DVD - Baywatch (Stagione uno)

Spiagge assolate. Donne in bikini. Uomini con bicipiti scolpiti. Acqua e sudore. Storie d’amore e di ordinario eroismo.
Sono questi gli ingredienti di base del successo planetario di Baywatch, mitica serie televisiva che ha battuto tutti i record di ascolto della storia del formato (entrando addirittura nel Guinnes dei primati come serie televisiva più vista al mondo), imponendosi in breve tempo come prodotto di consumo dal target incredibilmente ampio e differenziato.
In realtà a monte (strano a dirsi per un prodotto che non si sposta dalle rive delle spiagge) c’era un’idea di Greg Bonann (un vero guardiaspiaggia) abbastanza diversa: raccontare le avventure dei baywather nella loro quotidianità, senza troppa enfasi e con un pizzico di nostalgia. Il sesso, l’intrallazzo amoroso, l’esibizione calendaristica dei corpi erano accessori ad un’idea che voleva, prima di tutto, porre l’attenzione su quelle persone, costume rosso e fido salvagente sotto braccio, che rendono le spiagge sicure e i mari privi di grossi pericoli. Il punto di partenza non era, quindi, la grande avventura (che pure non manca), ma un susseguirsi di storie che ruotavano tutte intorno alle torrette dei guardaspiaggia andando a coprire un’ampia gamma di casi umani e professionali. Il salvataggio eroico della sposa caduta dalla barca proprio durante il viaggio di nozze senza che nessuno se ne accorga (accade di fatto in una puntata) si sposava, quindi, coi piccoli accidenti della ragazza presa da un’insolazione o della sbucciatura del ragazzo caduto mentre lanciava il freesbee o del bambino che aveva perso la madre nella calca dei bagnanti.
Chiaramente, sin da principio l’idea non era documentaristica, ma televisiva. I vari eventi dovevano, quindi, iscriversi all’interno di una struttura forte, capace di reggere alla lunghezza di circa un’ora prevista dal target senza che vi fossero cedimenti alla noia o alla ripetitività di situazioni già viste. La scelta degli autori si mosse, quindi, sul versante della storia composita che bene si adattava alla ricerca di un impianto corale che, pur riconoscendo un protagonista unico forte e carismatico (qual’era David Hasselhoff), desse ugual spazio e dignità a tutta una serie di comprimari ben caratterizzati a livello psicologico e con qualche possibilità di crescita personale.
Il modello trionfante di questo principio di composizione della struttura narrativa prevedeva, quindi, la giustapposizione di tre o quattro segmenti narrativi tra loro autonomi e spesso quasi staccati. Di questi uno solo si sviluppava in piena coerenza divenendo, per questo, la linea narrativa guida dell’episodio (ed era, poi, quella che giustificava il titolo dello stesso). Gli altri fungevano più spesso da alleggerimento e contorno pur mantenendo una certa autonomia che non lo relegava alla mera funzione di siparietto puro e semplice. Gli episodi che mantengono una più precisa autonomia ed una maggiore chiarezza rappresentativa sono quelli che si affidano a due linee narrative isolate, ma non mancano casi in cui gli episodi collaterali tendono ad essere una variazione l’uno dell’altro. Accade, ad esempio in L’uragano (undicesimo episodio della prima stagione) in cui al segmento principale che vede i bagnini bloccati da una tempesta e fatti ostaggio da due criminali, si aggiungono due segmenti staccati che raccontano, invece, di due coppiette che imparano a conoscersi mentre fuori si scatenano gli elementi (nello specifico Eddie e Shaunie, da una parte, e il piccolo Hobie ed una fidanzatina, dall’altra). I due eventi, del tutto autonomi, sono, in effetti, due piccole love story che vanno ad alleggerire il tono thriller dell’intera puntata.
Potente il lavoro sui generi in questa prima stagione ancora indecisa sul modello di pubblico al quale rivolgersi. Ogni episodio rappresenta la sperimentazione su un preciso codice linguistico che passa dal dramma familiare (le puntate sul divorzio di Mitch e il problema dell’affidamento di Hobie) al giallo (con tanto di scoperta di un assassino, ad esempio, negli episodi sette e dieci), dalla commedia grottesca (episodio sei) all’avventura per ragazzi (episodio cinque). Solo per citarne alcuni.
