Dora oder die sexuellen Neurosen unserer Eltern - Panorama
Di Lukas Bärfuss (nato in Svizzera nel 1971) Einaudi ha pubblicato un romanzo quattro anni fa, intitolato Cento giorni. Ma l’attività principale di Bärfuss, quella per la quale è noto anche al di fuori dei paesi di lingua tedesca, è quella di scrittore per il teatro, si contano ad oggi quasi venti pièce; in Italia, se non andiamo errati, nessuna compagnia l’hai mai messo in scena. Da una delle sue più famose pièce, risalente al 2003, intitolata Le nevrosi sessuali dei nostri genitori, è stato tratto il film presentato oggi nella sezione Panorama. L’aggiunta: “Dora, ovvero”, non può non far venire in mente un’altra Dora famosa, quella che nel 1905 fu al centro dei uno più celebri casi clinici di Sigmund Freud, con la diagnosi di isteria. Qui, fin dal titolo, non si tratta di isteria ma di nevrosi, e il paziente non è Dora ma sono o sarebbero i genitori. Sarebbero, perché in realtà la questione affrontata nel film è ben più complicata.
Dora, che ha esattamente diciotto anni come la paziente di Freud, è una ragazza colpita da un grave ritardo mentale, tenuto a bada nel corso degli anni da un potente cocktail di farmaci. Quando il medico, su suggerimento della madre, decide di sospendere la terapia, i freni inibitori di Dora si allentano. E soprattutto si allentano quelli relativi alla sfera sessuale, fin qui una dimensione a lei del tutto sconosciuta. Il rapporto eziologico, quasi automatico, fra sospensione dei farmaci e risveglio dei sensi è una premessa un po’ meccanica da cui parte il plot del dramma e poi del film. Ma tant’è. Dora mette gli occhi addosso a un bel giovanotto e lo insegue per fargli dono di una melagrana – e si sa bene, da Proserpina in avanti, che quando ci sono di mezzo le melagrane sono guai. Il giovanotto non si stupisce nemmeno troppo delle - alla fine ingenue e inconsapevoli - avance di questa ragazza, il cui ritardo mentale risulta peraltro immediatamente manifesto. E, senza farselo dire due volte, la violenta nel bagno della metropolitana, a voler essere precisi: alla fermata di Alexanderplatz. Dopodiché entrano in scena i genitori di cui al titolo che vorrebbero denunciare la violenza, vorrebbero acquisire un controllo sulle pulsioni e sugli incontri della ragazza (a un certo momento le mettono anche al polso un rilevatore satellitare per scoprire dove va) – mentre invece la situazione è completamente e definitivamente uscita di controllo. Dora inizia una relazione solo sessuale con l’uomo che l’ha violentata e che – lo scopriremo ben presto – l’ha anche messa incinta. Ne deriva tutta una serie di strazianti decisioni da affrontare, in un crescendo di disperazione in cui soprattutto la madre è posta a confronto con i propri desideri, le proprie angosce e inadeguatezze. Il film, seppur qua e là forse un po’ televisivo, pone interrogativi esistenziali di straordinaria portata sul diritto all’autodeterminazione delle persone diversamente abili.
La regista - come il drammaturgo - di origine svizzera si chiama Stina Werenfels ed è al suo secondo lungometraggio (il primo, nove anni fa, era già passato a Berlino). È una regia, la sua, piuttosto varia che riesce sapientemente a dissimulare l’origine teatrale del plot, affidandosi ad attori molto bravi fra i quali spicca Victoria Schulz, la giovane attrice non disabile che interpreta in modo straordinario la disabile, Jenny Schily che interpreta la madre e – buon ultimo – Lars Eidinger, lo stesso attore che nel film di Laura Bispuri interpreta il guardiano della piscina. Star dei palcoscenici berlinesi, Eidinger è uno straordinario attore teatrale, ma le sue interpretazioni al cinema non erano mai state troppo convincenti; in questo film, nella parte di cinico e perverso uomo privo di scrupoli, balordo elegantissimo, è semplicemente perfetto. Ciò che inoltre rende il film vivace e poco teatrale sono le molte sequenze riprese, con camera a mano e camera car, in giro per Berlino. Un film molto dignitoso.
(Dora oder die sexuellen Neurosen unserer Eltern); Regia: Stina Werenfels; sceneggiatura: Stina Werenfels, Boris Treyer; montaggio: Jann Anderegg; interpreti: Victoria Schulz (Dora); Jenny Schily (Kristin); Lars Eidinger (Peter); Urs Jucker (Felix); produzione: Dschoint Ventschr Filmproduktion – Zürich; origine: Germania-Svizzera, 2015; durata: 90’.