DVD - 5 bambini e it

Segue l’onda lunga di Le cronache di Narnia questo film uscito in Italia a luglio e presto dirottato sul mercato dell’home-video e lanciato, non casualmente, come film da tipico noleggio natalizio (la vendita è prevista per gennaio).
Non solo perchè, come l’opera di Adamson, 5 bambini e it si lega alle logiche elementari del fantasy per bambini, ma anche perché, almeno fino ad un certo punto, sia a livello strettamente narrativo che per precise scelte visive, ricalca da vicino i passi del suo modello inverando, nello spettatore casalingo, una fastidiosa impressione di deja vu.
All’inizio della Guerra, per timore dei bombardamenti, ma anche e soprattutto perché il papà è costretto a compiere servizio militare come pilota di aerei e la mamma ha deciso di partire volontaria come crocerossina, un gruppo di cinque fratellini viene mandato in una più sicura casa di campagna da uno zio tanto buffo quanto improbabile (a dargli volto è un irriconoscibile Kenneth Branagh lontanissimo dai suoi fasti shakespeariani). Qui, dopo un iniziale periodo di spaesamento e le relative difficoltà ad adattarsi ad un ambiente nuove con regole per lo più incomprensibili, i cinque avranno modo di scoprire, all’interno di un non meglio precisato mobile della serra, la strada segreta per un mondo incantato abitato da un buffo elfo di nome Adelfo in grado di avverare ogni possibile desiderio che gli venga espresso.
Naturalmente, come in ogni favola che si rispetti, non mancano le controindicazioni: Adelfo, per quanto potente, è, infatti, in grado di realizzare un solo desiderio al giorno e solo fino al tramonto del sole.
Bisogna, però, stare molto attenti ai desideri che si esprimono (siamo pur sempre dalle parti della fiaba edificante da cui deve trasparire una precisa morale ad uso delle platee di pargoli festanti) perché Adelfo, oltre ad avere un senso dell’umorismo tipicamente british, tende spesso a rispettare un po’ troppo alla lettera ciò che gli viene chiesto con risultati decisamente buffi.
La consapevolezza cui si giunge alla fine, dopo alcuni spassosi insegnamenti debitamente impartiti da un elfo che è saggio più di quanto non sembri a prima vista, è che non esiste magia al mondo in grado di riuscire a donare serenità e pace alle persone e che i desideri che durano appena lo spazio di un giorno sono destinati a lasciare ancor più insoddisfatte e dolenti le persone che hanno avuto la fortuna di poterli esprimere.
Tutto può andar bene, infatti, finché si resta dalle parti del gioco dei bambini, ma molte cose cambiano quando ad essere in gioco sono le vite dei propri cari messe in serio pericolo dagli esiti di una guerra tanto lontana da una magione vittoriana immersa nella campagna inglese eppure così incredibilmente vicina.
Come in Le cronache di Narnia, quindi, il punto di partenza narrativo, ma anche la molla che ingenera la logica dell’intreccio e la poesia della situazione sta tutta nel terrore della Guerra e nella fuga dagli orrori della Storia.
I bambini protagonisti della pellicola sono, quindi, in cerca di un rifugio, di un luogo franco che possa permettere loro di non dover vedere troppo da vicino i crimini di cui sono capaci di macchiarsi gli adulti. Ma nessun luogo riesce ad essere abbastanza lontano e la fantasia che all’inizio può essere una possibile via di fuga dall’orrore, poi finisce necessariamente per ritornare a quell’orrore metabolizzandolo (nel migliore dei casi) o cercando una dolorosa rimozione (nel peggiore).
Tutti i grandi capolavori fantastici muovono su questo circuito doloroso che va dalla fuga alla consapevolezza e dalla fanciullezza al mondo adulto secondo le logiche di un racconto di formazione complesso e stratificato. Era così ne Le cronache di Narnia, ma era così anche ne Il Signore degli anelli che, in quanto romanzo nato nel desiderio di esorcizzare la paura del secondo conflitto mondiale, si invera come fuga in un mondo alternativo obbligato ad un’altra guerra più sanguinaria eppure più comprensibile di quella che ha luogo nel mondo vero.
