DVD - Scherzi del Cuore

“Parlare d’amore è come ballare d’architettura”. Con quest’aforisma, contenuto nel brillante monologo d’apertura affidato alla ciarliera Joan (un’allora sconosciuta Angelina Jolie), veniamo letteralmente catapultati nel brulicante universo notturno losangelino. L.A. si riveste per l’occasione di un’oscurità inusuale per quella che il nostro immaginario cinefilo è stato abituato a considerare da sempre come la “città delle luci”. La scombinata fauna della metropoli californiana viene indagata preferibilmente proprio nelle segrete ore notturne – con la vistosa eccezione della chiusa del film – per far emergere quel raro momento in cui gli impeccabili professionisti del giorno tolgono finalmente la maschera di rispettabilità indossata faticosamente per tante ore, svelando il loro reale sembiante. Certo, non siamo al cospetto di un documentario, quanto nell’antitetico reame dell’artefatto più proprio alla commedia sofisticata. Il rendez-vous tra i personaggi, e tra loro e noi, vuol propriamente “smascherare” il paradosso per cui molto spesso avviene che, smessi momentaneamente quei travestimenti di cui si diceva, ne vengano indossati degli altri, forse anche un filino più subdoli, e non si pervenga in tal modo ad uscire dal circolo vizioso e rassicurante della menzogna. Le cause recondite per questi atteggiamenti infantili sono evidentemente le più disparate: tuttavia è esattamente in quest’analisi di taglio schiettamente sociologico che risiede uno dei motivi di maggior interesse del film.
Si sa bene come davanti ad un uditorio allargato ci si comporti come su un immaginario proscenio e si offra un ritratto di sé che è ancora, una volta di più, dissimile dalla nostra reale essenza. Ed è risaputo pure come in famiglia ciascuno venga etichettato secondo un ruolo preciso, al quale più o meno volentieri finisce poi con l’aderire: non c’è bisogno di arrivare a scomodare Freud o Pirandello per spiegare tali comportamenti tanto connaturati all’animo umano. Ed è forse per questo che qui si preferisce edificare le scene quasi sempre su incontri a due, dei tête à tête di carattere amoroso in cui la fanno da padrona tutte le asperità e spigolosità caratteriali che molti si portano dietro per proteggersi, o anche solo per darsi un tono di superiorità di fronte ad uno sconosciuto. Anche qui, però, l’acuto botta e risposta di deriva “sit-com”, rende le atmosfere delle scene ovattate e poco realistiche, pur se ovviamente, gradevolmente sofisticate.
Personaggi appena schizzati eppure convincenti, dialoghi essenziali e briosi, un magnifico cast a propria disposizione, con gli amabili Connery e Rowlands a guidare un nutrito gruppo di stelle di prima e seconda grandezza, ciascuna perfettamente a proprio agio nel vestire i panni leggeri del commediante. Esiti non particolarmente originali, insomma, ma una spanna superiori a molti tentativi consimili di commedia corale condotti durante il decennio appena trascorso. Ricorrono alcuni leit-motiv all’interno della commedia a più voci d’ispirazione altmaniana: il teatro e la recitazione (che esalta una volta di più la centralità tematica della finzione) o la malattia incurabile, che all’opposto rende insopportabile il ricorso all’inganno e salubre come una rinfrancante boccata d’ossigeno ogni esternazione genuina. William Carroll, regista e sceneggiatore vuol comunicarci in definitiva l’idea che “la società non è altro che un ballo in maschera”, ma che poi la vita sa costringerci in situazioni in cui mentire diventa una scelta priva di senso e che, da tale prospettiva, molte preoccupazioni futili vengono ridimensionate da un approccio alle cose quotidiane non più gravato da quella che può essere l’opinione altrui.
Coadiuvato da un cast, soprattutto femminile, in gran spolvero (su tutte le superlative matriarche Rowlands e Burstyn, anche se menzioni speciali spettano all’impacciata Gillian Anderson e ad una Jolie non ancora corrosa dai riflettori) Carroll tenta di sfatare il mito d’apertura. Peccato però che l’autore, tanto abile inizialmente nel costruire microstorie e situazioni convincenti, fallisca proprio per un eccesso di sbrigatività nell’incollarci sopra altrettante chiuse caramellose. Forse, dato il tono amarognolo del film, si sarebbe potuto osare di più, apponendo una firma di originalità attraverso un finale non lieto a 360°: non avrebbe affatto stonato, riteniamo, un affondo di classe.
La qualità audio-video
Per i più esigenti, lascia qui parecchio a desiderare il limitato ventaglio d’offerta dispiegato: solo tre tracce audio possibili, scelta obbligata per quanto riguarda la possibilità o meno di visionare il film nella sua versione originale accompagnato dai soli sottotitoli in italiano per non udenti.
Extra
Discorso inverso, invece, per quanto attiene il parco extra: più nutrito del solito, viene contemplata la presenza di un funzionale backstage, una carrellata di interviste, un videoclip, il trailer cinematografico e un dettagliato profilo della troupe artistica e tecnica che ha preso parte alla lavorazione del film. Non male davvero.
(Playing by Heart); Regia: William Caroll; distribuzione dvd: Medusa;
formato video: 2,35:1; audio: italiano 5.1, italiano 5.1 con sottotitoli italiano non udenti, inglese 2.0 con sottotitoli italiano non udenti; sottotitoli: italiano per non udenti.
Extra: 1) Backstage 2) Interviste 3) Video Musicale 4) Trailer 5) Cast Artistico 6) Cast Tecnico 7) Credits
