DVD - Giustizia privata

La legge è spettacolo.
L’aveva capito Eschilo che, per raccontare la nascita del primo tribunale umano, usò la forma del teatro e non quella dell’epos. Lo capiscono oggi gli americani che di κἁθαρσις sanno poco, ma di spettacolo se ne intendono parecchio.
La verità è che, per quanti sforzi si faccia per portare a galla la verità e per assicurare alla giustizia i colpevoli dei crimini più efferati, a confrontarsi nell’aula dei tribunali non sono persone o fatti, ma prove ed evidenze. A vincere le cause non è chi è nel giusto, ma chi sa meglio confezionare una storia credibile unendo tutti i puntini forniti dai reperti. E questi ultimi sono anche numerati, come i disegnini da ricostruire nelle varie settimane enigmistiche.
La realtà europea è sempre stata più pronta a confrontarsi con questo paradosso che contrappone un sistema da una parte ed un delitto dall’altra. Per noi del vecchio continente la “verità” che emerge dalle ricostruzioni degli avvocati non è che una delle tante verità che circondano i fatti come fogli di cipolla. Non la più vera, ma neanche, necessariamente, la più mistificata.
L’uno, nessuno e centomila del delitto compiuto, ci porta, infatti, a considerazioni astruse sull’infinita interpretabilità del reale. Considerazioni tanto gravi che lo stesso delitto finisce per cadere nello sfondo, per diventare un mero accidente che sfuggirà per sempre ad ogni tentativo di comprensione. Ed è strano che lo stesso Pirandello non ne abbia fatto più di tanto materia di romanzo, interessato com’era alla speculazione e non all’applicazione di un concetto ad un fatto. Viceversa Sciascia ne fece materia incandescente. La Mafia gli era, del resto, più cronologicamente vicina.
Giustizia privata (titolo aberrante che non traduce l’originale Law abiding citizen) è forse il più appassionato tentativo, da parte di un film che si riconosce sempre e comunque ben calato all’interno di un genere precostituito, di mettersi a discutere sulla contraddizione tra l’applicazione del sistema e la giustizia che cercano le vittime.
Vi si narra la storia di Clyde che una notte si vede invadere la casa da due manigoldi che gli violentano ed uccidono sotto gli occhi moglie e figlioletta di dieci anni. In tribunale la sua testimonianza ha poco valore dal momento che gli eventi li ha vissuti in uno stato di semincoscienza. Le prove raccolte sul luogo del delitto, poi, sono per lo più impugnabili e non garantiscono al processo la vittoria della parte offesa. L’unica soluzione è, quindi, il patteggiamento favorito dal fatto che uno dei due, per vedersi ridotta la pena, decide di confessare il crimine addossando, però, le sue colpe sull’altro. In questo modo l’assassino finisce in libertà dopo neanche cinque anni e ad essere giustiziato finisce per essere proprio quello più innocente.
Tutto finirebbe nel girone del più classico dei drammi giudiziari se Clyde, non fosse, a tempo perso, un inventore di discreto talento, una spia ed anche un mezzo James Bond. Elementi sufficienti per avviare una spirale di vendetta che, tenuta in caldo per dieci anni, viene servita fredda come la più calcolata delle partite a scacchi.
Scopo della girandola di omicidi (prima i colpevoli del delitto, poi gli avvocati che non celebrarono il processo e patteggiarono) non è tanto onorare la memoria delle vittime, quanto, piuttosto, mettere il sistema di fronte alle sue contraddizioni. Il filone giudiziario si sposa, così, alla realtà delle pellicole con serial killer che, messe tutte insieme, sono diventate ormai un genere a sé stante. Il tutto per produrre in ibrido senza alcuna speranza di catarsi dal momento che i delitti non portano consolazione né nell’assassino né nella platea che ne inorridisce e il Sistema, in fondo, impara poco e niente dalla lezione intinta nel sangue.
Giustizia privata, in fondo, è un legal thriller portato alle sue estreme conseguenze. Ha un’aura apocalittica che gli dà un senso che manca a film dello stesso filone. Ed è spesso sorprendente oltre che ottimamente interpretato. Non è retrivo e reazionario come certi film di Steven Seagal cui potrebbe essere accostato, ma gli manca ancora qualcosa per accedere all’empireo dei grandi. Resta, in fondo, al di qua del guado cinema, mentre, con un certo dolore, contempla Erinni che, ignorando i decreti di Atena, non son più capaci a farsi Eumenidi.
La qualità audio-video
Piuttosto buona la qualità del video che si avvale di neri piuttosto profondi e di una gamma cromatica sufficiente ampia anche se la fotografia della pellicola predilige i toni metallici del grigio e del bianco sporco. Corretta l’aspect ratio con un 2.35:1 adeguato alla bisogna.
Discreto anche l’audio ben pulito e spazializzato nell’ottima traccia italiana che sembra meno potente di quella originale, ma anche meno piatta.
Extra
Imponente la mole degli extra presentati in questa edizione a doppio disco.
Il primo disco si accontenta di ospitare il film nella sua edizione cinematografica. Una scelta che si rivela vincente per ridurre al minimo i problemi di compressione che, invece, imperversano per tutto il secondo disco.
Su quest’ultimo prendono posto un mare di interviste, un ottimo Dietro le quinte ed un mezzo backstage (Giustizia in bianco e nero) che meritano senz’altro la visione. Particolare interesse ha il breve Il problema legale di “Giustizia privata” che rivela tutte le ambizioni di un film umanista malgrado il suo sguardo cupo pessimista. Ma è sulla director’s cut che vale la pena spendere qualche parola in più.
La versione del regista, infatti, non è solo più lunga di quella cinematografica di quasi un quarto d’ora, ma anche piuttosto diversa, sicuramente più cupa e meno consolatoria. Non solo essa contiene più materiale (spesso piccoli dettagli gore o momenti di violenza estrema), ma anche alcune sequenze sono montate in maniera diversa. Si pensi alla sola scena dell’esecuzione capitale per rendersene conto. In sala essa è anticipata dalla sequenza in cui la figlia decenne dell’avvocato interpretato da Jamie Foxx esegue un concerto per violoncello. Su disco, invece, le due esecuzioni (quella musicale e quella capitale) vengono montate in un serrato alternato che, enfatizzando la componente spettacolare della pena, si fa “discorso” e violenta requisitoria sulle contraddizioni spettacolarizzabili del sistema.
Peccato, allora, che il film, presentato qui nella sua versione più interessante, soffra così tanto i limiti di una compressione eccessiva che arriva al punto di creare difficoltà nella stessa riproduzione del video.
(Law abiding citizen); Regia: F. Gary Grey; interpreti: Gerard Butler, Jamie Foxx, Bruce McGill, Leslie Bibb, Michael Irby, Regina Hall; distribuzione dvd: MHE.
formato video: 16:9 - 2.35:1; audio: Italiano DTS, Italiano e inglese dolby digital 5.1; sottotitoli: Italiano per non udenti, Inglese.
Extra: 1) Director’s cut 2) Giustizia in bianco e nero 3) Il problema legale in "Giustizia privata" 4) Effetti speciali 5) Dietro le quinte 6) Interviste 7) Trailer cinematografico 8) Trailer originale
