Clean

I film di Olivier Assayas, forse il più dotato dei registi francesi della “generazione di mezzo” seguita all’epoca d’oro della Nouvelle vague, hanno avuto sempre qualcosa di speciale. Un tocco e un’atmosfera particolare, una felicità d’invenzione che sembra occultarsi dietro una messa in scena attenta e complessa ma invisibile, come fu quella del grande cinema hollywoodiano classico. Perciò eravamo rimasti interdetti (ma siamo pronti a rivedere questa nostra opinione) dalla “svolta” seguita a Fin aoùt dèbut septembre (1999), con due opere che sembravano rimettere in discussione un cammino adamantino iniziato dal debutto di Désordre-Disordine (1986) e culminato nello splendido Irma Vep (1996), l’ultimo lavoro del filmmaker parigino ad uscire nelle sale italiane. Insomma sia l’eccesso di calligrafismo letterario - elegante e molto francese certo, ma anche abbastanza stucchevole - di Les destinées sentimentales (2000) sia il fastoso e freddo melodramma tecno-nipponico Demonlover (2002) ci parevano aver condotto Assayas in un cul de sac, in cui risultava smarrita quel senso della vita e delle cose, un calore umano che tanto ci avevano commossi nella sua precedente filmografia. Clean, invece, riapre il discorso e riporta d’incanto lo spettatore verso l’ispirazione più genuina del cineasta francese, verso quella sua sismografica capacità di leggere i moti dell’animo e di disegnare personaggi - non dei manichini - vicini, contigui alla nostra quotidianità. Nel riprendere a quasi vent’anni di distanza, aggiornandoli, alcuni temi della sua opera-prima (l’ambiente rock, la droga, un certo romanticismo febbricitante dei protagonisti), l’ultima fatica di Assayas descrive fenomenologicamente un tema che a raccontarlo in due righe assomiglia al plot stereotipato di una soap-opera: i tentativi di Emily, una madre tornata “pulita” dalle droghe, di riprendersi il figlio che i suoceri, in sua assenza, hanno avuto affidato e che hanno tirato su contro la ragazza. Ed invece, grazie alla maiuscola interpretazione di Maggie Cheung, già musa (nonché compagna) del regista in Irma Vep e a quella altrettanto significativa (se non addirittura maggiore) di Nick Nolte, Clean diventa un “racconto sentimentale” emozionante e coinvolgente dove si descrive l’ossessione di una donna che vuole cambiare, reinventare la propria vita tramite il ritrovato affetto per il figlio. Per far ciò Assayas infonde nelle belle immagini del suo fotografo Eric Gautier un amore e una accuratezza di messa in scena tutta peculiare. Essa abbraccia non soltanto i caratteri dei deuteragonisti ma contemporaneamente si estende al retroterra, alla descrizione d’ambiente della capitale francese o del mondo internazionale della musica, rivisitato senza moralismi nei suoi vizi privati e pubbliche virtù in un esperanto di spazi (San Francisco, Parigi, Vancouver e Londra) e di linguaggi (francese, inglese e cinese). Clean - un maturo film di rinascita, un film che dà speranza.
[maggio 2004]
regia: Olivier Assayas sceneggiatura: Olivier Assayas fotografia: Eric Gautier montaggio: Luc Barnier musica: Brian Eno, David Roback, Tricky interpreti: Maggie Cheung, Nick Nolte, Béatrice Dalle, Jeanne Balibar, Don McKellar origine: Canada/Francia/Gran Bretagna 2004 durata: 110’
