DVD - GHOST IN THE SHELL - DELUXE EDITION

Pietra miliare nella storia evolutiva del genere d’animazione, Ghost in the Shell ha permeato del suo personalissimo immaginario distopico larga parte della produzione fantascientifica recente. Svariati cloni hanno attinto a piene mani dal vero e proprio patrimonio di idee profuso dal film di Mamoru Oshii (da Alien Resurrection a eXistenZ passando per Matrix, una delle pellicole che ha saccheggiato maggiormente, anche se in maniera dichiarata, l’epigone-anime).
E’ con una sorta di timore reverenziale che ci si accosta a quest’oggetto prezioso, il dvd contenente all’interno del suo guscio cerato una pellicola di culto, che annovera tra i suoi più ferventi estimatori un regista come James Cameron. Il titolo avvolto dal mistero è uno dei pochissimi a suonare familiari anche al pubblico dei non addetti ai lavori e a vedere riconosciuto il suo diritto di cittadinanza fra le grandi produzioni fantascientifiche tout-court (non solo animate).
Ghost in the Shell è contemporaneamente una delle più compiute e perfette trasposizioni della letteratura cyberpunk al grande schermo e anche questo è un dato su cui meditare, dal momento che il soggetto proviene direttamente dal manga di Shirow Masamune, piuttosto che da un acclamato romanzo. Il cartone animato si emancipa definitivamente dalle tradizionali mansioni di baby-sitting e diviene del tutto adulto. Ora ogni cosa è concessa: dal nudo integrale al turpiloquio, oltre naturalmente a dosi massicce di violenza.
Le animazioni d’avanguardia si devono al glorioso studio Production I.G, lo stesso che ha curato la realizzazione dell’anime in Kill Bill Vol. 1.
L’immaginario risulta in parte vicino agli straordinari Anni ’20 e verrà ripreso di lì a poco anche da Metropolis, ottimo lungometraggio tratto dall’opera del maestro Tezuka (che è anche un omaggio esplicito al capolavoro langhiano), ma soprattutto attraverso la caratterizzazione della protagonista Motoko, esteriormente simile alla Lulu di Pabst, della quale sfoggia un simile affascinante caschetto nero, anche se per la sua intima natura ricorda piuttosto il personaggio di Ellen Ripley nella tetralogia di Alien.
Certo, bisogna ammettere che la qualità visionaria di GITS è però mutuata soprattutto dall’imprescindibile Blade Runner, “riesumato” attraverso la riproposizione della stessa sensazione di cupio dissolvi che aleggia su tutta l’opera e della proliferazione di oggetti che saturano l’immagine (dai cavi elettrici ai manifesti dai colori sgargianti, qui al posto dei maxischermi).
Ghost in the Shell si apre, secondo uno stilema classico nel cinema fantascientifico, con una scritta che ha la funzione di immettere lo spettatore nel particolare scenario immaginato per lui. Qui il testo recita: “2029: Le reti della Grandi Corporazioni hanno raggiunto le stelle. Nonostante questo, il concetto di nazione o di gruppo etnico non è ancora stato superato”. Quanto ci sia di profetico nelle summenzionate parole è la bruciante e strettissima attualità a confermarcelo, purtroppo. Eppure ciò non desta meraviglia se si pensa a come la science-fiction abbia da sempre, prospettando le sue ipotesi futuribili, svolto in controluce un discorso spesso assai critico nei confronti del presente. Per dirla con Carpenter: “La fantascienza è uno specchio, solo che lo proiettiamo nel futuro”. Un’immagine sfuggente che rimbalza in avanti e che non possedendo forma o sostanza proprie, risulta essere solo un riflesso della verità. Gli esseri umani stessi, così come li conoscevamo, non esistono più: tutti hanno subito qualche modifica o potenziamento, seppur parziale. Sono divenuti pupazzi i cui ricordi fasulli sono stati (s)caricati direttamente nelle loro menti, rendendo la loro memoria pura illusione... vi ricorda qualcosa?
Non c’è più differenza tra interni ed esterni: il mondo è visto come un’ingannevole prigione dalle pareti subdolamente trasparenti, assemblate con vetri, specchi, superfici diafane e riflettenti. Gli occhi cerulei del maggiore Motoko Kusanagi sono altrettanto insondabili, così come il suo perfetto corpo al titanio è in grado di rendersi invisibile. Ma è al tempo stesso una gabbia, un involucro che deve essere sottoposto a continua manutenzione ed è perciò spesso esposto allo sguardo, mentre del cyborg rimane avvolto dal mistero lo “spirito”, qualunque cosa questa parola possa racchiudere in sé.
