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Diciottanni - Il mondo ai miei piedi

Pubblicato il 29 aprile 2011 da Alessandro Izzi
VOTO:


Diciottanni - Il mondo ai miei piedi

Il low budget certe volte è una benedizione. L’autore ha meno mezzi, ma più stimoli ad inventare, a costruire, a mediare tra la propria visione dell’opera e quello che obiettivamente resta impresso sulla pellicola.
Il regista low budget dovrebbe avere sempre tutti e due gli occhi nel mirino della macchina da presa e nessuno nel suo sogno di una cosa, dovrebbe sempre sporcarsi le mani con la resistenza intrinseca della materia, dovrebbe eroicamente scolpire il suo film portando alla luce quel poco che il mondo gli dà e non quel tanto che avrebbe voluto. Il regista low budget dovrebbe cercare il suo film laddove chi dispone di grosse cifre può limitarsi, sul lavoro degli altri, a dipingerlo.
Pochi soldi dovrebbero agire come una siepe leopardiana: dove c’è l’ostacolo deve agire il sentimento e quel che si vede deve essere un dito puntato verso quel che non di vede.
Bresson direbbe che il low budget per un regista è un dono prima che una maledizione. Direbbe che è una leva con la quale si potrebbe, se si ha abbastanza genio, sollevare il mondo.
Per Diciottanni - Il mondo ai miei piedi (titolo goffo, in verità), il low budget è stato un incidente. La regista, Elisabetta Rocchetti, avesse potuto, avrebbe fatto il suo film con molti più soldi. Ma i produttori non le hanno creduto. Hanno visto la storia un po’ antimocciana di un giovane scapestrato e randagio che passa la sua vita saltando da un letto all’altro senza un perché e si sono spaventati. A posteriori possiamo dire che forse a far loro paura non sia stato tanto l’idea del molto sesso e della mancanza di valori, né la mancanza di un finale consolatorio che, alla fine, c’è ed è anche troppo. No, probabilmente a spaventarli è stata la mancanza di garanzie in un cinema tutto uguale che già pensava, parliamo di qualche anno fa quando il film era solo progetto, alla commedia.
Incassati tanti no, Diciottanni - Il mondo ai miei piedi ha imboccato la strada dell’autoproduzione e si è accontentato di poco: qualche buon attore, due locations risicate tra cui una scuola che in fondo è più vera di tante altre viste al cinema e qualche bravo maestrante a far quadrare i conti dell’immagine.
Ma, si ha l’impressione, il film che sognava la regista non è saputo scendere a patti con la povertà della confezione. La siepe leopardiana, lungi dal portarsi appresso morte stagioni e la presente e viva, è rimasta ostacolo alla fantasia disoccupata.
Ci sono scene, in Diciottanni – Il mondo ai miei piedi di cui non capisci troppo bene i perché. Ci sono ad esempio i ragazzi che tornano a casa da scuola e la macchina da presa che li inquadra dallo stipite della porta, schiacciandoli al pavimento su un corridoio di colpo più importante di quanto si vorrebbe. Ti chiedi il perché di questa visione dall’alto, ma poi ti arrendi all’idea che forse la macchina stava lì perché non entrava, in fondo, da nessun’altra parte.
Ci sono i campi e i controcampi dei brevi dialoghi di un film più di corpo che di parole (con somma buona pace di una professoressa di italiano che col ragazzino ci va a letto senza troppo scandalo) ed hai l’impressione che siano il compromesso ad uno sguardo più complesso che è rimasto solo sulla carta.
E sulla carta devono essere rimaste altre cose, oltre lo sguardo. Devono essere rimasti i dolori di un ragazzo, il protagonista del film, che vive praticamente solo, senza i genitori morti troppo presto. Deve essere rimasto anche il vuoto di valori di un mondo in cui tra i sessi sono rimaste le macerie di una guerra combattuta anni orsono, con le donne tutte insoddisfatte, dolorose e tristi e gli uomini che, se non son ragazzi che almeno li perdoni per l’età, sono carogne senza se e senza ma. Devono essere rimasti sulla carta anche i perché dei personaggi e lo sfondo che ne avrebbe dovuto ospitare la disperata tragedia.
Con tutto questo sulla carta, alla pellicola resta poco oltre alle intenzioni (lodevolissime). Resta l’idea di un film sui ragazzi e sul loro mondo sempre più svilito ed avvilito. Resta l’immagine di un mondo senza bussola. Ma resta anche il pressapochismo di un’idea al fondo manichea che vede tutto nero e, quando il bianco arriva, non convince del tutto.
La regista questo film l’ha sognato tanto e dispiace dover dire che, in fondo, l’è venuto male. Dispiace perché si indovina sincerità dietro il suo sguardo e dietro le sue immagini.
Ma quel che le si rimprovera non è di aver avuto pochi mezzi. Non stiamo dicendo che con qualche soldo in più il film le sarebbe venuto su meglio. Il vero delitto di Diciottanni – Il mondo ai miei piedi è di non essere riuscito a trasformare il suo limite nella sua virtù.


CAST & CREDITS

(Id.); Regia e sceneggiatura: Elisabetta Rocchetti; fotografia: Raoul Torresi; montaggio: Barbara De Mori, Alessandro Guariento; musica: M-Feel; interpreti: Marco Rulli (Ludovico), Elisabetta Rocchetti (Giulia), Alessia Barela (Silvia) Rosa Pianeta (Luisa), G-Max (Zio Sandro), Nina Torresi (Martina), Monica Cervini (Debora), Marco Iannitello; produzione: Elisabetta Rocchetti, Officine UBU; origine: Italia, 2011; durata: 94’


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