Ce n’est qu’un debut - Roma 2010 - Alice nella città
La prima cosa da dire è che Ce n’est qu’un debut è davvero un bel documentario, anche perché le tematiche trattate non sono poche, e quindi si poteva correre il rischio di non svilupparle tutte appieno, ciò che invece non è successo. Se poi si pensa che i protagonisti sono tutti bambini di 4/6 anni, allora il risultato è ancora più sorprendente.
L’opera risulta convincente sin dal titolo: “non è che l’inizio”, infatti, ricalca ottimamente le intenzioni degli autori di questo documentario (Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier, i quali hanno dovuto operare un difficilissimo lavoro di ascolto e ripresa, anche perché, quando si tratta di bambini, nulla è scontato); un inizio che può riferirsi, prima di tutto, a quello cinematografico dei piccoli protagonisti (e quindi un vero e proprio debutto), mai imbarazzati e mai diffidenti, ma, anzi, sempre divertiti e aperti nei confronti della macchina da presa, e schietti quando si tratta di parlare di argomenti all’apparenza complicati e che, in realtà, vengono espressi con semplici parole che quasi toccano il significato assoluto. Tutto questo conduce al secondo “inizio” (o, ancora, debutto), quello tematico, ovvero quello degli argomenti, come detto difficili, proposti ai piccoli: l’ingresso della filosofia in un asilo francese apre delle vere e proprie nuove prospettive d’insegnamento (e se le risposte dei bambini sono quelle mostrate, allora c’è d’avere totale fiducia nei confronti di questa evoluzione).
A conti fatti, però, al di là della filosofia in sé, introdotta come insegnamento, è nelle immagini, nel proseguo del documentario e nel comportamento e nelle parole dei bambini che viene fuori la “vera filosofia”: quella della vita, quella vista dagli occhi di piccoli attentissimi a tutto ciò che accade loro intorno. E allora, invogliati dai loro insegnanti, i giovanissimi protagonisti parlano di tutto, a ruota libera: l’amore, l’amicizia, la scuola, il confronto tra razze e, ovviamente, i genitori (ovvero la famiglia), sono tutte tematiche sulle quali si chiede di riflettere e parlare; ci si aspetterebbe di tutto (imbarazzo, sbaglio o confusione) ed invece le parole giungono veloci, dolci e precise.
Ma, come spesso accade, più delle parole possono le immagini, che oltrepassano ogni significato: vedere dei bambini francesi, cinesi e senegalesi uniti in una stessa aula, a parlare tra di loro, è già un vero e proprio saggio sul razzismo; vederli giocare in classe o fuori dalla scuola è già una forte prova del che cosa pensino dell’amicizia; sentirli rispondere con esempi quali «l’amore è quando mio padre bacia mia madre», dà pienamente l’idea della loro visione di un sentimento che in loro è ancora del tutto immaturo, ma che sicuramente osservano e condividono.
Come detto Ce n’est qu’un debut è davvero un bel documentario, affascinante soprattutto per quel che riguarda la visione sui protagonisti, piccoli che rappresentano il futuro; e se la maggior parte dei bambini è così, allora il futuro sembra meno buio di quanto potrebbe apparire.
(Ce n’est qu’un debut) Regia: Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier; sceneggiatura: Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier, Cilvy Aupin; fotografia: Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier, Matthieu Normand, Andres Mendoza; montaggio: Jean Condé; produzione: Ciel de Paris Productions; distribuzione: Le Pacte; origine: Francia; durata: 97’.