Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma

Lo “Spielberg d’oriente” Tsui Hark, dopo aver diretto oltre trenta film (tra i quali Bruce Lee dalla Cina con furore, Once upon a time in China, Legend of Zu e Seven Swords) e prodotto più di quindici lungometraggi (impossibile non citare The killer di John Woo), realizza con Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma un progetto che coltiva da oltre vent’anni. Ambientato nella magica e avanguardista Cina del 689 d.C. il film mette in scena un impero apparentemente prospero grazie all’illuminata dinastia Tang. Dopo la morte per avvelenamento del marito, la controversa regina Wu (prima e ultima donna alla guida della Cina) attende l’incoronazione come imperatrice, la quale avrà luogo alla conclusione dei lavori di costruzione dell’immensa statua di Buddha che fronteggia l’abitazione imperiale. Tuttavia il clan reale non ammette che una donna, per di più sospettata di essere l’assassina dell’imperatore, salga al potere. La situazione è aggravata da una serie di misteriosi e inquietanti casi di autocombustione ai danni dei funzionari imperiali, e, data l’ostilità generale, sembra impossibile risalire ad un responsabile. Prende così piede il terrore che una maledizione si stia abbattendo sulla casa regnante, inducendo gli operai all’idea di abbandonare i lavori per completare la statua del Buddha, ritardando così l’incoronazione. Preoccupata dallo svolgersi degli eventi, la futura imperatrice fa convocare il detective Dee, che lei stessa aveva precedentemente condannato alla prigionia e ai lavori forzati in quanto cospiratore contro la sua ascesa. L’uomo, pur non nutrendo sentimenti di stima per Wu, accetta di indagare, smascherare il colpevole e porre fine alle superstizioni.
L’ambiguità, alla quale solo Dee sfugge (pur servendosene), è il tema chiave del film. Tra esteriorità e interiorità vi sono discrepanze insondabili che rendono decadente la magnificenza ostentata da un impero la cui solidità si basa sulla risolutezza con la quale ogni forma di dissenso è messa a tacere. L’immensa statua del Buddha è l’emblema di questo impero e della sua ipocrisia: allo splendore della facciata, corrisponde un macchinoso e intricato ingranaggio interno che a sua volta nasconde un magma incandescente sempre pronto a riversarsi all’esterno e a distruggere ogni egoistica ambizione imperiale. Tutti i personaggi occultano la loro vera identità (sino a perdersi) dietro una o più maschere. Lo stesso Dee, nella sua prima apparizione, si finge cieco, per poi rivelarsi l’unico ad essere in grado di vedere oltre l’intrigo e il sotterfugio. La sua capacità di osservazione non passa dagli occhi (dei quali può fare a meno) e per questo coglie l’interiorità dei tanti attori che lo circondano, interiorità che questi hanno smarrito dietro il vizio della finzione. L’inganno è un gioco pericoloso, al quale talvolta bisogna piegarsi, non per vendetta, non per ambizione, ma solo per sopravvivere alle circostanze (come fa lo stesso Dee), e dal quale non bisogna lasciarsi affascinare sino alla cecità.
Il terzo film dell’avventura distributiva della Tuker di Udine è una scelta coraggiosa. Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma è un lungometraggio complesso che unisce fantasy, cappa e spada, parabola politica e giallo all’ambientazione orientale, collocata temporalmente nel settimo secolo dopo Cristo e affidata ad una messa in scena modernista. «Va bene il kung fu, ma il mio mito è Fellini» afferma Tsui Hark in relazione questo film, nel quale, effettivamente, la spettacolarità (pur presente) dei numerosi combattimenti è posta in secondo piano rispetto al gusto quasi circense del travestimento e della trasfigurazione magica. Come un prestigiatore il regista si avvale di un formalismo elegante ed elaborato che rischia però di sembrare freddo e poco coinvolgente.
(Di Renjie); Regia: Tsui Hark; sceneggiatura: Zhang Jialu; fotografia: Chan Chi Ying, Chan Chor Keung; montaggio: Yau Chi Wai, Xiao Yang; musica: Peter Kam; Coreografie scene d’azione: Samno Hung;interpreti: Andy Lau (detective Dee); Carina Lau (imperatrice Wu), Li Bingbing (Shangguan Jing’er), Tony Leung Ka Fai (Shatuo Zhong), Deng Chao (Pei Donglai); Richard Ng (Donkey Wang trasfigurato); Yao Lu (Generale Li Xiao); Liu Jinshan (Xue Yong); produzione: Film Worksop co.ltd, Huayi brothers media corporation; distribuzione: Huayi brothers media corporation, Tucker film; origine: Cina, Hong Kong, 2011; durata: 122’