In risposta a questo modello quasi schizofrenico di definizione delle varie puntate si definisce, però, un principio unificante immediatamente riconoscibile, una sorta di brand uniforme che non si limita a mantenere inalterati ambientazioni e personaggi, ma che coinvolge l’organizzazione stessa dell’arcata narrativa. Ogni puntata, quindi, si conforma ad un modello in cui la storia viene portata avanti seguendo le regole di un preciso modello lineare, ma viene spezzata sempre (o quasi) da almeno due brevi segmenti non narrativi o seminarrativi in cui nulla succede o si ripete quello che è già successo secondo un modello che è tipico del videoclip (oltretutto motivato dall’ingresso in colonna sonora di una canzone che arriva spesso a coprire del tutto anche i rumori d’ambiente). Questi inserti canori (per quanto sia riduttiva la definizione) assolvono varie funzioni. Intanto spezzano la progressione narrativa attivando piccole oasi di contrasto (ed è per questo motivo che sono più spesso associate alle storie di contorno che non al segmento narrativo principale). Poi si prestano a spingere lo spettatore verso le possibile interruzioni pubblicitarie. Infine riportano al centro del discorso lo sfondo, l’ambientazione che ospita il racconto, la spiaggia, insomma.
Il risultato della prima stagione, così altalenante e sperimentale, non persuase i produttori circa la possibilità di proseguire sulla stessa strada. I vari episodi, per lo più obbligati a locations esterne e con un certo dispendio di mezzi, si rivelavano, infatti, alquanto costosi e non offrivano garanzie di sufficiente rientro. Col tirarsi indietro della rete televisiva furono proprio Greg Bonann e David Hasselhoff a prendere le redini della produzione spingendo, però, il tutto sul pedale della storia familiare che domina incontrastata la struttura della seconda stagione.
Pamela Anderson arriverà solo alla terza stagione, quando il successo planetario del prodotto divenne tale da permettere anche il ricorso ad abbondanti guest stars di richiamo.
La qualità audio-video
Piuttosto buono il lavoro di composizione dei sei dischi che compongono questo elegante cofanetto prodotto dalla Koch Media.
Il formato rimane, chiaramente, quello televisivo del 4/3, con schermo pieno. Qualche problema lo danno i colori, che paiono spesso piuttosto slavati per via, presumibilmente, di una certa sovraesposizione della fotografia originale. Scarsi i neri che non sembrano mai particolarmente profondi, mentre il quadro mantiene una piattezza sorprendente, ma comprensibile viste le condizioni di luce e l’uso abbastanza continuo del teleobiettivo.
Discreto l’audio che sfodera due tracce in Dolby digital 2.0 (italiano e inglese)
Extra
L’episodio pilota è, di fatto, un inedito. Tutti gli appassionati dovrebbero fiondarsi su questa edizioni limitata anche solo per questo.
Trovano, comunque, spazio, all’interno della confezione due simpatiche cartoline della serie (di quelle che volendo si potrebbe anche spedire) ed un booklet di quaranta pagine abbastanza ricco di informazioni e fotografie. Vi brillano un breve saggio di Italo Moscati su Pamela Anderson (che, però, lo ripetiamo, non compare in nessuno degli episodi qui presentati) ed un intrigante saggetto di Dafne Foderà che tenta la perigliosa strada della televisione che racconta il mare da Baywatch a Lost. Il tutto a cura della redazione di Filmaker’s magazine.
(Baywatch); Regia: A.A. V.V.; interpreti: David Hasselhoff, Parker Stevenson, Shawn Weathery, Billy Warlock; distribuzione dvd: Koch Media.
formato video: 1.33:1; audio: Italiano e inglese dolby digital 2.0; sottotitoli: italiano.
Extra: Cofanetto da sei dischi: 1) Serie Limitata da collezione 2) Cartoline della serie 3) Booklet di 40 pagine a cura della redazione di Filmaker’s magazine
