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DVD import - Roman Coppola: CQ

Pubblicato il 28 novembre 2006 da Alessandro Izzi


DVD import - Roman Coppola: CQ

Roman Coppola è una meteora strana nel panorama del nostro cinema più recente.
Fratello dell’ormai più celebre Sofia che gli ha dedicato un sentito ringraziamento nel suo ultimo Marie Antoinette, Roman è fin dall’inizio diviso tra la realtà americana del padre e la leggerezza francese della Parigi che gli ha dato i natali. Tra pensosità europea e urgenza di spettacolo americana, l’autore ha frequentato relativamente poco il cinema, concedendo la sua firma per lo più a video musicali (per Moby o per I Green day) o affiancandosi a registi e sceneggiatori del calibro di Spike Jonze.
In effetti l’unico titolo di rilievo della sua breve carriera cinematografica è proprio questo CQ: una produzione Zoetrope (quindi Francis Ford Coppola) volutamente in bilico sia contenutisticamente che stilisticamente tra Nouvelle vague e Cinema di Genere, tra Francia e America. Con una strana parentesi italiana di cui terremo conto più avanti.
Il film narra, con stile volutamente improntato sul glamour degli anni ’60, le vicende di un simpatico direttore della seconda unità (Jeremy Davies) che lavora alla realizzazione di un tipico film di fantascienza spionistica di serie B. Tra infiniti problemi produttivi, con il regista che viene licenziato poco prima della fine delle riprese per discordanza di visione con la produzione italiana (il produttore è Giancarlo Giannini), il giovane si trova costretto, in brevissimo tempo, a dover approntare un finale credibile della vicenda che non ne snaturi il sapore politico, ma che, al tempo stesso, possa incontrare il favore del grande pubblico.
Parallelamente alle storie della produzione del film, il protagonista si vede anche impegnato nelle riprese di un suo personale esperimento cinematografico. Con una fida 16 mm in bianco e nero, egli cerca, infatti, di cogliere la Realtà nel suo divenire, alla ricerca di un’opera assolutamente onesta e spassionata che possa aspirare alla leggerezza della camera stilo e alla profondità dei classici alla John Cassavetes.
A contrapporsi, sul piano della messa in immagine, sono, quindi due realtà diverse: quella del cinema tradizione e commerciale, col il suo technicolor sfacciato e le sue finzioni roboanti e il cinema d’autore tout court che rifiuta le lusinghe dell’effetto speciale in favore della verità insondabile e amatissima del bianco e nero.
Una contrapposizione forte nelle intenzioni dell’aspirante regista, ma che va poi ad urtare contro tutte le ipocrisie di cui si ammanta sempre la nostra vita e che vanno ad insinuarsi proprio negli interstizi di quelle immagini in bianco e nero che avrebbero dovuto essere sincere e spassionate. Dall’altro lato è proprio nel trionfo della finzione che comincia a prendere corpo una verità ulteriore, sentimentale, emotiva e, in certo modo anche rivoluzionaria.
In certo qual modo il film, datato 1972, paga il pegno alla sua doppia ambientazione (la Francia del 1970 e la fantascienza cartonistica che si vuole ambientata nel fondamentale 2001) definidosi in primo luogo come lunga e complessa operazione nostalgia.
Quello che sembra contare davvero per il regista, prima ancora della sostanziale riflessione sul cosa significhi davvero fare cinema oggi come ieri, è sostanzialmente restituire una serie di omaggi incrociati al mestiere del fare cinema.
Cavalcando con la fantasia tra sale di proiezioni, set neanche troppo affollati e studi di doppiaggio, il regista compone un doppio omaggio all’anima artigianale del cinema.
Mentre la macchina da presa passa in rassegna gli ambienti deputati della realizzazione del film, dedicando non pochi momenti d’incanto proprio alla sala di montaggio dove il protagonista rivive il fascino del sogno maneggiando spezzoni di pellicola (suo assistente è Silvio Muccino prima della consacrazione italiana).
Ma è proprio l’operazione "nostalgia" a fare i limiti di un prodotto peraltro non disprezzabile sul piano estetico. Efficace finché ci si muove nei lidi della contrapposizione tra il mondo in bianco e nero del protagonista e le fantasie colorate del film nel film, la pellicola comincia a perdere la bussola già nel piccolo episodio romano quando il neo regista, incerto sulla strada da prendere, si aggira per le strade pensando al finale del suo film in un dichiarato omaggio a Fellini che un po’ sa di presuzione.
Più tardi mentre i conti della narrazione cominciano a chiudersi nell’epilogo, si rimpiange un po’ che la visione che vien fuori del discorso finisca per separare così nettamente le fantasie alla Jess Franco (curioso l’omaggio al cinema dei vampiri) da un cinema d’autore già pronto per il museo. Il finale con il protagonista che sbircia nella sala la proiezione del suo film "d’autore" ad un pubblico attento e composto, ci stacca troppo dalla baraonda colorata che fino a quel punto avevamo cominciato ad amare. Ed è qui che lo sguardo si fa un po’ troppo americano (di quell’americano che guarda all’Europa e la mitizza) e perde di lucidità.

