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Cell

Pubblicato il 17 luglio 2016 da Marco Di Cesare
VOTO:


Cell

È fatto tutto di cultura pop prettamente contemporanea questo film tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King (uno dei più recenti dello scrittore, datato 2006). Cultura di massa per una cultura - non solo occidentale, dato che dall’Occidente è partita per invadere il mondo restante - massificata da tecnica e tecnologia, in un globo che della comunicazione si è fatto alfiere, frontiera ultima del commercio, giungendo allo scambio e allo smercio di idee, informazioni e soprattutto parole, spesso molesto chiacchiericcio (come si può facilmente immaginare navigando sul web, per di più in questa epoca di connessioni social).

Ed è proprio un’invasione di parole quella cui si assiste subitaneamente in apertura di pellicola, in una vasta sala di attesa nell’aeroporto di Boston: decine e decine di volti appiccicati ai loro smartphone, movimento frenetico e continuo di onde sonore e radio, dinamismo e confusione che si mischia alla frenesia della stazione aeroportuale di una grande metropoli, con aeromobili che solcano il cielo come le onde attarversano l’aere. Boston tra l’altro: ossia una delle città più importanti al mondo per quanto riguarda la ricerca scientifica (tecnologica, culturale, sociale e umana).
A questo caos tuttavia ordinato seguirà però prestissimo un altro tipo di caos, del tutto distruttivo, allorquando gli utenti presi al telefono cellulare impazziranno, diventando violentissimi mostri assassini, mantenendo le proprie umane sembianze. A tale destino scamperanno Clay Riddell (John Cusack), un disegnatore di fumetti che stava annunciando all’ex moglie Sharon, la quale vive lontano, di voler vedere lei e il loro bambino Johnny; rivelandole poi di avere appena venduto i diritti di sfruttamento di una sua graphic novel affinché se ne tragga un videogioco. Clay si sottrarrà all’eccidio insieme a Tom McCourt (Samuel L. Jackson), conducente di un treno della metropolitana, il quale ha perso i risparmi a causa della Grande recessione del 2007, crisi cui è seguito il divorzio dalla moglie. I due uomini si muoveranno quindi in una Boston dallo scenario apocalittico, trovando sulla loro strada moltitudini di trasformati e ben pochi compagni di viaggio ancora umani. Con Clay il cui obbiettivo diventerà ritrovare la strada verso casa: quella di Sharon e del loro bimbo.

’Cell’ in inglese assume vari significati: cella, cellula, gruppo, cellulare. Tutti pertinenti al film in questione, grazie a uno di quei miracoli polisemantici che la lingua di Albione sa proporre. E tutti significati esposti e talvolta pure un minimo sviluppati lungo la pellicola: giacché gli umani sono prigionieri della tecnologia; mentre la cellula è l’unità base di un organismo come di un gruppo, solitamente organizzato, nella fattispecie militanti che si aiutano a vicenda per raggiungere l’agognata meta del benessere comune alla propria fazione di appartenenza; infine, nella sua accezione statunitense, il telefono cellulare; laddove la rete mobile funziona suddividendo il territorio in svariate celle, generalmente di forma esagonale (come le celle di un favo, opera di animali sociali ed estremamente organizzati quali le api sono), necessarie per localizzare il telefono e permettere di conseguenza all’utente di comunicare.

Dopo l’inizio scoppiettante Cell assume i contorni di un più tranquillo viaggio on the road, lasciando la grande città per le campagne circostanti, mantenendo sussulti sparsi qui e là lungo il tragitto, con variazioni sul tema .
E, come delle celle esagonali, in Cell ogni elemento appare diligentemente e operosamente al suo posto, parti giustapposte col fine di creare un progetto unitario con una meta di fronte a sé. Così si può riconoscere nella resa dei non-più-umani una rimembranza dei ’Crazies’ del romeriano La città verrà distrutta all’alba (1973), o anche i non-zombie del lenziano Incubo sulla città contaminata (1980); laddove la parte on the road, più posata e con la ricerca di un approfondimento psicologico, riporta alla memoria The Walking Dead, tratto da una serie a fumetti e che ha in seguito ispirato un videogioco, per un progetto – un cosiddetto franchise - che nel complesso si mostra come diacronica multimediale sintesi di occupazione di diversi, e anche comunicanti, spazi espressivi di arte pop (con l’ovvio fine di aumentare il giro di affari), come altresì accennato proprio in Cell attraverso la figura professionale del protagonista Clay. Un personaggio, Clay, il quale, inoltre, esplicita di avere pure talune capacità divinatorie: come se il suo cervello fosse capace di captare onde che solcano l’atmosfera e di restituirle per mezzo dei suoi disegni.

Cell vorrebbe profilarsi come analisi sociale dai toni profetici (tipico in film del genere, soprattutto negli anni della Contestazione, alla maniera dei due di Romero e Lenzi sopra citati) narrando del pericolo dell’annichilimento dell’individuo, consumatore medio disperso nella massa degli eguali; allo stesso tempo sottolineando insieme la casualità di chi è riuscito a sfuggire al contagio che annulla ma, allo stesso tempo, considerando tali personaggi come figure allegoriche, in quanto persone di loro già diverse e perciò nella possibilità di stagliarsi rispetto la massa.
Tante buone intenzioni in questa pellicola diretta dal Tod Williams di Paranormal Activity 2, probabilmente alla ricerca di uno scatto di qualità nella sua carriera, magari speranzoso di essere aiutato dallo script redatto da Stephen King assieme all’Adam Alleca del remake de L’ultima casa a sinistra. Però il risultato è cinematograficamente pedissequo, per un’opera che diviene sempre più raffazzonata, con personaggi non ben abbozzati, sentimenti resi superficialmente, fino a una serie di finali e controfinali che realizzano solo confusione e per nulla alcun affascinante mistero. Mentre regia e montaggio sono alquanto scialbi, collezionando sequele di luoghi comuni, simboli di quello che il genere cinematografico di appartenza è diventato negli ultimi quindici anni a Hollywood e dintorni, per un film del tutto inutile e che presenta pochissime illuminazioni: oltre alla sequenza nell’aeroporto, ciò che più rimane nella memoria è un colpo di pistola, improvviso e istantaneo che, improvvido, squarcia il silenzio di un bosco, uccidendo un corpo la cui mente non-umana vuol passare per umana, nascondendosi sotto le spoglie di qualcun altro, operando tra l’altro una regressione che si manifesta come potenziale progressione (e viceversa), per una volta in Cell dando vita a una reazione sentimentalmente forte nei personaggi coinvolti, persi tra verità e falsità (anche verso loro stessi e i loro moti dell’animo) e creando uno slittamento e una confusione finalmente forieri di significanza.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Tod Williams; sceneggiatura: Stephen King e Adam Alleca (tratta dal romanzo omonimo di Stephen King); fotografia: Michael Simmonds; montaggio: Jacob Craycroft; musica: Marcelo Zarvos; interpreti: John Cusack (Clay Riddell), Samuel L. Jackson (Tom McCourt), Isabelle Fuhrman (Alice Maxwell), Stacy Keach (Charles Ardai), Owen Teague (Jordan), Joshua Mikel (Raggedy), Anthony Reynolds (Ray), Erin Elizabeth Burns (Denise), Ethan Andrew Casto (Johnny Riddell), Clark Sarullo (Sharon Riddell); produzione: Benaroya Pictures, International Film Trust, 120dB Films, Cargo Entertainment e The Genre Company; distribuzione: Notorious Pictures; origine: USA, 2016; durata: 98’; web info: Pagina Facebook internazionale ufficiale.


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