Dieci inverni

Nonostante se ne dicano tante, ogni stagione il cinema italiano ci riserva belle sorprese. A volte rimangono invisibili al grande pubblico, a volte muoiono schiacciate da una distribuzione che predilige sempre gli stessi film, altre ancora riescono a farsi strada con il passaparola. E’ quest’ultimo il destino che auguriamo a Dieci inverni, convincente esordio alla regia di Valerio Mieli. Dopo aver aperto la sezione Controcampo Italiano all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il film esce nelle sale nel periodo natalizio occupando una posizione di outsider nel mercato cinematografico delle feste ed offrendo un’alternativa d’autore, garbata e raffinata ai cinepanettoni e ai vari kolossal americani.
Originale nello spunto, girato con delicatezza ed interpretato con intensità dai due protagonisti Michele Riondino ed Isabella Ragonese, Dieci inverni è un film che scorre leggero sullo schermo, che avvolge lo spettatore in un’atmosfera sentimentale dolce e soffice come la neve che spesso domina la scenografia. Il freddo delle stagioni invernali raccontate da Mieli trova il suo contraltare nelle vere e calde emozioni dei personaggi, che vivono una storia d’amore strozzata dalla timidezza, dagli eventi imprevisti, dalle coincidenze, dalle sorprese (non sempre belle) della vita. Con un racconto ellittico e reiterativo che però non stanca mai, il regista costruisce un’intelaiatura narrativa che, nonostante a metà opera sembri piegarsi su se stessa perdendo un po’ della creatività iniziale, tiene costantemente alta l’attenzione e regala in ogni capitolo colpi di scena inaspettati.
Il gioco delle lunghe ellissi temporali funziona proprio in questa direzione: raccontare dieci anni esclusivamente attraverso dieci stagioni rappresenta un espediente narrativo che consente all’autore di spiazzare con costante frequenza il pubblico, mostrando in ogni singolo inverno il risultato dell’evoluzione di un anno di cui praticamente non conosciamo nulla. Dieci inverni fa forza sulle ellissi temporali, sul non visto, sul non detto, sul non raccontato, sul fuori campo. E’ questo meccanismo narrativo ad impreziosire l’opera, a renderla fresca, spensierata, originale, ingenua come ogni buona opera prima. Ma non solo. La poesia e la magia del film risiedono anche nella lontananza da quel cinema italiano ‘giovanilista’ degli ultimi tempi, iperbolico, urlato, dai sentimenti vuoti. Mieli infatti punta proprio sull’amore, sulle emozioni, sugli affetti; e lo fa sottovoce, senza mai esagerare le situazioni, regalandoci una realtà verosimile che, sulle note di Vinicio Capossela, acquista il sapore di una favola d’altri tempi.
A dominare la scena, poi, ci sono Riondino e la Ragonese, due attori straordinari, forse i migliori della loro generazione. Non ruberanno le copertine a De Sica e alla Hunzicker, ma sicuramente, se il film riuscirà a ritagliarsi il suo pubblico, sarà anche grazie alle loro splendide interpretazioni.
(Dieci inverni) Regia: Valerio Mieli; soggetto: Valerio Mieli; sceneggiatura: Valerio Mieli, Davide Lantieri, Isabella Aguilar; fotografia: Marco Onorato; montaggio: Luigi Mearelli; musica: Francesco De Luca, Alessandro Forti; interpreti: Isabella Ragonese (Camilla), Michele Riondino (Silvestro), Glen Balckhall (Simone), Sergei Zhigunov (Fjodor); produzione: CSC Production con Rai Cinema, United Film Company Ltd.; distribuzione: Bolero Film; origine: Italia, Russia; durata: 99’.
