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DVD - L’AMORE A VENT’ANNI

Pubblicato il 16 novembre 2006 da Alessandro Izzi


DVD - L'AMORE A VENT'ANNI

Tra i tanti film ad episodi di coproduzione europea usciti negli anni ’60 e ’70 L’amore a vent’anni occupa una posizione di rilievo perché, al di là degli esiti discontinui tipici di operazioni così apertamente crossover, si apre due cortometraggi che, in modi e logiche diverse, detengono una vera e propria posizione di spartiacque nella poetica dei rispettivi autori.
Il film collettivo, datato 1962, vuole essere una sincera e spassionata esplorazione dell’universo giovanile e delle sue infinite contraddizioni in contesti sociali e culturali tra loro diversissimi: dalla Parigi di Truffaut alla Varsavia di Wajda, dall’Italia di Renzo Rossellini alla Tokyo di Shintaro Ishiara fino alla Germania di Marcel Ophuls.
La differenza di registro, il salto stilistico che si registra nell’accostamento tra autori così radicalmente diversi viene in parte mitigato dalla sostanziale omogenietà del tema trattato da tutti gli autori, mentre le piccole code composte da sole fotografie (alcune di Henry Cartier-Bresson) poste a suggello dei singoli corti, con il ripetersi del tema musicale fondante (una canzone cantata in varie lingue) avvera una sorta di forma rondò che garantisce una certa unitarietà al tutto.
Al di là di queste considerazioni complessive, comunque, è da dire, e non potrebbe essere altrimenti, che non tutti gli episodi riescono ad essere ugualmente originali e linguisticamente interessanti.
Dei cinque episodi quello che, probabilmente, risente maggiormente del tempo passato è proprio quello romano di Renzo Rossellini che, nello scegliere lo spazio espressivo di un melodramma tradizionale (la storia è quella di una giovane innamorata di un uomo più maturo e già sposato) si lascia guidare da uno spirito più aneddotico e meno pregnante. Il tema di fondo è quello dell’amore un po’ idealista e cieco di una classica adolescente alquanto sprovveduta, ma il discorso resta caparbiamente centrato su questa semplice realtà senza che il racconto riesca ad assumere, in corso d’opera e man mano che le psicolgie cominciano ad affiorare, le proporzioni di un vero e proprio racconto di educazione sentimentale. La maggior parte del corto, da questo punto di vista, è tutta occupata dal lungo dialogo notturno tra le due donne protagoniste che si contendono l’uomo amato rivelando, proprio nel cuore pulsante dell’episodio, un’anima strettamente legata al lavoro d’attore e troppo poco a quello registico. Qua e là spunta qualche notazione originale (come l’uso del romanesco nei personaggi di contorno), ma il corto si lascia presto dimenticare.
Sorte analoga tocca anche all’episodio di Marcel Ophuls che, nel raccontare l’innamoramento tra due giovani di fianco alla culla del bambino che hanno appena avuto, ha, però, il merito di affondare con maggiore decisione nelle psicologie dei due giovani protagonisti. Con il suo stile più mosso e variegato che trascolora da momenti di commozione ad altri più intensamente ironici, il corto, non gravato da eccessive ambizioni, riesce ad essere sostanzialmente più leggero di quello italiano.
Più linguisticamente interessante è l’episodio di Shintaro Ishiara che, centrandosi sulla storia di un amour fou ben calata nella linea di una nouvelle vague rivissuta in senso propriamente giapponese, pone l’accento sulla difficoltà dei giovani di comunicare agli altri i propri stessi sentimenti e sul senso di lacerata solitudine che ne deriva. Il regista lavora con tutti gli strumenti a propria disposizione per disarticolare il suo racconto dal mondo contingente, si allontana da qualsiasi pretesa di realismo e punta il suo sguardo sulla soggettività sempre più malata del suo giovane protagonista. Dentro i suoi occhi ossessionati, la macchina da presa perde ogni coordinata spazio/temporale e si chiude su se stessa in un espressionismo disperato.
Di tutt’altra fatta il corto di Andrej Wajda che sfrutta l’occasione offertagli dalla produzione per continuare un discorso sulla storia recente della Polonia già cominciato in altre pellicole e destinato a sfociare in successivi grandi capolavori. Due sono i temi di fondo: l’assoluta egoicità quasi animalesca dell’atto amoroso (esemplari l’apertura nello zoo coi due giovani che si baciano tra i ruggiti delle tigri in cattività e quella del corteggiamento in casa coi due amanti che si studiano come due animali anch’essi in gabbia) e la difficoltà di relazione tra le generazioni. Wajda mette in scena due mondi divisi dalla guerra appena trascorsa. Non c’è una reale differenza d’età tra "vecchi" e "giovani" (tra i protagonisti la distanza è di appena una manciata di anni), ma c’è una diversità di esperienza. Nell’ottica del regista i giovani sono edonisti, ossessionati dalla ricerca del piacere e senza alcun valore reale (di qui il bisogno di cercare figure eroiche da cui attingere, ma anche l’incapacità, poi, di imparare da quelle stesse figure). Per converso i vecchi sono legati a doppio filo ad un passato doloroso e tragico che pesa come un retaggio ineludibile. Tra i due mondi sembra non esserci alcuna possibilità di contatto o di dialogo.
Dei cinque corti che compongono questo variegato affresco di amore giovanile quello più giustamente celebre resta comunque l’episodio parigino di Francois Truffaut che, nello spazio di una vera e propria novella cinematografica, avvera, ancora una volta, l’ideale di cinema autobiografico ed autoreferenziale dell’autore francese. Attraverso il suo alter ego cinematografico, il regista costruisce un episodio in miracoloso bilico tra oggettività quasi documentaristica e commossa compartecipazione, tra ironia pungente e poesia. Nel raccontare una classica storia di innamoramento, dai suoi inizi palpitanti alla sua fisiologica fine, Truffaut dà corpo ad un piccolo gioiello di profondità ed acume che è davvero destinato a lasciare un’impronta indelebile nella storia del cinema.

