DVD - Orson Welles: Lo straniero

Probabilmente non vedremo mai Lo straniero così come Welles l’aveva voluto, immaginato e girato.
Di quello che doveva essere l’inizio del film (e parliamo di quasi un’ora di girato che a detta dei testimoni pare fosse la cosa migliore dell’opera) si è, infatti, persa ogni traccia dopo che il produttore ha deciso di espungerla dal testo definitivo.
Quella che abbiamo davanti è, quindi, come nel caso di tutti i titoli del regista dopo Citizen Kane, una mera producer’s cut che tende ad esemplificare, per divulgarle al pubblico medio americano, le complesse costruzioni autoriali di quello che resta uno dei più grandi registi di sempre.
Un’edizione, insomma, molto fraintesa ed incompresa che fu, tra l’altro, molto odiata anche dallo stesso Welles e non solo, temiamo, per i tagli ad essa inferti, ma per una relativa debolezza proprio sul piano della resa drammaturgica troppo squilibrata tra l’esigenza di un forte afflato melodrammatico (nella visione della giovane sposa costretta a scendere a patti col fatto di aver donato il proprio cuore ad un criminale nazista) e il bisogno di un preciso impianto didascalico e quasi didattico (il film è anche un tentativo di ricordare gli orrori della Guerra appena conclusa escorcizzando la paura di un’intrusione di elementi nazisti nel tessuto sociale americano).
E’ probabile, col senno di poi e per amore di mere supposizioni non confortate da autentici dati di fatto, che proprio la prima parte poi espunta dal film, che raccontava dei nazisti riparati in America Latina, riuscisse, col suo maggiore slancio spettacolare, ad equilibrare queste due anime del film.
Checché ne dica il regista e con lui i non pochi detrattori che al tempo videro in questo film il segno di una megalomania eccessiva ed intollerabile nel sistema hollywoodiano post bellico, Lo straniero non è, comunque, né quel brutto film da molti indicato, né quell’opera girata con la mano sinistra e con poco interesse che sembra emergere dalle parole con le quali l’autore ha chiosato la sua fatica.
Oltre agli ovvi elementi tecnici che recano impressa la firma del loro autore (come la ricerca di una fotografia contrastata memore dei fantasmi dell’espressionismo tedesco, l’impiego in senso espressivo della profondità di campo colla conseguente parsimonia di primi piani e l’impiego di dolly quasi virtuosistici) non manca un tentativo sincero di nobilitare l’impianto didascalico con una problematizzazione psicologica non secondaria.
Quella che abbiamo di fronte quindi, è solo apparentemente la rappresentazione di uno scontro manicheo tra le forze del bene (rappresentate dal cacciatore di nazisti Wilson: un superbo Edward G. Robinson) e quelle del male incarnate dallo stesso autore. Ma in realtà, a ben guardare, sono molti gli elementi che complicano le troppo facili conclusioni e che impediscono di dividere la scacchiera del film (la stessa dell’emporio sulla quale giocano tutti i personaggi) in bianchi e neri assoluti.
Se, in effetti, è un po’ risaputo il modo con cui il regista gioca nella caratterizzazione del cattivo (l’ossessione per la precisione e gli orologi) non da meno è se non altro inquietante nel tratteggiare un buono disposto con incredibile leggerezza a giocare con le vite degli altri fino a metterle seriamente in pericolo pur di arrivare a catturare il "suo" criminale.
Lo stesso confronto finale, sulla torre dell’orologio si ammanta di un’ambiguidà feconda nel momento in cui è la moglie a sparare ad un marito che in parte fugge e in parte sembra offrirsi alla sua stessa morte fino a che non è metaforicamente trafitto dalla spada dell’angelo.
