DVD - Il sangue del vampiro

La rivoluzione sessuale in Inghilterra passa inizialmente per le strade dirette, ma di dubbia fama del cinema di genere.
È, infatti, nel 1957 che esce sugli schermi inglesi The Curse of Frankenstein con Christopher Lee nei panni della temibile creatura partorita dalla fantasia della Shelley e Peter Cushing nei panni del barone scienziato che sfida con la sua empia opera la volontà divina. Al timone di comando un timido lord inglese, Terence Fisher, che coi suoi modi affabili e la sua eleganza da perfetto gentleman scava tra le ombre di un racconto ultra noto suggestioni nuove. La sua messa in scena è scarna, ma votata al sesso. Fisher perde per strada il bianco e nero dei classici film con mostri della Universal, coi suoi aloni di romanticismo gotico e da favola della buona notte, e punta sull’assoluta, innegabile, adulta sensualità dei colori. L’orrore lo cerca non tanto nel buio che tutto nasconde, quanto, piuttosto, tra i rossi fiammanti del sangue e della passione, tra i bianchi abbacinanti dei laboratori e dei macchinari, nei verdi di una campagna lussureggiante ed ambigua. La rivoluzione dei colori porta, come conseguenza quasi necessaria, anche ad un ripensamento della dimensione del corpo messo in scena. L’uomo si riscopre fatto di carne e la carne è deperibile se un cuore non le pompa il sangue attraverso i condotti delle vene. Si affollano, così, nello spazio geometrico delle inquadrature, pezzi di corpi: cervelli chiusi in barattoli, braccia appese agli uncini, tronchi adagiati sui letti. Pezzi morti che si contendono la scena coi seni pieni delle donne vive, d’improvviso prosperosi e generosi dietro le architetture e i baldacchini di un vestire vittoriano che non era mai stato così succinto. Eros e Tanathos si prendono per mano e si confondono: mentre il barone fa a pezzi i cadaveri, il regista seziona gli oggetti del desiderio maschile e li porta alla luce, ne fa oggetto di visione.
L’anno dopo esce Dracula Prince of darkness e il regista, sempre Fisher, sposta ancor più l’accento sull’erotismo. Il conte vampiro è, da questo punto di vista l’incarnazione di un istinto sessuale irresistibile. Se Frankenstein aveva raffreddato la tensione erotica nelle spire delle elucubrazioni scientifiche e delle operazioni chirurgiche, Dracula la magnifica nella metafora dello sguardo e del bacio. Le donne sono vittime consapevoli delle brame del mostro. Lo temono, certo, ma ne sono innegabilmente attratte: con una mano afferrano la corona dell’aglio, ma con l’altra spalancano le finestre in attesa dell’amante. Il rosso trionfa sui sensi, ma anche sulla metafisica. Il vampiro teme le croci, ma non la simbologia che esse veicolano. Non è la religione ad essere temuta (anche come gesto censorio nei confronti dello stesso sesso), ma l’incrociarsi di due pezzi di legno, o di due candelabri come avviene nel film. È come se il fantastico si facesse concreto e, quindi, pragmatico: mettendo insieme pezzi di cadaveri si può dar vita ad un mostro, con un paletto di legno si può porre fine all’esistenza di un altro. I due film, in modi diversi, pongono l’accento sul fatto che la via del fantastico inglese parte dal sensismo e conduce verso le solide certezze di un sapere che è metà popolare e metà scientifico.
Sempre nel 1958 esce anche Il sangue del vampiro che, firmato da Henry Cass (ma la sceneggiatura è sempre di James Sangster autore dei due film di cui sopra) segna la definitiva presa di consapevolezza di questa vocazione ad un fantastico credibile. Il film, anzi, sembra essere la perfetta sintesi delle due pellicole di cui abbiamo appena parlato. Il tema del vampirismo (evidente nel prologo in Transilvania) si coniuga con la logica del racconto del mad scientist alla Wells. Ogni riferimento ad un’origine soprannaturale del male scompare del tutto, come pure ogni traccia di metafisica. Tutto è concreto, tutto spiegabile coi termini dei libri di medicina. Nel film si parla di gruppi sanguigni, di esperimenti medici, di bisturi e di sospensione criogena. Ci sono operazioni a cuore aperto e medici senza scrupoli. Il vampiro non è tale per un patto scellerato con il demonio, ma per una rara malattia del sangue e non ha canini aguzzi, ma aghi affilati di ipodermiche e tanto cloroformio (se ne ricorderà Romero per il suo Martin?).