E’ per questi motivi che tanto ne Le cronache, quanto in 5 bambini e it finisce per avere valore essenziale la prima scena della partenza in treno. Il treno, come veicolo fantastico in una tradizione che passa per Polar express fino ad arrivare ai romanzi e ai film di Harry Potter ha una fascinazione tutta particolare che riesce ad unire, nel fascino del vecchio sbuffo di vapore, le logiche della tecnonologia a quelle del mondo fiabesco. Si tratta di un vero e proprio ponte ideale tra mondo reale e mondo fantastico (e questa funzione gli viene restituita proprio nel ciclo di romanzi dedicati alla figura del maghetto partorito dalla penna della Rowling), un trait d’union con l’infanzia e con quei bambini che hanno sempre aspettato, sotto l’albero, di poter scartare il pacco contenente la classica motrice di un treno e qualche binario di plastica a far da pista ai sogni.
Basti fare un rapido confronto sulle panoramiche aeree che accompagnano il viaggio dei treni di Harry Potter, di Narnia e di 5 bambini e it per rendersi conto di quanto sia radicata questa piccola metafora del fantastico di matrice anglosassone.
Peccato, allora, che dopo aver pagato i suoi debiti palesi ad una tradizione complessa e dopo aver dichiarato a piene lettere la sua dimensione derivativa dal film di Adamson, il film in questione cominci a perdere la bussola per costruirsi in una serie di episodi isolati che non riescono a restituire il senso di una reale progressione drammatica.
Limitato dalle ambizioni del budget, incapace di sfruttare fino in fondo le possibilità della computer grafica e relegato ad una funzione illustrativa ripetto alle pagine di Edith Nesbit (autrice da cui la pellicola è tratta), il film tracolla rapidamente dietro il peso delle sue poche ambizioni perdendosi dietro ad un racconto troppo infantile per piacere agli adulti e troppo poco mosso per tenere salda l’attenzione dei più piccoli.
E mentre il cast di volti noti (Kenneth Branagh, ma anche Freddie Highmore) spreca la propria occasione con prove decisamente sotto tono e alle giovani promesse (Jonathan Bailey) che bisogna rivolgersi per avere un po’ più di professionalità.
La qualità audio-video
Il dvd della Medusa di cui stiamo parlando si avvale di una discreta operazione di riversamento che si giova anche di tutti i vantaggi che si hanno quando si parte da un master molto giovane.
Nonostante la pulizia del quadro e la mancanza di seri problemi nella riproduzione del disco, si ravvisa, però, una generale freddezza dei colori e un non perfetto bilanciamento tra figure in primo piano e sfondo che, pur non pregiudicando il piacere della visione, non permettono al prodotto di aspirare davvero all’eccellenza.
Meglio le cose vanno per quel che riguarda il suono con due traccie multicanale (italiano e originale inglese) entrambe abbastanza spaziate e pulite. Tra le due resta cosnigliabile quella originale.
Extra
Apparentemente enorme (a giudicare dall’indice), in realtà abbastanza scarso il pacchetto degli extra per questa edizione dvd del film: in realtà il tutto si riduce ad un lungo ed elaborato making of diviso in vari capitoli (ciascun capitolo è poi spacciato come un extra autonomo) e ai consueti trailers e schede (cast tecnico e cast artistico).
Ad ogni modo il making of è interessante e scorre via con una certa facilità.
[Dicembre 2006]
(Five children and it); Regia: John Stephenson; interpreti: Kenneth Branagh, Tara Fitzgerald, Freddie Highmore, Alex Jennings, Jonathan Bailey, Jessica Claridge; distribuzione DVD: Medusa
formato video: 1.85:1; audio: Dolby digital 5.1 (Italiano e Inglese); sottotitoli: Italiano.
Extra: 1) Making of diviso in a) Introduzione b) I bambini c) Il padre d) La madre e) Lo zio Albert f) Martha g) Eddie l’elfo h) La creazione di Adelfo i) In laboratorio l) I bambini volano! m) Il trucco dello zio Albert 2) Trailer italiano 3) Cast tecnico 4) Cast artistico
