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Disaster movie

Pubblicato il 13 ottobre 2008 da Alessandro Izzi
VOTO:


Disaster movie

Sarebbe facile prendere Disater movie e chiuderlo nella pratica definizione di “pessimo film”. Soprattutto sarebbe veloce ed apparentemente indolore perché ci risparmierebbe la fatica di dover pensare, di dover riflettere, di dover cercare di capire. L’ennesimo film citazione (il gemello ugualmente ignobile del più italico film panettone) si pone, infatti, nei confronti del critico che deve recensirlo come quel cerotto che va tirato via dopo che la ferita si è rimarginata: meglio farlo in un colpo solo piuttosto che procrastinare il dolore dello strappo con inutili esitazioni.
Meglio, quindi, abbandonando la suggestiva metafora e tornando nella più pregnante realtà del critico che, per mestiere, un pezzo lo deve comunque scrivere, andare a ripescare la recensione dello scorso anno (e dello scorso film) perché tanto il principio che informa la messa in scena e l’organizzazione della sceneggiatura resta invariato nel tempo e, quindi, quanto scritto per i film precedenti non può non valere anche per questo. Anzi, meglio ancora non andarlo neanche a vedere questo film ignobile e “tira sbadigli”. Si risparmia il viaggio fino al cinema, magari sotto la pioggia e si passa quell’ora e venti che ti avrebbe preso la proiezione in occupazioni più proficue. Tanto per chi è di mestiere non deve essere poi tanto difficile scrivere un pezzo alla cieca, cercando magari solo nel trailer, quel poco che può esserci di nuovo.
Fatto sta che questo atteggiamento, segno di una certa pigrizia mentale, non fa davvero i conti con la realtà. E la realtà è che scrivere oggi le stesse cose che si erano scritte per il primo Scary movie comporterebbe un errore di valutazione davvero madornale non perché Disaster movie sia un film migliore, peggiore o anche semplicemente diverso dai suoi prototipi, ma perché, rispetto alla data di uscita del primo film della premiata ditta dei Friedberg-Seltzer-Wayans, i cambiamenti della società sono stati a loro modo epocali. Se il testo non è cambiato di una virgola (l’articolazione delle gag, la forte preponderanza di un umorismo escatologico imperniato sul basso corporeo e sul sesso, specie se politicamente scorretto ecc.) è invece il contesto ad aver subito cambiamenti la cui portata era difficilmente ipotizzabile fino a qualche anno fa. E poiché il contesto è mutato e sono del pari cambiate anche le aspettative del pubblico, non può non essere cambiata anche la percezione estetica che noi abbiamo del prodotto finale.
Quando uscì il primo Scary movie, ad esempio, Youtube non era ancora pronto a diventare quel fenomeno di massa che oggi è diventato. Lavorare su di un film parodia significava a quel tempo (e sembrano passati secoli!) lavorare direttamente sul tessuto dell’immaginario filmico. Le citazioni e gli omaggi si muovevano sulla superficie di una sorta di home made movie che conservava comunque una certa ansia di cinema. Era come se gli autori tendessero a nobilitare quella pratica molto diffusa tra i ragazzi di girare parodie dei film amati per il puro divertimento di fare immagini. Bastava una videocamera, un po’ d’ingegno e si poteva tranquillamente giocare coi film costruendo scenette che non avevano alcuna pretesa narrativa, erano solo un gioco che si teneva in casa, da esibire per il sollazzo di quegli amici di cui non si teme il giudizio. I fratelli Wayans presero questa pratica e la gonfiarono sul grande schermo. Fecero un filmetto amatoriale e gli diedero la patente della grande distribuzione e di un budget di una certa consistenza. I film parodia di neanche una decina d’anni fa erano appunto movies (come lo stesso titolo recitava) esercitazioni intessute all’interno di un genere di riferimento (l’horror prevalentemente, ma non solo) con una forte voglia di grande schermo.
Oggi come oggi, però, la pratica degli home made movies si è staccata dal supporto VHS cui era confinata ancora qualche tempo fa e si è fatta virtuale carico della rete. Oggi chi fa una parodia non se la tiene più per sé, la mette sulla rete. Molti fans addirittura, improvvisano trailers dei film ancora in lavorazione per celebrare i loro miti (molti addirittura ben fatti come quelli del prossimo Dragonball). Youtube è pieno di montaggi originali ed irriverenti di film del passato e del presente. Doppiaggi nei più svariati dialetti si sprecano. Ed alcuni fanno ridere molto. Disaster movie, quindi, nasce in questo contesto. Non è più, come il primo Scary movie, una pecora nera sorta dalla costola del ben più denso Scream. È un appuntamento annuale, puntuale come una cambiale, che, ad ogni anno che passa, risulta sempre più fuori posto. Te lo guardi, seduto in sala, e ti chiedi come mai non sia su Internet. Perché è questo, volenti o nolenti, il posto che assegniamo anche un po’ inconsapevolmente a questo genere di film. Ti sorprende anzi il pensiero che la noia che provi a vederlo in sala non dipenda proprio da questo, che, forse, sullo schermo di un PC ti scorrerebbe meglio, non ti infastidirebbe coi suoi soprassalti narrativi.
Ed è a questo punto che ci si accorge che forse non è vero che Disaster movie sia così identico ai suoi predecessori. Perché a vederlo ti sembra che un po’ si sia adattato allo spirito dei tempi. È più veloce, le citazioni meno furbe e più onnivore (ci sono anche High school musical e Juno), il filo narrativo che dovrebbe far da collante più esile ed accidentale.
Un pensiero sorprendente, in fondo, quanto l’idea ad esso connessa che forse vederlo non è del tutto una perdita di tempo. Non solo perché le scene più gustose il trailer non è che te le faccia capire bene (il balletto dei ragazzi di High school musical farcito di quelle allusioni sessuali che il film della Disney ti tace con odiosa ipocrisia contrappuntato dalla sguardo giudicante di Juno: due sguardi sull’adolescenza entrambi a modo loro falsi, ci dicono gli autori). Ma perché alla fine, nel suo voler sopravvivere a se stessi, nel loro voler stare ancora in sala quando l’audiovisivo sta ormai prendendo altre strade, questo film ti si riempie di nostalgia per un periodo ormai passato. Come per le monosale che si rifiutano di chiudere i battenti dinnanzi all’avanzare dei multiplex. Residui tutti d’un vecchio modo di fare e far vedere i film.


CAST & CREDITS

(Disaster movie); Regia e sceneggiatura: Aaron Seltzer, Jason Friedberg; fotografia: Shawn Maurer; montaggio: Peck Prior; musica: Christopher Lennertz; interpreti: Matt Lanter (Will), Vanessa Minnillo (Amy), Carmen Electra (Angelina Jolie di "Wanted"/Wrestler), G. Thang (Calvin), Nicole Parker (Principessa Giselle/Amy Winehouse/Jessica Simpson), Crista Flanagan (Juno/Hannah Montana), Kimberly Kardashian (Lisa), Ike Barinholtz (Wolf/Javier Bardem/Daniel Plainview/Poliziotto/Hellboy/Batman/Beowulf), Tony Cox (Indiana Jones), Tad Hilgenbrinck (Principe azzurro); produzione: Grosvenor Park Media; distribuzione: Eagle; origine: USA, 2008; durata: 90’


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