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Cinema a Pennello: una riscoperta dell’aura

Pubblicato il 23 luglio 2015 da Ludovico Peroni


Cinema a Pennello: una riscoperta dell'aura

Passeggiando per i viottoli del magnifico centro storico di Montecosaro, paese in provincia di Mc nelle Marche, non immaginavamo mai di poter ricevere il lucido stimolo alla formulazione di una riflessione sopra alcuni aspetti di un saggio che trasformò gran parte della sensibilità artistica del XX secolo.
Il saggio è quello di Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936), e l’occasione per la riflessione è stata fornita dalla visita al museo Cinema a Pennello (http://www.cinemaapennello.it/).
Ci accoglie, sempre gentilmente e con sapiente preparazione, un uomo: si chiama Paolo Marinozzi e non tardiamo a scoprire che il museo è praticamente costituito da un allestimento permanente della sua rara e personale collezione di bozzetti e cimeli legati al cinema.
Cosa c’entra Walter Benjamin? Il saggio di Benjamin è, a nostro avviso, strettamente legato alla natura implicita all’oggetto principale della collezione: il “bozzetto” delle locandine cinematografiche.
I “bozzetti” – ovvero dei dipinti o collage realizzati a mano da artisti grafici o pittori – sono oggetti ai quali la critica ed i centri di collezionismo non hanno spesso riconosciuto lo “statuto di opera d’arte”: affermiamo questo poiché, il più delle volte, si tende a privilegiare l’esposizione delle locandine date in stampa per la promozione dei film.
Il fatto è curioso, almeno per due motivi: il primo è legato al concetto di “unicità” ed il secondo legato al concetto di “originalità”. Il cinema – arte che fa della “riproducibilità tecnica” la sua qualità peculiare e caratterizzante sotto il punto di vista delle implicazioni estetiche – ha contribuito a promuovere tutta una sfera di produzione artistica che non considera “l’unicità” e “l’originalità” come fattori determinanti alla propria validità: l’opera riprodotta acquista infatti un proprio statuto peculiare grazie alle caratteristiche insite alla logica del medium della registrazione/riproduzione fonografica (vedi il fondamentale concetto di “codifica neoauratica” negli studi del filosofo Vincenzo Caporaletti).
Il Novecento però – anche in quanto “secolo plurale” (cit. Massimo Onofri) – ha conservato una doppia anima e duplice concezione della validità delle proprie produzioni artistiche. Questa concezione passa per i e si confonde nei dubbi di Walter Benjamin: il cinema, pur misurando la propria validità artistica su un piano antifrastico rispetto a quello del pensiero del filosofo, ha metabolizzato molte altre arti che non obbediscono alle stesse logiche mediali.
Qui, in questo preciso interstizio artistico, va inserito il discorso sui bozzetti, Paolo Marinozzi ed il museo del Cinema a Pennello: una magnifica riscoperta dell’aura racchiusa in pezzi unici, d’autore ed originali.
“Hic et nunc”… a Montecosaro.

Intervista a Paolo Marinozzi.

Potresti presentarci la cornice del museo Cinema a pennello?
Si può dire letteralmente che sono nato in questo palazzo a Montecosaro in quanto appartiene alla mia famiglia da sette generazioni a partire da 1869: è quindi una casa-museo. E’ stato sempre un mio sogno quello di trasformare parte di questo palazzo in un’esposizione permanente e, fortunatamente, sembra che ci sia riuscito.

Come nasce l’idea di concentrarsi sui bozzetti cinematografici?
La mia era una passione per il cinema in generale finché non sono stato letteralmente “rapito” da questi oggetti che si proponevano di rappresentare pittoricamente i film. Le idee racchiuse in questi dipinti poi fornivano la struttura per manifesto definitivo: questi, appunto, sono i bozzetti.
Visto che la realtà del bozzetto non era molto conosciuta, ho pensato, ormai trent’anni fa, di buttarmi a capofitto nel progetto del museo Cinema a Pennello: oggi questa esposizione sembrerebbe costituire un unicum a livello internazionale. Debbo ringraziare molto anche l’aiuto e la pazienza di tutta la mia famiglia!

Dev’essere stato un duro lavoro di ricerca sul campo!
Sì, ma è per me una bella soddisfazione per due motivi: una prima è per aver riunito in esclusiva delle vere e proprie opere d’arte e, quindi, aver dato loro una possibilità espositiva; una seconda invece riguarda una sorta di auto-gratificazione perché nei miei ricordi, da quando ero piccolo, son sempre vive quelle immagini, dipinte a mano, che annunciavano l’uscita dei film più belli.
Ora ritrovarmi a casa gli originali costituisce sempre una soddisfazione ed emozione senza prezzo.
Spesso mi capita di farmi un giro al museo poco prima di andare a dormire e mi aggiro tra questi dipinti e ricordi - quasi come il Fantasma dell’Opera - toccando il cielo con un dito.

Cosa sono, nello specifico, questi “bozzetti”?
Siamo in pochi ad aver l’idea di cosa sia specificatamente un bozzetto: ancora non è una realtà che ha avuto una diffusione troppo ampia ed informata nell’immaginario collettivo.
Ho intuito l’importanza di andar a scovare quei disegni che venivano commissionati dalle case di produzione ai grandi pittori: erano artisti specializzati in questo campo ed il loro compito era quello di sintetizzare in un solo quadro i tratti peculiari dei film che, spesso, non avevano neanche visto. Quasi un trailer ante litteram. In un secondo momento, una volta approvato dalla produzione, il disegno veniva consegnato alla tipografia e stampato sui manifesti a grandi dimensioni o nelle più piccole locandine da sala.
Questi manifesti possedevano una particolare importanza per noi poiché, prima che ci fosse la diffusione massiva della televisione e di molte riviste dedicate alla divulgazione del cinema, costituivano l’unica nostra fonte di informazione sul film uscente: bambini e adulti si incantavano, a volte per ore, di fronte a queste icone e si passava spesso anche una settimana intera confrontandosi a vicenda sulla possibile trama, sul genere o sui possibili dialoghi del film.
Tutto questo accadeva solo basandoci solo sui dettagli contenuti del manifesto.

Come mai oggi quasi nessuno ricorda il nome di questi artisti?
Questo tipo di pittura è stata molto emarginata finora poiché i pittori che si occupavano dei bozzetti non erano neanche menzionati nei titoli di coda dei film stessi. Questo fatto l’ho vissuto personalmente come una mortificazione artistica molto grave che, nel mio piccolo, vorrei cercare di rimarginare. Magari – e noi probabilmente non ce lo ricorderemo – siamo spettatori ignari dei capolavori dei “Raffaello e Giotto” che verranno studiati ed antologizzati nell’anno 3000!


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