DVD - Notte e nebbia

Nella realtà collettiva del nostro presente i campi di concentramento si sono per sempre trasformati. Hanno perso la carica perturbante del loro essere esperienza e segno tangibile di un orrore passato e sono diventati, per assurdo, oggetti di consumo. Tragicamente hanno ceduto la loro funzione di monito silenzioso per le generazioni a venire ed hanno assunto la fredda piattezza del reperto archeologico. Distanti nel tempo, remoti e definitivamente intoccabili, essi si offrono allo sguardo come un paesaggio da cartolina di fronte al quale possono posare turisti per vecchie foto ricordo.
Anche quel brivido contratto che ci prende quando guardiamo i documenti o i documentari sui campi di concentramento, ha perso quel senso di stupore incredulo che si ha di fronte alle cose viste con sguardo nuovo, vergine. Dell’orrore dello sterminio crediamo ormai di sapere tutto. La storia ci è stata raccontata infinite volte con parole sempre uguali e con immagini che, nel loro impietoso bianco e nero che sa di muffa per il pubblico delle play stations, sono diventate, in superficie, parte di noi e della nostra memoria collettiva. Ammiccano impietose dai libri di testo delle scuole, invadono, a scadenza annuale, i palinsesti televisivi del nostro bel paese, proliferano e si moltiplicano confondendosi con quelle di altri e nuovi orrori. Le fotografie, le riprese dell’orrore sono diventate un nostro appuntamento fisso con la storia e con la memoria: un rituale autocelebrativo come le feste religiose, ma senza il loro glamour consumistico.
Non si addobba un forno crematorio con luci colorate e stelline filanti.
Così le immagini si ripetono e, ad ogni ripetizione, si logorano, si sfilacciano inesorabilmente, perdono il loro valore e il loro significato e diventano oggetto di contemplazione ammaestrata che si compie, ormai, con un senso di noia di cui non si può non provare vergogna.
Nel mondo contemporaneo, fatto di esaltazione dell’immagine e di consumo indifferenziato di visione, il Campo di Concentramento ha subito un’operazione di museificazione che pare quanto mai irreversibile.
E le nuove generazioni reagiscono alla loro realtà invadente con la stessa insofferenza con cui visitano, in gita scolastica, una qualsiasi pinacoteca.
All’orrore provato di fronte a quelle immagini la prima volta, si è sostituita l’abitudine all’orrore e un vago desiderio di inazione. I verbi ad Auschwitz e Bergen Belsen si coniugano tutti al passato, si proiettano indietro nel tempo verso un qualcosa che resta definitivamente lontano da noi. Anche le immagini che ripetono il loro orrore all’infinito e che, per statuto, dovrebbero essere sempre al presente, incredibilmente rimandano ad un altrove che non ci riguarda.
In questo senso la Giornata della Memoria si sta trasformando inesorabilmente in una sorta di immenso fallimento etico.
Non possiamo non ricordare, ma il farlo non sembra portarci davvero da qualche parte. Sappiamo che l’unico modo per dare evidenza all’orrore (specie per le nuove generazioni) è quello di mostrarlo, ma più mettiamo l’orrore in immagine, più esso si trasforma in visione perdendo ogni contatto col contingente. Neanche la soluzione di ridare parola al passato pare attuabile perché, per le nuove generazioni, tutto ciò che non è immagine resta fuori della portata dell’esperienza e quindi non esiste o non è mai esistito.
Quando Alain Resnais entrò per la prima volta con la sua macchina da presa all’interno di un campo di concentramento, notò, al culmine dell’orrore come l’erba avesse preso a ricrescere tra le baracche e nello spazio tra i mattoni dei forni. La vita riprendeva possesso dello spazio. Il passato restava indietro a bruciare la mente con il rimorso.
Quell’erba siamo noi. Continuiamo a vivere malgrado tutto, ci infiliamo negli interstizi del passato e lo riempiamo di verde forzando la scorza del ricordo.
Quarant’anni fa Resnais guardando il suo più recente passato osservava l’oggi con incredibile premonizione. Non c’è un’immagine, in tutto Nuit e bruillard che non sia, incredibilmente, profezia e memoria.
Il film del maestro francese, nei suoi appena trenta minuti di durata, ci parla dell’oggi più di quanto non faccia del passato. È radicata nel momento, vive d’un eterno presente della sua lirica contemplazione che invita all’azione.
Probabilmente Nuit e bruillard è (e sembra brutto dirlo) il più bel documentario sui campi di concentramento mai realizzato. In esso l’urgenza etica si traduce in una resa estetica di altissimo livello. Ad essere spettacolarizzato non è, come spesso avviene in opere analoghe, il dolore e l’orrore, ma il bisogno irrinunciabile di dire. Col suo amaro umorismo, Resnais già ci parla di campi di concentramento trasformati in musei. E quando ancora molte immagini dei campi, restavano non viste, già raccontava dell’usura della visione, dell’indifferenza di chi si limita a guardare e della certezza, per il futuro, di nuovi orrori e nuovi campi.
Non una ruga sembra solcare il volto di Nuit e bruillard. Ancora oggi il film conserva la sua forza straordinaria, la potenza di un canto spiegato sull’abominio di cui è capace di macchiarsi l’uomo. Con quella magnificenza propria solo dei grandi capolavori.
La qualità audio-video
Difficile valutare la qualità del lavoro di compressione per un film, come questo, ormai molto datato e composto anche da molte immagini di repertorio. In linea di massima, possiamo dire che il risultato finale resta, in linea di principio, al di sopra delle migliori aspettative. Il quadro è sempre nitido e se qualche volta la visione appare disturbata la cosa dipende dalle condizioni molto scarse di alcune immagini di repertorio utilizzate e non certo da scarsa cura nella compressione.
Anche l’audio (un filologico mono sia per l’edizione italiana che per l’originale francese che resta, comunque, consigliato) si mantiene molto nitido e pulito.
Extra
Un plauso va alla Ripley Home video per la sua scelta di dedicare un disco intero al solo Nuit e bruillard. Generalmente, infatti, sono i cortometraggi ad essere usati come extra per altri film.
Comunque sia il breve capolavoro del regista francese è più che felicemente accompagnato da un interessantissimo estratto da un programma radiofonico realizzato in occasione del quarantennale del film con interventi di Alain Resnais, Frederic de Towarnicki, Anatola Dauman ed Henry Colpi.
Altro extra di grande rilievo è la colonna sonora di Hanns Eisler che resta opera di rara bellezza.
(Nuit e bruillard); Regia: Alain Resnais; distribuzione DVD: Ripley Home Video
formato video: 1.33:1 (4/3); audio: italiano e francese mono; sottotitoli: italiano e italiano per non udenti
Extra: 1) Estratto del programma radiofonico realizzato in occasione del quarantennale del film 2) Colonna sonora di Hanns Eisler
