DVD import - Green street (Hooligans)

La nostra percezione degli Hooligans è, in fondo, sempre stata viziata da un certo paternalismo un po’ d’accatto.
Presi da un delirio sociologico che deve sempre riportare ogni fenomeno all’interno di uno schema prettamente legato alla dimensione della lotta tra classi, ci aveva fatto piacere pensare agli Hooligans come ai figli di un malessere profondo del sottoproletariato inglese. In una realtà di disoccupazione dilagante, legata a doppio filo alla politica repressiva della Tatcher prima e a quella finto sinistroide di Bleir poi, l’esplosione violenta delle tifoserie calcistiche era un segnale preoccupante di profondo disagio sociale.
Gli Hooligans li avevamo sempre pensati come ragazzi sradicati, senza un reale futuro davanti e con un passato problematico alle spalle. Abitanti di una periferia abbruttita nell’abitudine della cattiva coscienza cui un governo dal recente passato coloniale non sapeva garantire diritti elementari come l’istruzione e il lavoro.
Più come il Liam di Sweet sixteen che non come i simpatici protagonisti del segmento inglese del film collettivo Tickets, insomma. E il fatto che i due film testè citati, per quanto non realmente connessi, comunque, al fenomeno dell’hooliganismo, condividessero la firma di uno stesso regista (Ken Loach, mica uno qualunque) e avessero addirittura lo stesso attore (Martin Compston) non ci aveva neanche per un momento portato alla considerazione che forse le cose non stessero, comunque, così.
A scombinare le carte in tavola arriva adesso un film un poco controverso (fuori d’Italia) di Lexi Alexander, una donna una volta tanto che ci parla di calcio e tifosi.
Promesso nei listini distributivi dei film in sala per questa stagione cinematografica, il film attende, comunque, ancora la propria data d’uscita e se ne parliamo in questa sede è solo perché il film è uscito in dvd in una discreta edizione inglese già da un mesetto e perchè le recenti scritte xenofobe comparse nei nostri stadi hanno, in certa misura, riportata a galla nelle nostre coscienze il rapporto tra tifoserie e calcio. Probabile a questo punto che il film esca da noi solo subitaneamente per andare poi a riempire qualche scaffale di videoteca dove sarà visto pochissimo.
Dire che questo sarà un peccato è, comunque, forse eccessivo, perché il film, pur nella lodevole intenzione di superare ogni cliché legato all’argomento, finisce poi per ricadere in tutt’altri cliché più legati alla dinamica del racconto di formazione.
La semplice storia è presto detta: un giovane laureando in giornalismo americano (Elijah Wood: non sempre efficace) viene espulso da Harvard perché trovato in possesso di sostanze stupefacenti (ma le droghe erano dell’antipatico compagno di stanza ricco e viziato come da copione). Sbandato per l’assenza di un padre troppo impegnato, il ragazzo finisce a Londra, a casa della sorella, dove viene in contatto con un gruppo di Hooligans subendo tutto il fascino della possibilità di dar libero sfogo ai suoi istinti violenti. Naturalmente non mancheranno gelosie e reciproche incomprensioni, come non potrà mancare anche l’evento luttuoso finale che rimette a posto le cose, ma solo fino ad un certo punto.
Colpisce la volontà della regista di ritrarre gli Hooligans non come i figli necessari di un sistema malato, ma come persone fin troppo normali. A fondare le varie sezioni delle tifoserie non è, quindi, tanto il comune senso di precarietà, quanto piuttosto il desiderio tutto maschile e quasi tribale, di fondare delle comunità in un certo senso alternative al nucleo familiare spesso sbandato o inesistente. Un senso di appartenenza, costruito su una precisa concezione di onore e di rispetto è il collante che mette insieme persone diverse ed eterogenee che vanno dal disoccupato (che certo non manca) all’insegnate di storia. Un bullismo, alla fine, che certo degenera in atti violenti, ma di cui è responsabile il microcosmo familiare prima ancora che in contesto sociale e, quindi, anche politico nel quale il fenomeno prende corpo.
Il film ci dice, insomma, che c’è un piccolo Hooligan in ciascuno di noi e che la sua espressione passa, sì, per forme diverse, ma è sempre motivata da un Goldinghiano tribalistico bisogno di violenza. Perché, in fondo, la realtà di Harvard che apre e chiude la pellicola, non è poi tanto diversa da quella degli stadi di calcio dove hanno luogo, in modi diversi, gli stessi giochi di sopraffazione.
Peccato che il film non sappia portare fino in fondo e alle estreme conseguenze i suoi pur interessanti spunti di riflessione. Lexi Alexander non è Irvine Welsh (né Danny Boyle se è per questo) e il suo discorso resta troppo ancorato ad un fondo di buon gusto che non viene meno neanche nelle varie scene di pestaggio in cui la regia non riesce a far altro che a puntare su un leggero “accelerando” delle immagini per rendere un senso di violenza che non ci viene, comunque, mai mostrata fino in fondo.
In questo modo il film non riesce ad essere né esaltazione, né critica della violenza, ma neanche riesce ad essere una piana realistica rappresentazione delle cose così come sono. Incerta su più piani la pellicola naufraga in un discreto anonimato che ci lascia presto con l’amaro in bocca.
La qualità audio video
Più che discreta la qualità generale del riversamento che punta tutto su un widescreen anamorfico (2.35:1) che pare qualche volta anche eccessivo rispetto agli orizzonti di indagine della pellicola stessa.
Il lavoro sui colori, tra loro molto ben calibrati, garantisce una qualità di visione sempre piacevole, senza che trapeli mai segno o artificio della compressione. Certo si poteva fare molto di più, ma, alla fine, non ci si può lamentare più di tanto.
Anche sul fronte sonoro viene messo in campo un Dolby digital SDH 5.1 che ben si presta ad aumentare l’impatto sonoro delle scene più violente.
Extra
Tre interviste (senza neanche i sottotitoli in inglese) si rivelano abbastanza interessanti per il navigante che abbia un minimo di competenza linguistica. Ma alla fin fine quello che viene fuori soprattutto dai vari interventi è un forte bisogno promozionale nei confronti di una pellicola fin dall’inizio destinata a breve vita. Inutile, quindi, aspettarsi qualcosa di più di un aneddoto o un reciproco complimentarsi tra regista e membri del cast e della troupe (almeno grazioso, comunque, il contributo sul coreografo delle scene di lotta).
Il making of sembra star lì per puro dovere contrattuale come pure il trailer nelle due diverse edizione (americana e inglese).
Meglio le cose vanno per il videoclip per la canzone One blood che, se non altro merita la visione.
[Febbraio 2006]
Green street
Regia: Lexi Alexander; interpreti: Elijah Wood, Charlie Hunnam, Claire Forlani, Leo Gregory ; distribuzione dvd: Universal
formato video: 2.35:1; audio: Inglese (5.1); sottotitoli: Inglese
Extra: 1) From Hobbit to Hooligan: Interview with Eliajh Wood 2) Standing your ground: The violence of Green Street 3) A Clear direction: Lexi Alexander about her inspiration 4) The making of Green Street 5) One blood music video 6) Trailers
