Come l’Ombra

Milano d’Agosto è un deserto alieno, rovente e ordinato, screziato da solitarie auto in fuga e curiose geometrie architettoniche, dove si aggirano esistenze isolate, particellari, che si incrociano, si sfiorano, ma non si toccano mai veramente, lontane tra di loro ben oltre le distanze fisiche. Claudia, sui trent’anni, conduce una di queste esistenze, e la sua casa, asettica, funzionale, perfettamente arredata, ma disabitata di calore umano, assomiglia terribilmente alla Milano in cui è immersa. Claudia lavora per un’agenzia di viaggi, frequenta un corso di russo, ha un ottimo rapporto con i genitori e con la sorella, la sera esce con gli amici e fa anche qualche conquista, ma sembra sempre rimanere confinata in un’apatia metodica e senza uscita. Poche settimane prima di partire per le vacanze, però, Claudia rimane affascinata da Boris, colto e seducente supplente di russo, che approfitta della cotta della ragazza per chiederle di ospitare, solo per una settimana, la cugina Olga, in quei giorni in arrivo da Kiev. Claudia accetta, Olga arriva e Boris smette di farsi sentire. Ma la giovane ucraina, garbatamente solare e piena di speranze, entra delicatamente nella quotidianità di Claudia e in pochi giorni stringe con lei un rapporto profondo, tanto che quando sparirà nel nulla, Claudia sarà pronta a sconvolgere la sua vita tranquilla e abitudinaria per scoprire cosa le sia successo. Dopo Forza Cani, piccola impresa di produzione dal basso distribuita solo in videocassetta, Marina Spada esordisce sul grande schermo con un film delicato e dalla poetica forte e definita, giustamente premiato e ottimamente accolto nei festival di mezzo di mondo.
Nella Milano di Come l’Ombra non c’è spazio per il Duomo, per Brera e per i navigli, sostituiti, in qualità di luoghi rappresentativi della città, da Linate, Affori, Cascina Gobba e dai quartieri intorno alla Stazione Centrale, popolati da immigrati di ogni provenienza, un’umanità aspra, disperata e individualista. Il risultato è un ritratto duro ma veritiero del capoluogo lombardo, in cui trionfa una modernità geometrica e desolata che ricorda una versione a colori dei panorami urbani di Gabriele Basilico, non a caso supervisore della fotografia nel film.
Cruciale nella messa in scena registica è l’attento uso dello spazio, della profondità di campo, degli oggetti e delle superfici, veri e propri ostacoli che materializzano le distanze tra i personaggi. Attraverso vetri, tende, stipiti, ringhiere e cancelli, la macchina da presa indaga da lontano nella vita di Claudia e di Olga, riuscendo però a mantenere uno sguardo empatico e affettuoso nei loro confonti. Il riferimento principale, forte e immediato, è sicuramente il cinema di Antonioni, ma a differenziare questo lavoro della Spada dall’ingombrante modello è proprio quel calore che per scelta il maestro emiliano non ha praticamente mai riservato ai suoi personaggi insensibili e spigolosi.
I radi e realistici dialoghi della sceneggiatura di Daniele Maggioni riescono perfettamente a descrivere le solitudini delle protagoniste. Ma in un film in cui le parole hanno davvero poco spazio, a dominare la narrazione sono i campi medi, lunghi e lunghissimi della regista, nei quali lo spettatore spia Olga che si meraviglia davanti alle vetrine di Armani per poi fiondarsi nei negozietti cinesi, e Claudia cercare l’amica tra lo squallore dei quartieri degradati. Proprio per questo risulta preziosissimo il contributo del delicato commento sonoro di Tommaso Leddi. Davvero notevole, infine, la performance naturale e sommessa di tutto il cast, con in testa la bravissima Anita Kavros, capace di lasciar trapelare perfettamente dai gesti e dall’espressioni la malinconia e la solitudine che il suo personaggio cerca di nascondere.
Il titolo del film è un verso tratto da una raccolta della poetessa Anna Akmatova, che Claudia legge per esercitarsi con il russo.
Regia: Marina Spada; sceneggiatura: Daniele Maggioni; fotografia: Sabina Bologna, Giorgio Carella; montaggio: Carlotta Cristani; musiche: Tommaso Leddi; scenografie: Margherita Corti; costumi: Simona Dardano; interpreti: Anita Kravos (Claudia), Paolo Pierobon (Boris), Karolina Dafne Porcari (Olga); produzione: Kairos; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia 2006; durata: 87’; web info: Sito Istituto Luce
