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DVD - Il grande match

Pubblicato il 11 gennaio 2008 da Alessandro Izzi


DVD - Il grande match

È l’immagine di un calcio felicemente globalizzante quella che ci viene restituita dal divertito e curioso Le gran final di Gerardo Olivares. Il ritratto di un modo di vivere la partita di pallone (e non una qualsiasi, ma la finale del Mondiale del 2002 che hanno segnato il trionfo del Brasile di Ronaldo e Kakà sulla Germania), al di fuori dei meccanismi dello sfruttamento commerciale imposto dalle grandi multinazionali.
È il calcio dei poveri, degli umili, degli oppressi, di tutti coloro che sono ai margini di un mondo che ama definirsi civilizzato, di coloro che a stento possono dire di avere un piccolo apparecchio televisivo e che devono improvvisarsi uomini antenne arrampicandosi sui rami degli alberi più alti. Soprattutto è un calcio che annulla le barriere, che ci fa tutti uguali all’interno di un rito comunitario che è sì, nel punto di vista scelto dal film, prevalentemente maschile (le donne sono sempre ai margini dell’evento, a commentarlo ironicamente per il sollazzo del pubblico in sala), ma non per questo riesce ad essere meno universale.
La “scelta di campo” del regista è, in questo senso, evidente sin dalle prime inquadrature che presentano, ad un tempo, sia quelli che saranno i personaggi di questa piccola commedia umana sul pallone, sia gli ambienti in cui vivono che sono, a tutti gli effetti, comprimari e non, come in genere accade in film dal sapore esotico, meri sfondi posti lì a far da cornice alla vicenda. Il paesaggio è, infatti, l’incontrastato protagonista dei tre segmenti narrativi che compongono l’universo del film. Un paesaggio, quello presentato nei primi dieci minuti di proiezione, magnificato dall’uso espressivo del grandangolo, reso epico e solenne nella sua assoluta grandiosità naturale da una fotografia tutta tesa ad esaltare i colori ed i contrasti; un paesaggio che ci restituisce un’immagine dell’uomo nella sua piccolezza, nella sua finitezza e che ci riporta ad un modo arcaico di intendere il rapporto uomo natura che si identifica anche in un modo antico e ancor bello di intendere il gioco, lo sport: tutte e due realtà che abbiamo ormai quasi definitivamente perduto nel trionfo ormai definitivo di un calcio spettacolo di matrice televisiva da consumarsi all’interno delle nostre bigie città di cemento.
In brevi episodi il regista ci presenta immediatamente una realtà in cui l’uomo è come perso nella vastità del creato e in cui la “civiltà” è entrata senza aver ancora preso possesso dello spazio. Luoghi in cui la visione di una partita di calcio in televisione sembra essere assolutamente irrealizzabile, impensabile.
Il primo è un’immensa steppa della Mongolia, immersa nel bianco accecante della neve e nel blu profondo del cielo ed attraversata da una famiglia di nomadi che cerca prima di tutto il posto ideale per accamparsi ed attaccarsi alla linea elettrica con l’idea di accendere e sintonizzare un vecchio apparecchio televisivo sulla partita.
Il secondo è il deserto del Sahara le cui dune, intensamente gialle, sono attraversate da una varia umanità in cerca di un incredibile albero di ferro che faccia da antenna ad un vecchio apparecchio televisivo a batterie.
Il terzo è nel pieno verde della foresta amazzonica dove un gruppo di indios vive una serie di grottesche disavventure nel tentativo di riuscire a captare le immagini del match su cui era sintonizzata l’attenzione di quasi tutto il globo.
Bianco, blu, giallo e verde: i colori della bandiera del Brasile che avrebbe di lì a poco vinto per 2 a 0 la partita. Una scelta coloristica ironica e funzionale ad un atto d’amore nei confronti del gioco del pallone che punta, più che sull’evento catartico e catalizzatore della partita, sulle reazioni che essa produce negli spettatori che la seguono trepidanti. Sono i tifosi, quindi, i veri protagonisti della pellicola, è su di loro che la macchina da presa punta il proprio sguardo nel tentativo di comporre un ritratto di un modo sano, felice di rapportarsi al gioco. Perché la passione aggregativa che si mette in moto nel comune obiettivo di poter tifare per la propria squadra, ma soprattutto quella che ci spinge a cercare di vedere una partita ben giocata è, nel film, anche quella che consente un dialogo paritario tra indios e missionari ed è anche quella che, alla fine, nell’episodio mongolo, ridà la parola ad un personaggio che era stato, fino a quel momento, muto per sua scelta esistenziale.
Il film ha tratti delicati da commedia dolce ed uno sguardo fatto acquoso da un affetto sincero. Una ricetta che, qui in Italia, sembra non esistere proprio. Purtroppo!

La qualità audio-video

Presentato nel formato corretto di 1.85:1, il film ha una nitidezza davvero stupefacente. Il quadro è sempre limpido e pulito ed i colori sono sempre intensamente brillanti e tra loro sapientemente bilanciati.
Due sono le opzioni linguistiche presentate: un doppiaggio italiano abbastanza ben curato e l’originale che consigliamo per rispetto alle scelte artistiche operate dal regista. Entrambe si avvalgono di un’avvolgente codifica Dolby Digital 5.1.

Extra

I contenuti speciali sono il vero punto debole di questa proposta editoriale della Dolmen. Sul disco trova spazio, infatti, il solo trailer cinematografico.


(Le gran final); Regia: Gerardo Olivares; interpreti: Ahmed Alansar, Mahamadou Alzouma, Esentai Samer-Khan, Khoshibai Edil Khan; distribuzione dvd: Dolmen;
formato video: 1.85:1; audio: italiano ed originale dolby digital 5.1; sottotitoli: Italiano

Extra: 1) Trailer cinematografico


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