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DVD - 6 gendarmi in fuga

Pubblicato il 24 febbraio 2008 da Alessandro Izzi


DVD - 6 gendarmi in fuga

Il gendarme? È tutta l’umanità! In fondo, si lustrano sempre le scarpe dei superiori ma ci si pulisce le mani sugli inferiori!

Così Louis De Funès spiegava il senso di quello che resta il suo personaggio più celebre: il gendarme, appunto.
Immortalato in un ciclo di ben sei pellicole (6 gendarmi in fuga è, di fatto, il quarto, forse il più stanco nella ripetizione obbligata di una formula sempre uguale) il gendarme si presta ad essere, nella logica del grande comico francese, una metafora incontrovertibile dell’essere umano, una definizione grottesca, con stilettate spesso intinte nella tragedia del mal di vivere, delle nostre meschinità e delle nostre piccolezze di tutte i giorni.
Una maschera, a dirla tutta, che rivendica la possibilità carnevalesca di essere per qualche breve momento al di sopra della legge stessa e delle convenzioni borghesi. Non è un caso, da questo punto di vista, che 6 gendarmi in fuga inizi proprio con la svestizione delle maschere, col momento temuto da tutti i protagonisti della pensione, quando i sei compagni di avventure (siamo a Saint Tropez dove avventure fa rima con bagni in spiagge di nudisti, sole e tanto glamour bonariamente preso in giro) sono costretti, per sopraggiunti limiti d’età, ad appendere al chiodo la divisa e a prendere in mano una vita (e un costume) da stanco borghese di mezza età.
Il problema della divisa/costume è la vera ossessione dell’intera pellicola, un tormentone che passa per tutte le possibili variazioni sul tema perché è proprio su di essa (e non solo sulle incombenze del lavoro) che i vari personaggi fondano il riconoscimento della propria stessa identità e della propria ragion d’essere. Tant’è che uno di loro, smessa la divisa, perde addirittura la memoria (o, perlomeno, come scopriremo poi, finge di perderla) e non riesce più a ricordare il suo stesso nome o il volto dei suoi amici.
L’intero film è, quindi, il racconto del recupero di una funzione e di una posizione sociale legata al possesso e all’esibizione di un “costume”. Non importa quanto sia illegale il porto d’uniforme per un gendarme ormai pensionato, non importa a quali rischi può condurre il fingersi in servizio, quello che conta è la sicurezza identitaria che essa non può recare con sé. E lo dimostrerebbe anche troppo la scena dal grande respiro liberatorio (dopo le prime gag tutte molto meccaniche) in cui i personaggi, indossata la divisa, si impegnano a snellire rapidamente un ingorgo di traffico formatosi sotto i loro occhi. Un gioco di fischietti e gesti perentori, di esclamazioni e smorfie dal candore fanciullesco che colpisce proprio per l’estrema libertà del gesto attoriale coadiuvata, all’interno di un film per il resto piuttosto rigido, da un montaggio ed una fotografia incredibilmente frizzanti.
Più tardi sarà l’urto comico tra la maschera dei gendarmi e quella socialmente più nuova (il film è datato 1970) dei “figli dei fiori” (evoluzione dei nudisti da spiaggia) ad avviare un piccolo crescendo di situazioni comiche il cui centro resta sempre la necessità di esteriorizzare la propria interiorità in un costume che sappia “dirci” agli altri. Anche se, bisogna ammetterlo, il gioco di scambio delle identità si fa, in questo episodio, più di superficie e meno pregnante.
6 gendarmi in fuga resta un prodotto estremamente godibile ancora oggi a tanti anni dalla sua prima uscita. È il perfetto esponente di un modo gentile di intendere il comico, in cui la volgarità gratuita trovo poco spazio e conta prima di tutto il lavoro dell’attore. Per quanto meno riuscito di altre pellicole, il film è un documento importante dell’arte di De Funès fondata su un intenso lavoro sulla mimica facciale, un’attenzione estrema ai suoni inarticolati (grugniti, sospiri, esclamazioni sono, spesso, molto più importanti del dialogo stesso) ed un lavoro sul corpo che parte dalla contraddizione feconda tra il suo fisico minuto ed incontrovertibilmente borghese ed un’estrema fluidità dei movimenti.
Ma, tanto per dimostrare ancora una volta come i tempi cambino, non possiamo non sottolineare come il linguaggio del film possa sembrarci incredibilmente elitario ora che ci siamo definitivamente assuefatti ai cinepanettoni natalizi.

La qualità audio-video

Piuttosto curato il riversamento su supporto digitale del film. Benché la fotografia sembri, per lo più, un po’ troppo piatta e la tavolozza cromatica impiegata paia eccessivamente slavata, non da meno non si può non rimarcare il fatto che sembrano quasi del tutto assenti segni di compressione. Il lavoro deve certo essere stato agevolato oltre che da un master di partenza che, benché datato doveva essere incredibilmente pulito, anche dalla qualità generale di una pellicola girata “in pieno sole” e senza scene particolarmente resistenti alla digitalizzazione.
Anche il suono è generalmente pulito nelle sue due codifiche bifoniche. Caldamente consigliato l’originale francese per chi ha una profonda conoscenza della lingua perché il doppiaggio italiano (e il conseguente sottotitolaggio) mostra in pieno i segni della sua età.

Extra

Il trailer del film. Gustoso documento d’epoca, ma niente più che il minimo sindacale per una proposta editoriale da cui era lecito aspettarsi qualcosa di più.


(Le gendarme en balade); Regia: Jean Girault; interpreti: Louis de Funès, Jean Lefebvre, Guy Grosso, Michel Modo, Nicole Vervil; distribuzione DVD: MedusaHE
formato video: 1.85:1; audio: italiano e francese Dolby digital 2.0; sottotitoli: italiano

Extra: 1) Trailer originale


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