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DVD - Kurosawa: Rashomon

Pubblicato il 5 aprile 2007 da Alessandro Izzi


DVD - Kurosawa: Rashomon

L’uscita in dvd di un titolo come Rashomon di Kurosawa non può non essere salutata dai cinefili e dai collezionisti come un vero e proprio evento.
Il disco appena uscito per i tipi della Dolmen giunge, infatti, a riempire uno dei vuoti più clamorosi ed inspiegabili del mercato nostrano ed è, per questo, destinato a diventare, già solo per il fatto di esistere (e prima che noi si prenda in considerazione l’alta qualità del restauro e del riversamento, nonché l’interesse per la messe di contributi speciali), un titolo di riferimento. Forse il titolo dell’anno.
Il capolavoro di Kurosawa, insignito all’uscita del Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1951 e di un Oscar Speciale ritrova, nel dvd, inalterati malgrado i cinquantasei anni passati dall’uscita in sala, tutti i motivi del suo fascino intramontabile.
Eppure proprio questi anni passati, proprio il numero infinito di programmazioni prima nei cinema d’essay, poi nei palinsesti televisivi con repliche che, negli ultimi anni, si son fatte sempre più sporadiche e nottambule (tra tutte le pellicole del maestro giapponese è, forse, il film che vanta il minor numero di visioni) sembrano aver contribuito in maniera determinante alla consacrazione del film al ruolo di classico inattingibile ed intoccabile.
Rashomon è, per questo, paradossalmente, il titolo più ammirato e, al tempo stesso, meno studiato di tutta la carriera di Kurosawa. E questo ha fatto sì che alcuni fraintendimenti critici circolati all’uscita del film che hanno contribuito non poco al determinarsi del ‘mito’ si siano praticamente perpetuati fino ai giorni nostri a dimostrazione di un incredibile immobilismo di pensiero.
In Italia, infatti, si tende ancora oggi, ad anni di distanza, a leggere Rashomon sotto la lente deformante del pensiero di Pirandello, in cerca di assonanze, di rime interne e di affinità tra quello che resta il più occidentale dei maestri giapponesi e il drammaturgo (e romanziere) che ha rivoluzionato la nostra scena teatrale d’inizio secolo. E questa ricerca di debiti di pensiero non si preoccupa di urtare la palese ed incontrovertibile certezza che, dello scrittore italiano, Kurosawa poteva conoscere, al più, solo l’adattamento cinematografico (per altro non assolutamente pirandelliano) de Il fu Mattia Pascal di Marcel L’Herbier.
Per questo si tende a considerare il film come una dimostrazione, in concreto, dell’infinita interpretabilità del Reale, mentre, invece, ci pare che esso sia, piuttosto, la sofferta presa di consapevolezza dell’umana propensione dell’uomo a mentire (su questa linea di pensiero si pone anche Aldo Tassone nel pregnante Castoro dedicato al regista giapponese). In altre parole Rashomon non è, come alcuni vorrebbero, un pamphlet sul relativismo della verità, ma una riflessione accorata sul significato etico e filosofico della menzogna. È la differenza non è di poco conto.
Il fatto che il titolo immediatamente successivo dell’autore sia una trasposizione del romanzo L’Idiota dovrebbe convincerci una volta di più di come Rashomon non vada letto attraverso Pirandello, ma mediante la visione sofferta, ma comunque aperta ad una scandalosa speranza, di Dostoevski. Al pari dell’autore russo, Kurosawa costruisce un film che è una vera e propria girandola esistenziale che mantiene sempre, in tutte le sue contraddizioni, il sapore della vita vera. Allo stesso modo del romanziere anche l’uomo di cinema oppone al grigiore dell’egoismo umano (unico motore reale dei cambiamenti della storia e della Storia) un umanesimo folle ed eversivo.
Il capolavoro di Kurosawa che procede imperterrito nella dimostrazione di come ogni uomo sia capace di mentire prima di tutto a se stesso, chiude, infatti, con l’inaspettata nota di speranza verso un futuro migliore dove il dono disinteressato di sé possa realmente opporsi all’egoicità altrimenti imperante.
Rashomon, girato con una finezza estrema da parte di un autore nel pieno possesso dei suoi mezzi stilistici, è film di un’attualità sorprendente. Specie quando punta il suo fascio di luce impietosa sulla carica ambigua e potenzialmente menzognera dell’immagine vista non come apportatrice di una verità oggettiva, ma come perpetuazione del bisogno umano di abbellire, deformare e quindi ingannare il prossimo. Ciò che il film mostra non è mai la verità. La pellicola, trascinata nel gorgo esistenziale dei tre personaggi principali, diventa, per lo spettatore che è anche il giudice invisibile del processo, menzogna essa stessa. Ma è una menzogna sopraffina, costruita su un senso del cinema inarrivabile. Ancora oggi si resta ammirati di fronte alla perfezione dell’ordito sonoro del film, mentre la fulgida fotografia in bianco e nero restituisce agli spazi (il labirintico bosco dell’inconscio degli assassini, il cortile spoglio del processo e la porta- tempio dove si incontrano i testimoni) una carica mitica incredibile. È anche merito della fotografia, coi morbidi ed espressivi carrelli voluti dal regista, se nel finale, sotto la pioggia che invano tenta di mondare i peccati degli uomini, si avvera un miracolo di senso. Quel tempio diroccato e fatiscente, sotto la luce incerta di un estremo gesto di bontà si ribalta miracolosamente nel suo contrario: diventa, in un anelito di speranza, uno spazio di fiduciosa ricostruzione.

