DVD - L’ultimo inquisitore

Milos Forman ha un merito innegabile: quando volge il suo sguardo verso il passato, quando piega le sue corde registiche alle regole del film in costume riesce sempre, incredibilmente, ad infondere un’aura di verità ad ogni sua inquadratura.
Non la Verità con la maiuscola dei grandi sistemi di pensiero e degli interrogativi esistenziali sempre vivi in ogni epoca della nostra storia, ma la verità minuta delle piccole cose e dei paesaggi, degli oggetti e dei vestiti. Una dote, quella di cui stiamo parlando che era sommamente espressa in Amadeus (a tutt’ora una delle opere più convincenti e compatte del regista, specialmente se pensiamo alla più compiuta director’s cut), ma che ritorna esemplare anche in L’ultimo inquisitore (poco comprensibile titolo italiano che traduce a modo suo il molto più suggestivo Goya’s ghost dell’originale).
Il fatto è che quando vediamo una sedia in un film di Forman la nostra impressione è che quella sedia non sia un mero oggetto scenico, ma una sedia “vera” su cui sono andate (e andranno) a sedersi persone “vere” che esercitano su di essa un peso più che concreto. Se vediamo una tavola imbandita piena di ogni prelibatezza sentiamo che quelle pietanze non sono lì semplicemente per far scena (il velo di illusione che è la condanna di ogni film in costume per il quale ogni spettatore è obbligato a ricordare gli anni che intercorrono tra la storia raccontata dalla pellicola e il suo presente nella sala cinematografica), ma che hanno un sapore, una consistenza, un profumo.
Gli elementi che riempiono le inquadrature formaniane, pur nella loro natura finzionale di arredo o di costume per un film che viene ripreso nel presente, sembrano quasi voler rivendicare il loro “uso” nel passato. Avevano uno scopo, un senso, un valore che resta concreto nell’affabulazione del racconto. La loro “realtà” è, insomma, esterna alla sequenza che le ospita e la sedia, che era tale prima che le luci si accendessero sul set, sembra volerci dire, con la sua ingombrante presenza, che continuerà ad essere tale anche quando le luci si spegneranno.
Non sappiamo dire da cosa nasca esattamente questa magia formaniana, ma l’impressione che ne ricaviamo è quella di avere a che fare con un film girato totalmente in esterni, su locations vere. Un’impressione che continua anche quando il trucco un po’ più esibito o la smagliatura di un dettaglio ci rivelano che quella stanza che stavamo osservando era in realtà costruita in studio e che quegli stucchi alle pareti che parevano veri sono, in realtà, frutto del lavoro delle maestranze del film.
Non c’è patinatura, quindi, nelle opere in costume dell’autore. Viene evitato, insomma, il pericolo estremo dell’effetto quadro che tanto funesta le fiction televisive nostrane alla Elisa di Rivombrosa.
Strano dire questo per un film, come Goya’s ghost che, raccontando la storia di Spagna dal punto di vista di uno dei più grandi pittori della Storia dell’Arte (Goya, appunto) è tutto sostanziato da riferimenti pittorici concreti, da citazioni puntuali del grande maestro fino alle ovvie e necessarie riprese dei suoi capolavori. Eppure è proprio in questa frattura tra un’inquadratura alla costante ricerca di dettagli pittorici che riesce, però, a non essere banalmente pittorica risiede forse il più concreto motivo di interesse di una pellicola che, per il resto, ci pare (e ci fa male dirlo) ampiamente fallimentare.
Pur nella sua volontà di raccontare la posizione tragica dell’artista costretto a vivere da testimone nel suo tempo senza poter mai agire, senza riuscire mai ad essere nell’azione, il film risulta, infatti, fallato da una costruzione narrativa troppo vasta ed iperbolica (un difetto di esaperazione dell’impianto che ritroviamo, in fondo, anche se in maniera meno ingombrante anche nell’ultimo film di Coppola Un’altra giovinezza) che troppo fatalmente condensa un gioco di specchi e rimandi che si muovono tra due generazioni. Un arco narrativo eccessivo, buono più per un lungo romanzo che per un film di appena due ore e che risulta, per questo, poco credibile.
Forse il problema più grande è che mentre in Amadeus la Storia riusciva concretamente ad essere uno sfondo ben messo a fuoco sulle vicende di un individuo eccezionale e per sua natura estremamente interessante, in Goya’s ghost non si crea equilibrio tra il melodramma dei personaggi e il mondo in tumulto che li circonda. E il risultato è appesantito, oltretutto, da un cast fuori parte in cui i personaggi secondari e le comparse sembrano avere più concretezza psicologica dei protagonisti stessi.
Peccato perché le potenzialità del capolavoro c’erano davvero tutte.
La qualità audio-video
Colori corruschi e tinte fosche, neri omnipervasivi sono non solo il tratto distintivo di molti dei capolavori di Goya, ma anche gli elementi distintivi di molte inquadrature del film di Forman. Molte scene sono fondate su condizioni luministiche precarie, su colori terragni ai limiti di un buio che tutto sembra voler ingoiare (il buio dell’inquisizione, a pensarci). La pellicola, insomma, doveva rappresentare una vera e propria sfida per i tecnici chiamati a comprimerla sulla superficie di un piccolo disco digitale. A guardare il risultato ci pare di poter affermare che tale sfida è stata solo parzialmente vinta. Pur se non si evidenziano, infatti, durante la riproduzione pesanti segni della compressione, non di meno si ha l’impressione che parte della tavolozza formaniana sia stata sacrificata sull’altare della sintesi dei numeri binari. Ne risulta un quadro un po’ troppo piatto e una relativa carenza di sfumature nelle scene più scure.
Decisamente migliore la resa sonora del film che si avvale di una codifica 5.1 pulita e discretamente avvolgente.
Extra
I contenuti speciali sono la vera nota dolente del pacchetto dvd offerto dalla Medusa.
Al di là di poco interessanti interviste e di un troppo breve backstage c’è spazio solo per trailers e promo che lasciano decisamente il tempo che trovano. Forse un doppio disco con un buon documentario sull’arte goyesca sarebbe stato più gradito.
(Goya’s ghost); Regia: Milos Forman; interpreti: Javier Bardem, Natalie Portman, Stellan Skarsgard; distribuzione dvd: Medusa Home Enterteinment
formato video: 2.35:1 audio: Dolby Digital 5.1 (italiano e inglese) sottotitoli: italiano per non udenti
Extra: 1) Promo 2) Interviste Cast e Tecnici 3) Sul Set 4) Trailer 5) Trailer originale