E l’incalzare vorticoso delle domande conduce progressivamente al faccia a faccia (o piuttosto, al corpo a corpo) tra unità cibernetica e l’abisso, attraverso una serie di interrogativi pressanti intorno al concetto di vita stessa.
Corpi e spazi vengono penetrati in profondità - come a voler suggerire un passaggio dall’apparenza alla sostanza delle cose - oppure dall’alto verso il basso, movimento a cui rimandano pure le immersioni di Motoko sott’acqua alla ricerca del suo Io più profondo. Questo “sguardo dall’alto” è assimilabile a quello di un’entità superiore, anche se non ci sono sottotesti mistici qui, anzi, si respira un tonificante laicismo: ormai al posto degli angeli wendersiani ci sono i cyborg a pattugliare i cieli e la terra per la protezione dei cittadini.
Il film è interamente percorso da attraversamenti: battelli che procedono sull’acqua navigando nel cuore della città, aerei che solcano i cieli, menti violate dai neurochirurghi che frugano tra cifre e messaggi criptati. Spesso si è scelto di accentuare questo senso di claustrofobico avvolgimento del mondo che si richiude sui personaggi (il guscio/conchiglia del titolo), accentuando la deformazione prospettica dello sfondo, che si allontana in profondità - recando con sé un sentimento diffuso di tempus fugit - mentre la figura in primo piano si avvicina progressivamente, secondo un movimento uguale e contrario (una sorta di “effetto vertigo”, che però, come si apprende dall’ottimo Making Of è denominato “matte compositing”: un procedimento che rende ancora più strabilianti gli effetti ottenuti per mezzo delle stampanti ottiche e del “rostrum”, la macchina da presa verticale che riprende l’animazione ottenuta con l’applicazione dei rodovetri).
Anche il mondo è visto nel finale, secondo le parole della protagonista, come “rete vasta e infinita”: di nuovo, da attraversare... o da navigare...
Da segnalare la superchicca nei titoli di coda del brano Passengers, composto e interpretato da Brian Eno insieme agli U2. Ma sono da lodare in toto le stupefacenti musiche di Kenji Kawai, che quando sono lasciate libere di espandersi nello spazio danno vita a impagabili sospensioni del racconto e costituiscono alcuni fra i momenti zen più alti di questo splendido film, che “migliora di visione in visione”: ciò che avviene solo per i grandi capolavori.
La qualità audio video
L’edizione italiana ha riesumato l’”opaco” doppiaggio dell’epoca: anche se si parla di poco più di dieci anni fa, questo breve lasso di tempo può rappresentare un’eternità in termini di “dubbing”. Presenti alcuni difetti di adattamento, come qualche invenzione un po’ tropo fantasiose da parte dei curatori nostrani (grazie alla presenza della versione originale giapponese, fedelmente sottotitolata in italiano, è possibile effettuare un confronto). Ma le voci selezionate si “attaccano bene” ai vari personaggi (felice soprattutto la scelta della bravissima Stefania Patruno per la protagonista). Ripulito e nitido però il suono d’ambienza (almeno nel DTS). L’immagine è in formato 16:9.
Extra
Un po’ troppo pomposamente etichettata come “deluxe edition”, questa versione con disco singolo e sovracopertina cerata contiene in realtà un solo ghiotto extra per il cultore: il Making Of, un interessante documentario in giapponese sottotitolato in italiano della durata di 30’, che svela le tecniche di realizzazione dell’anime, con interviste a Mamoru Oshii e al suo staff. La stessa “cartolina da collezione” in omaggio all’interno del dvd, un oggetto che poteva ingolosire i feticisti dell’animazione, non è altro che un cartoncino sui cui lati sono riprodotte la locandina del film e un’immagine del manga di Shirow Masamune (per questo in bianco e nero). Permane tuttavia ottimo il rapporto qualità-prezzo (specie se si procede a un raffronto con altri anime) di questa edizione del capolavoro oshiiano, promossa dalla Panini come quella “definitiva”, uscita curiosamente a solo un mese di distanza da quella “normale”.
Bello il menu in stile cyberpunk con scritte verdi su fondo nero.
Ghost in the Shell
Regia: Mamoru Oshii; distribuzione dvd: Panini Video;
formato video: 16:9; audio: Italiano (DTS - Italiano Dolby Digital 5.1) e Giapponese (Dolby Digital 2.0) sottotitoli: Italiano;
Extra: 1) Making Of (30 min.) 2) schede dei personaggi 3)schede degli autori 4) trailer originale 5) cartolina promozionale
