DVD - Tracks: Una storia di rabbia e di redenzione

Un episodio di bullismo come tanti: un gruppo di ragazzi e la loro noia senza un perché, l’approdo quasi casuale tra i binari di una stazione ferroviaria apparentemente abbandonata e l’arrivo inaspettato di un treno.
Sono questi gli ingredienti per una sfida vecchia come il cinema: i partecipanti si piazzano lungo i binari e guardano verso il treno che sopraggiunge sempre più veloce. Vince chi resta più a lungo immobile a fissare il pericolo avanzante.
La bravata, però, questa volta ha un finale tragico. Il macchinista, per evitare l’investimento dei ragazzi, fa deragliare il treno e muore: unica vittima di un disastro forgiato nel solo desiderio di ingannare il tempo con una scossa di adrenalina.
Il ragazzo che era rimasto in piedi sino alla fine può così ritirare il suo premio: viene arrestato, citato in giudizio all’interno di un processo farsa e mandato in prigione.
Fatto è (e qui riposa la dimensione polemica del film) che il ragazzo ha appena quattordici anni. Il suo luogo di pena dovrebbe essere un riformatorio dove tentare il recupero della sua gioventù bruciata dalla placidità stagnante della provincia americana e non quel vero e proprio penitenziario nel quale, invece, è mandato con una leggerezza che fa scandalo.
In prigione il ragazzo può scrivere sulla sua pelle i titoli dei capitoli del più classico dei film carcerari: stuprato da un secondino, fatto oggetto di scherno dagli altri internati, allontanato dalla madre e dalla famiglia quando è poco più che un bambino, il giovane protagonista numera tutte le tappe del suo personale bildungsroman.
L’ambiente e l’età sono però freni potenti del processo di metabolizzazione dell’evento. Il protagonista non riesce ad assumersi la responsabilità per la morte del macchinista del treno e, per tutto il tempo, si sente vittima di un meccanismo che lo esclude dal mondo senza tener conto del fatto che l’incidente che pure ha provocato è stato, però, assolutamente involontario.
La risposta alla situazione è nella rabbia. Una rabbia che rende sempre più difficile un percorso di redenzione e di crescita interiore.
Ha vocazioni quasi dostoevskiane questa storia che tra l’altro è ispirata alla vita dello stesso regista e non nasconde la sua dimensione autobiografica. Come in Delitto e castigo ad essere messa in scena è, infatti, l’assunzione di responsabilità di una morte atroce. Mentre nel grande romanzo russo, però, il delitto era originato da precise motivazioni filosofiche (il delirio di onnipotenza di Raskol’nikov eroe nietzschiano per antonomasia), nel film in questione la morte è accidentale e il ragazzo rifiuta ogni responsabilità o colpa non perché si sente, come il personaggio romanzesco, al di sopra della morale, ma perché troppo “bambino” e quindi ancora al di fuori delle regole del consesso sociale.
Il film ha sicuramente dei motivi di interesse. Intanto colpisce la sua capacità di attestarsi su un livello narrativo di assoluta medietà. La pellicola, da questo punto di vista, evita accuratamente sia di scivolare nella dimensione a forti tinte del melodramma sia di cadere nelle dinamiche del racconto esemplificativo di stampo brechtiano. Il punto di vista del regista riesce, anzi, ad essere quasi sempre partecipe e distaccato ad un tempo.
Il racconto avanza nella sommatoria di quadri isolati la cui successione determina comunque, un senso di progressione che restituisce la crescita di consapevolezza del giovane protagonista. Il film, abbastanza ben interpretato, si avvale poi di una colonna sonora di Ice-T (candidata al Grammy award e al MTV music award) che sicuramente piacerà ai più giovani.
Il suo difetto sta tutto nella dimensione troppo televisiva del tutto. Diviso in atti molto limpidamente disegnati con tanto di pause in nero pronte ad accogliere le interruzioni pubblicitarie, Tracks sembra incapace di portare fino alle sue estreme conseguenze il proprio stesso progetto di visione. La violenza dentro la prigione, i flash-back che ci restituiscono l’orrore del protagonista che ricorda le attenzioni pedofile che lo stesso padre gli riservava quando era ancora bambino, l’orrore dello stupro sono più allusi che fatti oggetto di sguardo. E questa propensione al fuori campo che da un certo punto in poi si fa preponderante se da una parte può aumentare la carica inquietante della vita in prigione, dall’altro impedisce alla pellicola di assumere quella dimensione polemica che pure era nelle intenzioni del regista.
Probabilmente l’autore, nella paura di diventare troppo autobiografico e, quindi, troppo compiaciuto nel suo modo di porgere il racconto al pubblico, preferisce mantenere una posizione più distaccata. Ma questo distacco, certo comprensibile dal punto di vista umano, fa sì che vengano tarpate le ali ad ogni vocazione visionaria. E questo è un difetto non da poco per qualsiasi film.
La qualità audio-video
Sicuramente è piuttosto buono il riversamento di questo film. Il quadro si avvale del formato 1.85:1 16/9 che è adatto per ogni tipo di televisore e che rispetta il formato originale della pellicola. I colori sono sempre piuttosto nitidi e brillanti, ancorché freddi (ma per una precisa scelta di regia) e il rapporto tra sfondi e figure in primo piano è sempre equilibrato.
Altrettanto buono, ma non tale da far gridare al miracolo, è il riversamento dell’audio che si avvale di una codifica 2.0 sia per l’italiano che per l’originale inglese. Entrambe le tracce sono pulite, nitide e ben spazializzate. Si consiglia l’ascolto del film in lingua originale per poter meglio apprezzare le performance degli attori.
Extra
Come purtroppo spesso avviene per i film della Mondo Home Enterteinment non ci sono extra ad arricchire la proposta editoriale.
(Tracks); Regia: Peter Wade; interpreti: Ice-T, John Heard, Chris Gun; distribuzione DVD: Mondo Home Enterteinment
formato video: 1.85:1; audio: Italiano e Inglese dolby digital 2.0; sottotitoli: Italiano per non udenti
Extra: 1) Trailers vari