La qualità audio-video

Presentato su un fastidioso supporto a due faccie (lato A e lato B come nei vecchi 33 giri), il film è visionabile sia in un corretto widescreen anamorfico che per un incomprensibile, almeno per noi abituati ormai ai televisiori 16/9, schermo pieno.
Indipendentemente dal formato scelto, comunque, è da dire che il livello di riversamento è decisamente medio alto. La visione scorre sempre piacevole senza che i vari salti dal technicolor al bianco e nero e dal panoramico al 16 mm inficino la riproduzione.
Per quel che riguarda l’audio, infine, è da dire che il dolby 5.1 fa decisamente il suo lavoro contrattuale.

Extra

Tantissimi per un’edizione di riferimento di un film ingiustamente ignorato dal nostro mercato.
Tanto per cominciare c’è un interessante commento audio del regista e del direttore della fotografia Robert Yeoman. Per quanto non sempre ispirato e qualche volta un po’ superfluo il commento si rivela utilissimo per meglio capire l’amore per il cinema che il regista ha trasfuso in questa sua opera.
Sulla seconda faccia del dvd trovano poi spazio altri extra di rilievo. In Codename Dragonfly film trova spazio prima di tutto il curioso making of del film nel film. Un breve documento che è prima di tutto un omaggio ai film di fantascienza degli anni ’60. Splendida l’idea di presentare, a questo punto, il piccolo film nel film nella sua interezza e nelle due diverse versioni approntate in CQ (quella del primo regista poi licenziato e quella finale del protagonista): la magnificazione delle potenzialità del formato dvd.
Personal documentaries presenta 4 dietro le quinte firmati da cinque diversi registi. Uno di questi è proprio la sorella Sofia.
Mellow live è la ripresa dell’esecuzione dal vivo di uno dei brani che compongono la colonna sonora del film.
Molto carine, poi, tutte le Featurettes, brevissime, ma simpaticissime.
C’è, infine, anche qualche Easter egg che, comunque, non vale la fatica della ricerca.

[Novembre 2006]

CQ

Regia: Roman Coppola; interpreti: Jeremy Davies, Angela Lindvall, Gerard Depardieu, Massimo Ghini, Giancarlo Giannini, Silvio Muccino; distribuzione dvd: Metro Goldwin Mayer Home enterteinment

formato video: 1.85:1 + 4/3 (ozionabile); audio: Inglese (Dolby sorround 5.1); sottotitoli: Inglese, Francese e Spagnolo

Extra: 1) Commento audio 2) Codename Dragonfly films 3) 4 personal Filmmaking documentaries 4) 6 Featurettes 5) Mellow live in Japan 6) Deleted scenes 7) Hidden gallery 8) Photo Gallery 9) Original Theatrical Trailer


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