Più Frankenstein che Dracula (con una spruzzatina di Notre dame per la figura dell’assistente del dottore gobbo e storpio come da miglior tradizione), Il sangue del vampiro è un film concreto e terragno, senza alibi e senza pudori. Mette in scena le cose come compilasse un catalogo del torbido, con pignoleria, ma senza eccesso di zelo. E pure il sesso viene messo in scena con la freddezza compiaciuta di un de Sade redivivo, come dinamica di corpi e scambio di fluidi che resta ancora fuori scena, ma che te lo puoi immaginare tutto senza sforzo. Soprattutto il sesso è ancora nei colori, nei rossi sgargianti, nei gialli abbaglianti, solo che questa volta passa nel razionalismo e non ha più nessuna carineria come pure nessuna carica perturbante.
Il sangue del vampiro, a guardarlo oggi, dimostra tutta la sua età. Alcuni passaggi risultano fiacchi e il rischio noia è dietro l’angolo. Cass dirige con mestiere solido, a suo modo classico, ma il suo film è meno limpido ed autoriale di un qualsiasi titolo di Fisher. E soprattutto è un caso isolato all’interno di una filmografia per il resto votata irreversibilmente al brutto. Forse l’interesse della pellicola lo si deve più a Sangster che al pur volenteroso regista.
La qualità audio-video
Il film subì, ai tempi dell’uscita, non pochi tagli censori che, pur attenuandone la carica sadiana non riuscirono, comunque, a modificarne il senso. Le parti tagliate sono ora state reintegrate all’interno del lavoro, ma senza che a questa giusta operazione di filologia sia stato affiancato un necessario restauro della pellicola. La visione del film è, per questo, faticosa. Molte scene (presumibilmente quelle salvate dal pavimento delle cabine di montaggio), infatti, sono intinte in tonalità verdognole assai fastidiose. Ma non per questo si può dire che le parti meglio conservate siano un piacere per gli occhi. Anche se la tavolozza cromatica ci pare nel complesso lussureggiante e adatta al tono da grand-guignol del film, non di meno non possiamo non notare un impoverimento di sfumature e di prospettive nelle non poche scene notturne.
Due le tracce audio, entrambe mono: italiano ed inglese. Si consiglia la seconda non solo perché più pulita, ma anche perché il doppiaggio italiano impoverisce non poco il valore delle performance degli ottimi attori.
Extra
La Noshame ha tirato fuori dal cappello un pacchetto di extra notevole per un prodotto, come questo, così datato. Si parte, infatti, dall’interessantissimo commento audio di Jimmy Sangster e Robert Baker (produttore) che merita l’ascolto anche se è del tutto sprovvisto di sottotitoli. Il dvdrom offre, poi, l’intero fotoromanzo tratto dal film: una curiosità intrigante. Trailer e Galleria fotografica completano in tono minore un pacchetto piuttosto succulento.
(Blood of the vampire); Regia: Henry Cass; interpreti: Donald Wolfit, Vincent Ball, Barbara Shelley, Victor Maddern; ditribuzione DVD: Noshame
formato video: 1.85:1 16/9; audio: Italiano e Inglese (mono); sottotitoli: Italiano e inglese
Extra: 1) Commento audio di Jimmy Sangster (sceneggiatore) e Robert S. Baker (produttore) 2) Trailer originale 3) Scene restaurate 4) Titoli di testa italiani 5) Galleria fotografica 6) Contenuto DVDrom: fotoromanzo del film
