DVD - A forza di essere vento

Nel mare magnum delle tante proposte dvd per le commemorazioni della Giornata della Memoria, A forza di essere vento - Lo sterminio nazista degli zingari merita davvero una segnalazione tutta particolare.
E non solo perchè apre la strada per una discussione su uno degli aspetti ancora rimossi da quasi tutta la storiografia che si è occupata dei campi di tortura e di morte del regime nazista, ma anche e soprattuto perché, nel raccontare gli abomini di un passato ancora bruciante, getta una luce impietosa anche sull’oggi dimostrando lucidamente come poco, da sessant’anni a questa parte, siano cambiate le cose per gli zingari.
Anzi forse l’aspetto più innovativo e conturbante di tutta la proposta editoriale sta proprio nel corto circuito che si viene a creare, man mano che il disco scorre sotto i nostri occhi, tra il racconto orale delle terribili scene di deportazione degli zingari e le immagini dell’oggi che le accompagnano e sostengono. Suoni e immagini finiscono, così, per determinare, nello spettatore, una sorta di ’contrappunto didattico’ in cui il passato della parola e del racconto finisce per illuminare di luce sinistra la realtà visibile e tangibile di un presente non poi tanto diverso. In questo modo l’occhio fenomenologico della videocamera sembra sempre cercare, nel presente dei campi rom fatti coi cumuli di spazzatura delle nostre "civili" città, i segni tangibili di un passato che continua a riemergere, tragicamente nell’oggi più di quanto ci piacerebbe credere.
Di qui la sottile e persistente vena polemica di cui sono imbevuti i brevi contributi di quest’ottimo doppio dvd. Di qui le domande che aleggiano irrisolte a chiederci conto dei nostri persistenti pregiudizi su una realtà, quella zingaresca, che non conosciamo per davvero e che, quindi, non possiamo non continuare a temere. Perché pochi di noi possono dire, rispondendo a Moni Ovadia, di avere un amico zingaro e tutti noi continuiamo a raccontare ai nostri bambini, quando è l’ora di spaventarli per farli ubbidire, che se non tornano subito a casa poi arrivano i rom a rapirli e a portarli lontano, chissà dove.
Il merito dei documentari, comunque, non è solo quello di obbligarci a guardarci allo specchio scoprendo nei nostri atteggiamenti la stessa molla che muoveva i teorici nazisti dello sterminio finale, ma anche quello di riportare alla luce i dettagli di una storia che rischiava di restare taciuta per sempre sia perchè la cultura zingara è legata al solo racconto orale e, quindi, non accetta di prendere forma in un qualsiasi tipo di documento scritto, sia perché gli stessi zingari sono molto restii a raccontare l’orrore della propria esperienza di deportazione (’Meglio lasciare in pace i morti’ ripetono i vecchi testimoni dell’orrore).
Dello sterminio di Rom e Sinti (Porrajmos è la parola rom corrispondente all’ebraico Shoah) sappiamo, in effetti relativamente poco. Sappiamo, ad esempio, che all’interno di Auschwitz era presente uno Zigeunerlager con baracche destinate esclusivamente agli zingari. Sappiamo anche che, cosa quasi incredibile, i componenenti dei singoli nuclei familiari non venivano separati all’ingresso del campo (come di norma avveniva agli altri deportati con la sola esclusione dei gruppi che giungevano dal campo di Theresienstadt), e che quindi non accadeva mai che i figli venissero separati dai genitori o le mogli dai mariti. Immaginavamo anche che questa strana creazione di un piccolo campo autonomo all’interno del più grande campo di sterminio dipendeva principalmente dal fatto che gli zingari erano invisi anche dagli altri deporati e che nessuno, sano di mente, avrebbe accetato di dividere il proprio luogo di morte con uno di loro.
Abimonio custodito dentro un altro abomino, la storia della deportazione degli zingari era trapelata, sin qui, prevalentemente da fonti indirette: dai racconti dei sopravvissuti delle altre etnie che ricordavano come le voci dei bambini rom arrivassero ogni tanto a far dimenticare le fatiche e i patimenti della vita nel campo oppure come sia stato eroico il tentativo di resistenza degli zingari alla liquidazione dello Zigeunerlager (uno dei rarissimi tentativi di opporsi alla volontà nazista da parte dei deportati).
Ora, invece, grazie al lavoro in presa diretta delle videocamere, la voce zingara trova finalmente il suo spazio di espressione obbligandoci a fare i conti con i nostri fantasmi più terribili.
La qualità audio-video
Non ci si aspetti, acquistando questa pregevole edizione dvd, di trovarsi di fronte ad un certosino lavoro di riversamento. Ogni cosa è stata fatta nel migliore dei modi sulla base di mezzi abbastanza limitati.
Il video non sempre nitido (spesso il problema è nelle condizioni di ripresa) resta, comunque, abbastanza pulito e qualche difetto di compressione qui e lì non pregiudica di troppo il risultato complessivo.
Anche l’audio non sempre è chiaro, ma il problema sta spesso nella presa diretta.
Extra
Il doppio dvd presenta sette brevi documentari che potrebbero essere considerati in egual misura extra. Diciamo, allora, che il solo extra resta l’interessantissimo e curato booklet allegato ai dischi che merita senz’altro più di una lettura.
(A forza di essere vento); Indice dei contributi: 1) Hai mai avuto un amico zingaro? 2) Zigeunerlager 3) Porrajomos 4) Hugo: intervista al sinto tedesco torturato da Mengele 5) Senza confini, senza barriere (canzoni zingare cantate da Moni Ovadia 6) Un rom italiano ad Auschwitz 7) Porrajomos: lettura e spettacolo; distribuzione DVD: Editrice A
formato video: 1.33:1 (4/3); audio: italiano dolby digital 2.0.
Extra: 1) Booklet con testi di Giovanna Boursier, Paolo Finzi, Gloria Arbib, Giorgio Bezzetti, Maurizio Pagani e Paolo Poce