La qualità audio video

La qualità del riversamento è davvero ottima e non si avvertano mai, nel corso della riproduzione del dvd, segni di artefatti digitali tali da rovinare il piacere della visione. Purtroppo, però, la qualità del restauro della pellicola (necessario stante l’età del film) non sempre riesce ad essere all’altezza delle aspettative e, qua e là, si vedono ancora piccoli graffi e segni dell’inclemenza del tempo.
Meglio le cose vanno per quel che riguarda il suono che, pur mentendosi filologicamente monofonico, è di una pulizia e di un nitore davvero impressionanti.

Extra

Molto interessanti anche gli extra. Due interviste ci introducono al valore e al significato storico ed artistico del capolavoro di Kurosawa: la prima ad Ugo Valli sull’ambiguità menzognera delle immagini evocate durante il processo (con interessanti riflessioni sulla mancanza della classica dinamica di campo controcampo in quasi tutta la pellicola); la seconda, a Roberta Novelli, più generale sulla poetica e l’opera del regista giapponese.
Non mancano il trailer originale e la riproposta dei vecchi titoli di testa italiani che sicuramente potranno fare la gioia dei più nostalgici.
Infine, completano il pacchetto sin qui molto stimolante, alcuni contributi testuali: la lista delle musiche (geniali le rielaborazioni del Bolero di Ravel che accompagnano tutto il racconto della donna) utilizzate nella pellicola, un breve raffronto tra il film e i due racconti di Akutagawa cui si è ispirato Kurosawa e alcune consuete schede filmografiche.


(Rashomon); Regia: Akira Kurosawa; interpreti: Toshiro Mifune, Machiko Kyo, Masayuki Mori, Takashi Shimura; distribuzione dvd: Dolmen Home Video
formato video: 4/3 1.33:1; audio: Dolby Digital Dualmono (Italiano e Giapponese); sottotitoli: Italiano, Italiano per non udenti.

Extra: 1) ’Quando le immagini mentono’, intervista a Ugo Volli, Docente di Semiotica e Filosofia del Linguaggio. 2) ’Introduzione storica al film e alla poetica di Kurosawa’, intervista a Maria Roberta Novielli - Università Ca’ Foscari di Venezia 3) Trailer originali sottotitolati 4) Vecchi titoli di testa italiani 5) Lista musicale completa delle musiche utilizzate 6) Breve raffronto tra il film e i racconti ’Nel bosco’ e ’Rashomon’ di Ryunosuke Akutagawa (contributo testuale) 7) Schede filmografiche


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