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Deep water

Pubblicato il 6 novembre 2008 da Valentina Casadei


Deep water

"Full of water": questa è la, se volete anche piuttosto elementare, espressione che Donald Crowhurst usava per definire l’Oceano nei suoi diari di bordo. Espressione chiave nella sua semplicità per capire i complessi stati d’animo di un uomo che per settimane e settimane visse sospeso tra l’infinito andare e venire delle onde, laddove l’unica cosa che si dà allo sguardo è la distesa sconfinata dell’Oceano e del cielo che si uniscono come fossero una cosa sola. Tutto è "pieno d’acqua" allora, tutto azzurro, tutto infinito.
L’uomo e l’infinito dunque: questi i protagonisti di Deep water documentario di produzione british, così come british sono le origini della storia. Tra le interviste, quelle degli esperti e quelle più accorate di amici e familiari. e le ricche immagini di repertorio; tra la nebbiosa Inghilterra e il rabbioso mare; tra la terra e il cielo, passando attraverso vari toni di bianco e nero e colori, Louise Osmond e Jerry Rothwell, i due giovani registi, ci guidano ricostruendo con semplice abilità- e sensibilità- la storia-mistero dell’inventore Donald Crowhurst che un bel giorno partì e non fece più ritorno. _ Era il 1967 quando a Francis Chichester, primo uomo nella storia, passò per la mente di farsi un giretto solo solo per il globo senza (quasi) mai metter piede a terra, dalla partenza all’arrivo, con la sua piccola barca a vela. Sir.Chichester ci riuscì- e per questo fu fatto Sir- e a qualcuno venne in mente di ripetere la sua mitica spedizione: nacque così il Sunday Times Golden Globe Race, prima competizione al mondo a prevedere un giro del mondo a solo senza scalo. Così nove prodi condottieri si decisero a ripetere l’impresa di Chichester ma solo uno vi riuscì: Robin Knox-Johnson, anch’egli futuro Sir. Tra i nove concorrenti Crowhurst, a "weekend sailer", non aveva molte possibilità di farcela: dalla sua c’era solo una grande astuzia e inventiva. Forse troppa astuzia: i giorni passavano e il divario tra lui e i concorrenti ancora in gara il divario era netto, troppo. Crowhurst si fermò incapacitato a continuare e usò l’unica carta che gli resto: si inventò finti informazioni e posizioni da comunicare via radio, si fece inerprete di una fallace rimonta, protagonista di dati che toglievano il raspiro agli inglesi e che facevano salire la speranza. Lui non si mosse mai dall’Atlantico, rimase fermo ad aspettare, fece perdere le sue tracce e un bel giorno ricomparì: poteva vincere ora, poteva vincere la strabiliante- per l’epoca- somma di 5.000 £. Si tirò indietro, quando tutti attendevano il suo ritorno: circa 100.000 persone attendevano il loro eroe, ma tutto era finto, tutto era un’invenzione.
La sua barca fu ritrovata nei Caraibi, nessuno a bordo: che fine aveva fatto Crowhurst?
La follia, dicono, si sia impadronita di lui: il suicidio rimane l’ipotesi più probabile. Una storia avvincente, una storia che ha ispirato scrittori e artisti vari, si pensi ad espempio a Tacita Dean e al suo Disappearence of the sea: ma cosa aggiunge questo documentario ai tanti numerosi documenti-monumenti sull’affascinante figura di Crowhurst, per alcuni mitica icona dei lupi di mare per altri semplice furfante divorato dalla sue manie di gloria?
Non informazioni- i diari di bordo di Crowhurst, con le loro oscure parole di morte e affascinanti teorie mistiche, erano noti da tempo e il libro Lo strano viaggio di Donald Crowhurst che le analizza è da anni un discusso best-seller- né nuove teorie. Allora cosa? Non vorremmo essere sentimentali, ma è più forte di noi: è la poesia, la poesia l’arma in più di questo- altrimenti semplice- documentario.
E’ una poesia dosata sapientemente quella che emerge, ad esempio, dalle parole della vedova Crowhurst ,ora e allora ( quando speranza e paura si confondevano nei suoi occhi): la voce trema ancora, giusto un poco, mentre parla e rabbia e tristezza si affacciano nei suoi discorsi. Il melodramma è lì, dietro l’angolo: ma non si fa in tempo ad accedervi che, prontamente, l’azione si impadronisce del tessuto narrativo. Sapiente è questo montaggio che gioca- aiutato da una colonna sonora a tratti divertente a tratti angosciante- ora con la sensibile rimembranza, ora con il ritmo sferzante della ricostruzione storica, ora con la cupa angoscia evocata dalle parole e dai filmati che Crowhurst produsse da solo nel suo "esilio", in qualche modo fozato, sul trimarano Teignmouth Electron. La capacità di sfruttare tutti gli stimoli che simile storia produce, rende "Deep water" una profonda e carica riflessione che trascende il caso specifico e invade campi di indagine profondi in noi tutti: l’indugiare , spesso, su immagini del mare agitato, che tendenzialmente può essere una scelta oziosa, produce qui un effetto di angoscia, che ricollega il pubblico a quel matto e bugiardo inglese sullo schermo e lo fa sentire più vicino nel suo modo, forse malato, di vivere la sua esperienza col mare. Dicevamo in incipit che è questa una storia sull’uomo e l’infinito: quell’infinito incomprensibile e tremendo nella sua immensità che Crowhurst e gli altri navigatori hanno sperimentato in prima persona: intelligentemente l’esperienza negativa di Crowhurst, che nella solitudine delle acque ha perso se stesso, è accostata a quella del francese Motissier, altro "sailer" della competizione, che a poche settimane da casa fece retrofront e si lasciò trasportare ancora una volta nell’ Oceano, in una sorta di fuga verso la libertà. Motissier vide un sublime amico nell’Oceano, e ritrovò l’essenza della sua vita, Crowhurst la perse. Come a dire che forse la coppia uomo-natura non sia sempre da intendersi leopardianamente come uomo vs.natura. Forse Crowhust si perse lungo la strada, andando incontro alla de-mentia. Forse questa de-mentia è davvero, uscita dai propri schemi, limiti e allora, forse, Crowhurst divenne davvero a "secon human being" come egli amava definirsi. Forse. Forse tutto ciò è davvero troppo per un semplice bugiardo. Sicuramente è ora una leggenda e un mistero consegnato alla "profondità delle acque".


CAST & CREDITS

(Deep water); Regia: Louise Osmond, Jerry Rothwell; fotografia: David Katznelson; montaggio: Ben Lester; musica: Harry Escott, Molly Nyman; scenografia: Jane Linz Robert; costumi: Christer Melén; interpreti: Tilda Swinton (voce narrante); produzione: APT Films, Stir Fried Production in collaborazione con Darlow Smithson Productions; distribuzione: Pathe Pictures International; origine: Gran Bretagna, 2006 ; durata: 90’


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