La qualità audio-video

Se è lodevole la volontà della Casa editrice (Bandiera Gialla della Cecchi Gori) di proporre un titolo così raro e difficile come questo, non da meno si deve rimarcare che il risultato finale è ben al di sotto delle più minime aspettative.
Tanto per cominciare una nota di demerito alla scelta del formato (non certo il 2.35:1 segnalato sulla fascietta) che taglia gli estremi dell’inquadratura violentando pesantemente non poche parti del film.
Come se non bastasse il lavoro di compressione è spesso inqualificabile. Il rapporto tra sfondo e primo piano è sovente incerto, con sfarfallii, quadrettature e quant’altro possa disturbare la visione. L’ottimo bianco e nero della pellicola originale pare deteriorarsi nel passaggio in dvd al punto che si ha quasi l’impressione che il tutto non sia altro che il riversamento di una VHS discretimente conservata.
Molto male si deve dire anche dell’audio che, dimenticandosi dell’esistenza di una traccia in lingua originale, punta tutto su due tracce italiane (mono e dolby digital 5.1) praticamente indistinguibili l’una dall’altra.

Extra

Se togliete di mezzo la fascetta tutta sbagliata, non restano che il trailer e una galleria di locandine. Ma il film è talmente raro ed importante che, in attesa di edizioni migliori, vale, comunque, l’acquisto.

[Novembre 2006]

L’amour a vingt ans

Regia: Francois Truffaut, Andrej Wajda, Renzo Rossellini, Shintaro Ishiara, Marcel Ophuls; interpreti: Jean-Pierre Leaud, Cristina Gaioni, Geronimo Meynier, Eleonora Rossi Drago, Nami Tamura, Koji Furuhata, Barbara Frey, Christian Doermer; distribuzione dvd: Bandiera Gialla

formato video: 16/9; audio: Italiano (Dolby Digital 2.0 e 5.1); sottotitoli: Italiano.

Extra: 1) Trailer 2) Locandine


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