Lo stesso campanile, segno distintivo della sanità della realtà media americana da contrapporsi agli orrori del nazismo, assolve, nell’economia dell’opera, una funzione simbolica tutt’altro che facile. Esso, infatti, è fermo all’inizio del film (quasi a rendere la difficoltà di una ripresa dopo la fine di una guerra tanto lontana eppure tanto vicina) ed è proprio l’intervento del nazista, del male, dell’estraneo a ridargli un moto ed un senso precisi irreggimentando il tempo in una serie schematica di quarti d’ora che ha tanto anche il sapore dei campi di concentramento. Quasi a sottolineare una fascinazione persistente della realtà americana nei confronti delle teorie naziste (non è un caso che Kindler assuma nella nuova realtà sociale americana il ruolo del professore, di colui che insegna alle nuove generazioni). Eppure è la stessa società, attraverso il campanile impazzito, a decretare la messa a morte del corpo estraneo con un atto però mai davvero volontaristico (la città, in effetti, non capisce mai davvero e fino in fondo la portata di quanto sta accadendo).
Sembra essere il Tempo, alla fine, a trionfare sul destino degli uomini, ma resta anche il dubbio che non sia lo stesso Kindler a suicidarsi col suo stesso orologio.
Ed è anche per queste considerazioni che Lo straniero mantiene salda una sua posizione all’interno dei classici irrinunciabili della storia del cinema.
La qualità audio-video
Sulla base di un necessario formato 1.33:1 (4/3), la Ermitage ci ha regalato un’edizione abbastanza ricca e curata dell’opera di Welles.
Dal punto di vista della compressione è da dire che non si ravvisano quasi mai segni di artifici digitali sul quadro e la riproduzione procede piana e tranquilla senza che qualcosa possa infastidirci più di tanto.
Certo il film è molto vecchio e qua e là il bianco e nero finisce per apparire un po’ troppo slavato o sgranato, ma per il resto la visione si mantiene nitida e pulita per tutta la durata del film.
L’audio presenta essenzialmente due tracce: una mono per l’audio originale (da preferire anche se senza sottotitoli) ed un’altra per l’audio italiano che, come sempre in film così vecchi, appare troppo protesa verso toni acuti (specie nella restituzione delle musiche) con conseguente impoverimento dei bassi che, mai come in questo caso, sono elemento fondamentale alla restituzione dell’atmosfera inquietante della pellicola
Extra
Moltissimi e tutti piuttosto interessanti.
Tanto per cominciare non mancano moltissime schede (alcune scritte, altre filmate) tutte piuttosto interessanti.
L’intrigante titolo F for fake nasconde, in realtà, niente più che una piccola galleria fotografica che documenta l’incredibile trasformismo di Welles attore.
Più interessanti i tre brevi inserti su "Cinema e nazismo", "The Stranger e la politica" e "The Sranger in noir" che rappresentano alcuni focus molto interessanti su alcuni snodi necessari per meglio comprendere la portata del film nel contesto della cultura americana ad esso contemporanea.
La parte del leone la fanno, comunque, le interviste a Franco La Polla e ad Alberto De Bernardi, l’introduzione che Orson Welles ha fatto, cinque giorni prima di morire, per un episodio della serie Moonlighting che era stato pensato come un palese omaggio (in bianco e nero e mono) alla sua opera e, infine, il finale tagliato dall’edizione finale del film (pochi secondi, in effetti, che attutiscono il simbolismo melodrammatico dell’inquadratura sulle lancette impazzite dell’orologio riportando il film nel piano mondo della provincia americana descritta sempre con una certa ironia da parte dell’autore).
[Dicembre 2006]
(The Stranger); Regia: Orson Welles; interpreti: Orson Welles, Edward G. Robinson, Loretta Young, Philip Merivale; distribuzione DVD: Ermitage
formato video: 1.33:1 (4/3); audio: Mono 2.0 (Italiano e Inglese); sottotitoli: Assenti.
Extra: 1) Il finale originale 2) Commento critico di Franco La Polla 3) Commento dello storico Alberto De Bernardi 4) Il trailer 5) Schede scritte o filmate su film, attori e curiosità 6) Welles in TV: Presentazione ad un episodio di "Moonlighting" 7) Le incompiute di Welles 8) F for fake 9) Uno sconosciuto in casa 10) The Strager e...
