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DEAR WENDY - PERCHE’ SI

Pubblicato il 13 settembre 2005 da Alessandro Izzi


DEAR WENDY - PERCHE' SI

Dear Wendy è un oggetto filmico sfuggente e problematico, una piccola provocazione che nasce all’insegna di uno spirito goliardico e con la precisa volontà di giocare con i cliché dei generi cinematografici frequentati, ma che si ammanta, in corso d’opera di tutta una serie di segnali via via più preoccupanti che rimandano tutti ad una situazione sociale e anche politica che non può lasciarci indifferenti. Se la forma, insomma, ci sospinge verso i lidi di un altissimo esercizio di stile giocato sull’ibridazione e la combinazione di elementi assolutamente eterogenei che vanno dall’assillante presenza della voce fuori campo tipica del più classico dei film letterari con gli esperimenti visivi di certo cinema contemporaneo, il contenuto viceversa ci indirizza verso una riflessione non di seconda mano sul problema della violenza della nostra società, sul sempre più evidente culto delle armi e sul paradosso assurdo della ricerca della pace (e dell’esportazione della democrazia) mediante l’utilizzo o la minaccia delle armi. I due piani del discorso, quello formale e quello contenutistico, sono posti in urto costante quasi a costituire due realtà tra loro eternamente inconciliabili e sempre pronte a fondare le basi di un fecondo urto dialettico. Se c’è una cosa che piace e colpisce di Dear Wendy questa è proprio l’incertezza che lascia in noi spettatori, l’ambiguità fastidiosa di cui si sostanzia e che ci impedisce di dire con certezza cosa sia esattamente il film nella sua totalità, quale sia il suo scopo, quale il suo significato, quale la sua importanza nel panorama della cinematografia contemporanea. La pellicola di Vinterberg, infatti, a seconda del punto di vista con cui la si vuole guardare e delle categorie critiche che impieghiamo per sezionarla può apparire tanto come un monito appassionato sulla situazione politica attuale realizzato secondo le convenzioni di uno straniamento di stampo brechtiano, quanto come un puro e semplice gioco da parte di un regista e di uno sceneggiatore di genio (Lars Von Trier che, come di consueto, tiranneggia il suo regista con una serie di condizioni da rispettare per la messa in scena del copione) che concepiscono il cinema come una pura macchina ludica, con cui giocare indefinitamente in barba ai temi trattati. O, ancora, seguendo un dettato più spiccatamente psicologico, si può leggere il film come una sorta di teen movie rovesciato che rivitalizzando un immaginario tipicamente adolescenziale con una serie di argute trovate visive, affronta il tema della difficoltà della definizione della propria sessualità che si invera nella figura delle pistole al tempo stesso simboli fallici e proiezioni di realtà femminili tangibili e personificate. Insomma il film è un vero e proprio poliedro che, seguendo indefinitamente una serie di piste tra loro anche apertamente antitetiche finisce, quasi, per dire e negare al tempo stesso tutto e il contrario di tutto. E in questa sua posizione provocatoria ci mette di fronte, con sguardo impietoso, alla nostra posizione ambigua e borghesemente legata alle facili risposte e ai comodi ideali sui quali costruiamo le nostre incertezze. Perché si può essere borghesi sia rifugiandosi nei mali del consumismo più sfrenato sia sventagliando con convinzione le bandiere della pace. E forse l’unica risposta possibile a quel male della nostra società che è l’abitudine a prendere posizione sta proprio nella provocazione di un gioco, in un film che si rifiuta di offrire risposte e ci lascia, alla fine di una sparatoria palesemente troppo assurda per risultare credibile, con un proverbiale pugno di mosche. E al critico, incaricato di recensire il film, non resta che rifugiarsi nell’ottima prova degli attori (su tutti un Jamie Bell che sembra aver dimenticato del tutto il suo Billy Elliot) o in sterili composizioni sulla storia di Dogma ’95 e su come questo film non rispetti quasi nessuna delle regole di quell’ormai antico decalogo di poco più di dieci anni fa.

Cast and credits

(Dear Wendy); Regia: Thomas Vinterber; sceneggiatura: Lars Von Trier; fotografia: Anthony Dod Mantle; montaggio: Mikkel E. G. Nielsen; musica: Benjamin Wallfisch; interpreti: Jamie Bell, Bill Pullman, Michael Angarano, Danso Gordon produzione: Lucky Punch, Nimbus Film ApS, Zentropa Entertainments; distribuzione: Eagle Pictures

[Settembre 2005]

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