DVD: Billo, il Grand Dakhaar

Billo, il Grand Dakhaar è un film cucito su misura.
Difficile, infatti, che i capi prodotti in serie abbiano una circonferenza torace così ampia e una statura così ridotta.
L’ampiezza della prima deriva, almeno in parte, dalle ambizioni che lo muovono: costruire uno spaccato di ordinaria immigrazione tenendosi equamente distanti sia dal melodramma che dalla commedia tout court. Il respiro (ché sempre di cassa torica si parla) è, quindi, quello della fiaba gentile, del racconto pacato che sorvola il dramma pur contemplandolo dall’alto.
Di Billo ci si racconta, quindi, il candore delicato del migrante che lascia casa in cerca di fortuna e che si scontra con una realtà aliena e ben diversa da quel sogno di una cosa accarezzato durante la traversata che resta nelle ellissi del racconto.
Alle spalle, nei flash-back, ci sta una terra colorata e vivace, in cui anche la povertà ha il vestito della dignità e del decoro. Nel presente il mondo è, invece, quello della periferia romana. Una realtà spenta smorta, per lo più notturna ed attraversata da netturbini intenti a ripulire una sporcizia che torna sempre malgrado tutto.
Il film racconta il Senegal (la terra d’origine) con la nettezza allegra del bozzetto che coglie tutto in pochi tratti simpatici ed immediatamente riconoscibili. Ci si vede dentro una frequentazione con certo cinema africano imparentata, però, ad un certo non so che di televisivo che semplifica i contrasti ed annulla molte ombre. Per converso l’Italia vive nello stacco brusco di un’ironia più corrosiva che perde in umanità quel che guadagna in critica sociale coi suoi poliziotti un po’ bastardi e senza storia e con gli avvocati imparentati agli azzeccagarbugli manzoniani.
Spalle larghe, si diceva, che derivano certo da questa doppia anima che muove il racconto, da questa volontà di starsene nel personaggio raccontandocene il passato ed il bisogno di futuro con un occhio in Africa e l’altro a Roma. L’Italia la vediamo, così, attraverso lo sguardo di Billo che osserva e poco capisce l’indifferenza con cui è guardato quando sale sull’autobus e la difficoltà che incontra nel trovare il lavoro dei suoi sogni: la sartoria e il mondo della moda.
Ma se il bozzetto è dolce nella parte senegalese, risulta, invece, spurio nella parte italiana dove le cose son dette senza che prendano spessore. L’incapacità di giudicare propria del personaggio diventa così la nostra e se ci fa piacere vedere come Billo sia sfiorato dall’illegalità pur riuscendo a non caderci dentro, dall’altro lato ci spiace che quel mondo di sfruttamento dell’immigrazione clandestina non si faccia materia di compianto e di denuncia.
Di qui l’eccezionale mancanza di altezza di un film con spalle tanto larghe. Perché il film è piacevole nel mettere sul piatto argomenti difficili come integrazione, bigamia, rapporti misti. Ma poi gli argomenti restano, per l’appunto sul piatto, senza diventar portate di un discorso che ci metta in faccia le nostre responsabilità dello stato delle cose. Un antipasto senza che ci sia poi, in conseguenza, un pasto.
E l’ansia di raccontare una storia vera (e il protagonista interpreta se stesso) inciampa nell’inconcluso a tutti i costi.
Non è l’aria televisiva a dispiacere. Sulle stesse basi, in fondo, avrebbe operato anche un Fassbinder. Ma la televisione dovrebbe fornire un linguaggio e non uno sguardo. Qui, invece, specie quando si parla italiano, si ha l’impressione che tutto cada nell’esemplificazione. E il solo atto di coraggio che ci resta è che il melodramma sia stato evitato. Forse un p’ poco.
La qualità audio-video
Pur se pulito il quadro si rivela qualche volta un poco carente con pesanti quadrettature dell’immagine che, fortunatamente sporadiche, sono, però, anche abbastanza macroscopiche. La visione si mantiene, comunque, su livelli più che accettabili con un bel lavoro sui colori.
Discreto l’audio bifonico. Più che bastante per un film come questo che non lavora di effetti, ma, nel complesso, un po’ troppo piatto.
Extra
Il backstage è carino e restituisce non pochi spunti di riflessione soprattutto sulla peculiarità produttiva di questo film che è nato sul sistema dei coproducers.
Shooting in Senegal, da parte sua, contiene bei momenti di ripresa.
L’intervista a Youssou n’Dour dura appena cinque minuti (e di questi almeno uno era già nel backstage), e contiene meno di quello che avremmo sperato.
Chiude il pacchetto il trailer.
(Billo, il Grand Dakhaar); Regia: Laura Muscardin; interpreti: Thierno Thiam, Susy Laude, Marco Bonini, Paolo Gasparini, Paul n’Dour; distribuzione dvd: DNA.
formato video: 4:3 - 1.85:1 Latterbox; audio: Italiano 2.0; sottotitoli: italiano e inglese
Extra: 1) Backstage 2) Shooting in Senegal 3) Intervista a Youssou n’Dour 4) Trailer
