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Come un uragano

Pubblicato il 27 novembre 2008 da Lorenzo Vincenti


Come un uragano

“Mai titolo fu più attuale”. Potrebbe essere questo il commento appropriato per iniziare a parlare di un film arrivato nel nostro paese all’indomani di uno straordinario e disastroso periodo di maltempo. Se ci si aspetta però di vedere in Come un uragano un documentario naturalistico sulle recenti catastrofi meteorologiche che hanno colpito il nostro bel paese o si crede di vedere sullo schermo ancora pioggia e vento per l’intera durata del film allora si è molto lontani dalla realtà. Malgrado il titolo suoni infatti quanto meno minaccioso per una nazione ancora convalescente, è altresì consigliabile, riferendosi al film in questione, non giungere a conclusioni troppo affrettate. Come un uragano non è nient’altro che un titolo (oltretutto molto distante dalla versione originale Nights in Rodanthe) dietro il quale si nasconde un’opera di tutt’altro tipo, un’opera di puro sentimento, in vecchio stile, che racconta l’amore con delicatezza e passione senza digressioni o contaminazioni alcune. Siamo di fronte ad un film che si può definire non-originale, in ogni accezione che il termine concede. E’ non originale perché tratto da una delle tante opere neo-romantiche scritte dall’autore Nicholas Sparks. E’ non originale perché abusa dei clichè del dramma romantico cedendo sin troppo velocemente alle tentazioni della maniera. E’ non originale perché utilizza un canale iconografico ormai consolidato e riconoscibile, quello incarnato dalla fisicità inumana della coppia Gere-Lane (qui alla terza collaborazione insieme), per andare a richiamare un certo tipo di pubblico fidelizzato e condurlo nel classico sogno ad occhi aperti. Un sogno d’amore natalizio impacchettato e infiocchettato, per lui e/o per lei (più per lei forse?) al cui interno è possibile trovare le componenti più riconoscibili che un amante del genere possa desiderare: la già citata dimensione mitica dei due adoni sullo schermo, un paesaggio da cartolina con tanto di casa a pochi metri dalla riva dell’oceano, vino a volontà, musica di un certo tipo, tazze di caffè caldo, fino ad arrivare all’uragano. Metafora palese dell’innamoramento imminente che tutto travolge (compresi i residui di amori passati e mai risolti) e che rimescola dinamiche familiari ormai incancrenite.

Siamo nel North Carolina, ambientazione consueta dei romanzi di Sparks e luogo costantemente afflitto da uragani e tempeste. Rodanthe è la località in cui vive Adrienne (Diane Lane), donna grintosa con due figli da crescere, un ex-marito tornato prepotentemente alla carica e una condizione di confusione sentimentale a cui cerca di rimediare continuamente l’amica del cuore Jean (Viola Davis). Tutto avviene proprio quando quest’ultima decide di lasciare in gestione all’amica il suo hotel per alcuni giorni, giusto il tempo per Adrienne di vivere l’arrivo di un uragano a contatto con l’unico ospite atteso nel resort. Il fascinoso Paul (Richard Gere), un dottore in crisi partito da molto lontano e giunto sulla costa atlantica per un confronto risolutore con il marito di una paziente tragicamente morta durante un intervento chirurgico. Da questo momento il film si consuma molto rapidamente. Tra i due si instaura una sintonia esagerata, basata sulla condivisione delle paure, sulla fuga da queste e sulla ritrovata voglia di vivere la vita. La scintilla dell’amore scaturisce in loro tutta un serie di reazioni positive che porta entrambi a ritrovare l’equilibrio ormai perduto e a riconoscere finalmente il giusto percorso da seguire in maniera intima e personale. Tutto merito dell’atteso uragano che riduce gli spazi praticabili e unisce nel senso più puro del termine i corpi dei due protagonisti rendendoli improvvisamente più forti e sicuri. Ma l’arrivo dell’uragano coincide, oltre che con l’infatuazione, anche con un fastidioso intorpidimento narrativo che trascina la parte restante del film in una condizione di monotonia irreversibile. L’esordiente regista George C. Wolfe, nonostante dimostri in alcuni tratti di essere in buona fede, finisce per mettere in scena una rappresentazione del sentimento troppo approssimativa. Dal momento in cui lo spettatore percepisce la totale assenza di conflittualità e drammaticità che una relazione tra due adulti lascerebbe presupporre il film cede. Scade inevitabilmente trascinando con se anche i due attori protagonisti, da troppo tempo compromessi con questo tipo di ruoli. Anche loro, nutrendosi incessantemente della propria idealizzata presenza, contribuiscono ad una costruzione posticcia degli avvenimenti, rilasciando così una interpretazione sotto tono, troppo distante dalla realtà. Ma la frattura definitiva tra sala e schermo si consuma nel momento dell’epilogo drammatico. L’elemento ancora più grave infatti è che non basta nemmeno un finale dal tono aspro e tragico a rimettere in discussione il carattere melenso di un film ormai irrimediabilmente compromesso da un sentimentalismo strappalacrime. Manca l’elemento di novità, di rottura nel film di Wolfe. Quel carattere di anticonformismo che avrebbe concesso nuova linfa all’opera e le avrebbe permesso di scostarsi da una lunga serie di film del genere sinora realizzati e con i quali Come un uragano sembra destinato a perdersi nei meandri della storia del cinema.


CAST & CREDITS

(Nights in Rodanthe); Regia: George C. Wolfe; sceneggiatura: Ann Peacock, John Romano, dal romanzo di Nicholas Sparks; fotografia: Affonso Beato; montaggio: Brian A. Kates; musiche: Jeanine Tesori; scenografia: Patrizia von Brandenstein; costumi: Victoria Farrell; interpreti: Richard Gere, Diane Lane, Christopher Meloni, Viola Davis, Becky Ann Baker, Scott Glenn, Mae Whitman, Charlie Tahan; produzione: Warner Bros. Pictures; distribuzione: Warner Bros. Italia; origine: USA; durata: 97’; web info: Sito ufficiale


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