo splendido senso della tessitura ritmica dell’immagine, il suo respiro rigenerante, la sua fede nella magia della celluloide, dono veramente d’altri tempi e di superiori moralità.

[ottobre 2003]

Cast & credits:

Regia: Ermanno Olmi; sceneggiatura: Ermanno Olmi; fotografia: Fabio Olmi; montaggio: Paolo Cottignola; musica: Han Yong; interpreti: Jun Ichikawa, Carlo Pedersoli, Sally Ming Zeo Ni, Camillo Grassi, Makoto Kobayashi; produzione: Luigi Musini, Roberto Ciccutto per Cinema 11, Rai Cinema, Lakeshore Entertainment, Pierre Grise Productions; origine: Italia 2003; durata: 100’. distribuzione: Mikado, 01 Distribution

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