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DVD - Tod Browning: La bestia nera

Pubblicato il 9 aprile 2007 da Alessandro Izzi


DVD - Tod Browning: La bestia nera

A tutti coloro che conoscono Tod Browning solo come regista di horror di culto (due titoli su tutti: Dracula e Freaks) un melodramma metropolitano come La bestia nera potrà sembrare nella migliore delle ipotesi una curiosa anomalia.
In realtà, a ben spulciare i registri, ci si accorge presto di come il catalogo del regista americano sia pieno oltre misura di titoli tra loro molto eterogenei; la maggior parte dei quali, purtroppo, persi, forse, per sempre.
Superato il primo impatto con quella che resta una sostanziale operazione di genere condotta con mano estremamente sapiente, non ci vuole molto ad accorgersi, comunque, di come La bestia nera mantenga coi titoli maggiori dell’opera del regista, una sostanziale continuità non solo stilistica, ma anche e soprattutto contenutistica.
Il film è sin dalle prime scene letteralmente ossessionato da una logica speculare che fa riflettere l’uno nell’altro due mondi reciprocamente impermeabili secondo un modello che tanto ricorda la contrapposizione tra Mondo del Circo e Mondo Normale di Freaks e quella tra Mondo dei Vivi e Mondo dei Non Morti di Dracula. Al centro dell’intreccio ci sono, infatti, due coppie di amanti che vengono presentate allo spettatore nel momento già topico della dissoluzione del rapporto, quando, in altre parole, la loro storia è già destinata alla sua conclusione naturale. In alto, nella sfera del Mondo borghese aristocratico Kent e Adele si lasciano nel momento in cui l’uomo, che ha perso ogni suo avere, si rende conto di non poter più provvedere ad una donna che non l’ha mai, del resto, amato veramente. In basso, nei sobborghi del sottoproletariato Mary e Stoop costituiscono una coppia più aperta, meno soggetta agli obblighi del fidanzamento, ma i cui componenti sono, alla fine più che altro costretti, per reciproche esigenze, a stare e ‘lavorare’ insieme.
In entrambi i casi, quindi, le coppie sono cementate non certo dall’affetto reciproco, ma dal ‘bisogno’, dalla necessità sociale di costituirsi nucleo contro le avversità di un mondo che non ammette solitudini. La logica mondana, come successivamente in Freaks, è, però, perversa ed insincera e, man mano che si sale la scala sociale, l’ipocrisia diventa sempre più la molla che muove il balletto delle convenzioni. Lo dimostrerebbe abbondantemente la logica speculare con la quale vengono disegnati i personaggi femminili. Mary viene sorpresa dalla mdp mentre ruba, con consumata maestria, un bottone dalla divisa di un poliziotto, ma malgrado il suo atto illecito, la ragazza mantiene una sua purezza archetipica anche troppo sottolineata da scenario e regia. Per contro Adele, in un montaggio parallelo di una certa efficacia, ci viene presentata come colei che restituisce un anello, un gioiello al suo legittimo proprietario. E ci vuole qualche secondo perché ci si accorga che l’anello era un anello di fidanzamento e che chi lo riceve è un amante abbandonato.
Nelle logica di Tod Browning nessuno dei due mondi messi in scena può dirsi davvero positivo o portatore di valori progressisti. Nella realtà cittadina, qualsiasi sia la posizione sociale delle persone, ognuno risulta, all’appello, colpevole di un suo crimine personale. E non è un caso che ad incarnare l’aspetto ottimistico siano due persone che si liberano dal loro ruolo sociale: l’uomo perché ha perso tutto, la donna perché per amore di Kent, conosciuto per caso dopo aver rubato la collana di perle della di lui ex fidanzata, tenta la strada del riscatto attraverso il lavoro e la vita onesta. Ma qualsiasi forma di riscatto è possibile solo fuori dell’ambiente cittadino, come starebbe a dimostrare abbondantemente la scena finale in cui la coppia felice, dopo i problemi della città, si trasferisce in aperta campagna (lo stesso Browning del resto aveva abbandonato la città per seguire una donna conosciuta in un circo).
Tutta la vicenda si svolge tra due figure retoriche eminentemente cinematografiche. La prima, all’inizio, è una semplice dissolvenza incrociata: dalla rosa abbandonata nello scolo di una fogna alla figura intera di Mary che si appropria così, per traslazione, di tutti i valori del fiore (freschezza, genuinità, bontà e candore). La seconda è una scelta operata sul colore che passa, nella scena finale, dalle dominanti mattone dell’ambiente cittadino al rosso della passione (o dei petali di una rosa) della fattoria di campagna. In queste due parentesi si esplicano valori di saggezza popolare: ‘Una rosa resta sempre una rosa’ afferma la didascalia del narratore onnisciente all’inizio del film, ma anche ‘Non si gettano perle ai porci’ come ribadisce Kent nel finale riferendosi alla collana di perle che, passando di mano in mano, aveva dato il via al grosso dell’intreccio.

La qualità audio-video

La pellicola, datata 1919, mostra chiaramente tutti i segni della sua veneranda età. Qua e là mancano intere inquadrature e la velocità eccessiva con cui, nel film, si risolvono alcuni snodi fondamentali dell’intreccio (lasciando aperti non pochi interrogativi sulla coerenza dello sviluppo) lascia pensare che manchino addirittura intere sequenze.
Ma queste sono le condizioni precarie con cui ci sono pervenuti non pochi capolavori del passato. E non hanno niente a che vedere con un lavoro di riversamento abbastanza curato.
L’audio è rigorosamente monofonico.

Extra

Le schede su autore e attore principale (Lon Chaney) sono virtualmente le stesse che avevano letto in altri titoli della collana. Peccato.

Sito Ermitage


(The wicked darling) Regia: Tod Browning; interpreti: Lon Chaney, Priscilla Dean, Gertrude Astor, Wellington Playter; distribuzione DVD: Ermitage
formato video: 4:3; audio: mono; didascalie: italiano

Extra: 1) Biografia, filmografia e curiosità su Tod Browning 2) Sinossi, note e curiosità sul film 3) Biografia, filmografia e curiosità su Lon Chaney.


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