Contraband

Le grandi major holliwoodiane hanno sempre manifestato una certa “disponibilità produttiva” nei confronti dei remake di pellicole europee; avendo infatti a disposizione una storia che ha già mostrato di funzionare al cinema, il lavoro da effettuare è più semplice e si riduce sostanzialmente in un’operazione di mero adattamento ai gusti del pubblico americano. Il problema è che non sempre c’è un David Fincher che, come è accaduto con Millennium, riesce a conferire al suo prodotto un’impronta registica ben caratterizzata, giungendo ad una vera e propria reinterpretazione dell’originale (Uomini che odiano le donne di Niels Arden Oplev). Il più delle volte, invece, il remake si traduce in una sorta di “copia e incolla”, condito da una maggiore spettacolarità visiva ma sostanzialmente impersonale e privo di originalità. E’ un po’ quello che accade con Contraband, rifacimento del film islandese Reykjavik-Rotterdam ed affidato alla regia di Baltasar Kormákur, islandese anch’egli ed attore nella pellicola capostipite: il tentativo di adattamento finisce infatti per trasformarsi in una piatta omologazione, con l’inevitabile conseguenza che la pellicola si presenta con gli anonimi caratteri di tanti action-thriller americani.
Chris Farraday (Mark Wahlberg) è un abile contrabbandiere che si è ritirato da tempo dal giro criminale per mettere su famiglia; accanto alla bella moglie Kate (Kate Beckinsale), ha anche iniziato a lavorare come installatore di antenne. L’idillio, però, viene spezzato dall’ingenuità del giovane fratello della moglie che contrae numerosi debiti con uno spietato boss criminale Tim Briggs (Giovanni Ribisi); tutto questo costringe Chris a tornare al suo vecchio sporco lavoro col solo obiettivo di trovare una via d’uscita dai guai familiari. Con l’aiuto del suo migliore amico Sebastian, mette insieme una squadra di contrabbandieri e si imbarca su una nave da carico diretta a Panama con l’intento di tornare con una valanga di dollari in banconote false. Ovviamente, non tutto filerà liscio …
Il principale intendimento di Kormàkur era evidentemente quello di conferire alla sua opera un respiro più “internazionale” rispetto all’originale islandese; il tentativo si è tuttavia ridotto, purtroppo, ad una mera enfatizzazione del tasso di spettacolarità, con abbondante ricorso a sparatorie, inseguimenti e colpi di scena vari. Il risultato è una regia piatta e senza sorprese, con poca attenzione alle atmosfere ed alla caratterizzazione dei personaggi, sacrificate sull’altare dell’azione a tutti i costi e del ritmo serrato. Senza introdurre particolari novità nell’ambito di un genere fortemente stereotipato, Contraband finisce così per fornire una diffusa impressione di “già visto”, mancando per di più di alimentare a sufficienza quel senso di attesa e di suspense che risulta essenziale anche in un cinema di puro intrattenimento.
L’anonimo scenario d’insieme viene almeno vivificato da alcune interpretazioni piuttosto ispirate, tra cui quella del protagonista, Mark Wahlberg, che riesce ad andare al di là della sua consueta fisicità, conferendo personalità ed umanità al suo personaggio di ruvido dal grande cuore; notevole poi la prova di Giovanni Ribisi che tratteggia con abilità e misura un “cattivo” da antologia. Ciò non basta tuttavia per risollevare le sorti di un film che pare adatto allo spettatore meno esigente, amante del genere ed ancora non sazio di azione adrenalinica.
(Contraband) Regia: Baltasar Kormákur; sceneggiatura: Aaron Guzikowski; fotografia: Barry Ackroyd; montaggio: Elísabet Ronaldsdóttir; musica: Clinton Shorter; scenografia: Tony Fanning; interpreti: Mark Wahlberg, Kate Beckinsale, Giovanni Ribisi, Ben Foster; produzione: Relativity Media, Working Title, Blueeyes, Leverage, Closest to the hole; distribuzione: Universal Pictures; origine: Usa; durata: 109’.
