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“Il terzo incomodo”. Così è stato presentato, ormai da giorni, l’anti-panettone, ovvero il film italiano di Natale con qualche ambizione in più. La firma di D’Alatri, del resto, lasciava intravedere ben altre intenzioni rispetto al duo Parenti-Vanzina, meno interessati a far riflettere attraverso il sorriso. Del resto, l’ennesimo scandalo “Vallettopoli” aveva lanciato, neanche a farlo apposta, su un piatto d’argento l’uscita del film, che trova così ampio riscontro, nella sua tesi principale, nella cronaca di questi giorni.
Fin qui le premesse. Veniamo ora ai fatti concreti.
Una delle idee principali (e meno felici) consiste nell’aver caricato soprattutto sulle spalle dell’attore Bonolis il peso della pellicola: ma le sue spalle non sono larghe abbastanza e il film finisce con lo scivolargli via di dosso. Senza troppe sorprese, del resto: per lui è un debutto assoluto come attore.
La sua maschera, un mix di Sordi (soprattutto) e Totò, non regge al meglio l’impatto col grande schermo, mentre spopola in tv. Certo, D’Alatri non è uno sprovveduto, e una scelta così azzardata pare dettata da una precisa strategia del regista (anche co-sceneggiatore), che tenta di ripetere qui lo sdoganamento sul grande schermo riuscitogli già una volta con Fabio Volo (Casomai).
L’esperimento stavolta non riesce al meglio, poiché, mentre Volo è meno debitore rispetto ad un ruolo prefissato, il front-man ripropone il suo arcinoto personaggio televisivo di successo, quello con la battuta sempre facile (qui e là si intuisce un suo contributo effettivo al copione). Il guaio, per lui e per noi, è che esso reca con sé un retrogusto televisivo troppo marcato, perché lo si possa ignorare completamente. Il popolare conduttore è un uomo di indubbia, contagiosa simpatia: del resto non è un caso se i momenti più esilaranti del film sono i ciak tagliati dei titoli di coda, in cui vien fuori prepotentemente l’”arte di improvvisare del conduttore.
Egli però, non diviene mai qui personaggio a tutto tondo. La differenza tra la sua macchietta del politico fedifrago e, tanto per citare un esempio, il personaggio delineato dall’attore Rubini, è che questi risulta perfettamente credibile nei panni dell’autista “poveraccio”. Vale spendere una parola pure per la sempre brava Margherita Buy: la sua Dora è una moglie tenera e un po’ qualunquista che colpisce nel segno. L’attrice sa calarsi nei panni di un personaggio che sa di vero, una donna “normale”, con le sue meschinità e le sue scelte di comodo, che sappiamo esistere e comportarsi esattamente come lei. Ciò che avveniva anche per quegli sgradevoli, ma indimenticabili personaggi della grande commedia all’italiana dei maestri, tratteggiata dai quattro cavalieri della risata nostrani (Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi) in tanti film: non certo stinchi di santo, i loro, ma uomini capaci magari di risollevarsi con un unico, indelebile, gesto.
Non che ci sia bisogno, quasi per statuto, di un finale che redima. Anzi, a ripensarci, una delle cose che qui funzionano al meglio è proprio il “lieto fine” solo apparente. Mentre la famigliola ricomposta festeggia il capodanno insieme al carrozzone televisivo, D’Alatri ci consegna una riflessione tutt’altro che consolatoria. Vittime e complici finiscono sulla graticola, tutti ugualmente colpevoli: gli uni non potrebbero esistere senza gli altri. E si capisce perché un personaggio come lo strozzino di Sorrentino, in un tale panorama di meschinità, possa riuscire pure gradevole.
Insomma, il cinema italiano ci riprova, a raccontare la tv delle veline e la degenerazione indotta nell’immaginario della gente comune da un tipo di programmazione tanto demente. Sfila pure “Porta a Porta”, trasmissione che “cucina” insieme, ormai da anni, politica e show-business in un unico calderone. E che forse ha prodotto più danni, nel servire quasi ogni sera portate avariate, di altre trasmissioni più nel mirino. Chi ha visto il film, comprenderà meglio la metafora culinaria.
Regia: Alessandro D’Alatri; soggetto e sceneggiatura: Alessandro D’Alatri e Gennaro Nunziante; fotografia: Agostino Castiglioni; montaggio: Osvaldo Bargero; musiche: Riccardo Eberspacher; scenografia: Luigi Marchione; costumi: Gemma Mascagni; interpreti: Sergio Rubini (Mariano Di Virgilio), Paolo Bonolis (On. Massimo Bonfili), Margherita Buy (Dora Di Virgilio), Stefania Rocca (Pia Roncaldi), Elena Santarelli (Martina Brandi), Rocco Papaleo (Tony Muciaccia), Michele Placido (Salvatore Lisassi); produzione: Cattleya; distribuzione: 01; origine: Italia 2006; durata: 102’; web info: sito ufficiale
